QUATTRO PICCOLI ......ANZIANI

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Di Luigi Lucaioli e Stefania Bocchetta

<<A commissa'! Ce vòle che fate quarche cosa. Ppe' tutta la borgata, girano un po' de teppistelli. Ce vengheno a sona' li campanelli, e ce...>>

<<Calma, signora, si sieda e mi esponga i fatti>>.
<<Presto detto: è già un mesetto che quarche malandrino, ce rompe l'anima, tutte le sere, ce sonano li campanelli, ce metteno la colla sui pulsanti, e si trovano aperto er portone, ce staccheno li contatori. Nun se campa più>>
<<D'accordo! Aumenteremo la ronda degli agenti di quartiere. Sono quelle cose che anche noi, da ragazzini, abbiamo fatto>>.
Ore 8,30 del mattino.Il sor Gigetto, sta leggendo la cronaca cittadina: "Una baby gang imperversa nel quartiere". Sorride sotto i baffi, con aria sorniona.
<<A Gigge', te fa' ride legge ste cose? T'aricordi quanno le facevi tu?>>
Mario era l'infermiere della casa di riposo, aveva preso in simpatia, quel "nonnetto" sempre allegro. Gli piaceva prenderlo bonariamente in giro:<<pure se ormai, ppe' certe "cose", vivi solo de rimembranze, pari sempre un regazzino!>>
"Quanto ce sei ito vicino" pensò il sor Gigetto.

Altri tre mesi durarono le scorribande, dei "ragazzini". Una mattina Mario, non vedendo il sor Gigetto leggere il giornale, pensò "Se sarà inteso male?" ma con stupore, si accorse che non era in camera sua. Non fece neanche in tempo a scendere le scale.

<<Qui è il commissariato di.......abbiamo trovato un vostro ospite, disteso in un portone>>. Mario si precipitò per vedere se fosse proprio Gigetto, ed era proprio lui. Aveva stampato sulla faccia, il suo solito sorriso sornione. Nel riportare la notizia,al pensionato, notò che tre anziani si erano messi in disparte.

<<Beh? Che ve piagnete? E' morto sì, ma cor soriso su le labbra, nun ha sofferto gnente.>> Con grande meraviglia, si sentì rispondere <<ma lui era il nostro condottiero della notte. Adesso senza lui, ce tocca d'anna' a letto presto>>.
I tre vecchietti andarono al funerale col personale dell'ospizio che accompagnava altri ospiti sulla sedia a rotelle. Er sor Gigetto non aveva mai avuto famiglia sua ed era figlio unico...sicché la sua parentela stretta erano i suoi amici dell'ospizio. Michele, il più giovane dei tre consegnò dopo la funzione religiosa, una busta bianca bella gonfia al tipo delle pompe funebri, chiedendogli di porla tra le mani del morto. Gli precisò che la busta conteneva solo bigliettini da parte degli ospiti del pensionato... un modo loro per dirgli addio.
Se ne tornarono tutti all'ospizio e passarono alcuni giorni, tristi, grigi e spenti. Certo si giocava a carte il pomeriggio e c'era qualche poliziesco da guardare alla tele dopo la cena, ma tutti sentivano la mancanza del sor Gigetto, particolarmente i tre vecchietti che spartivano lo stesso tavolo per il pranzo.
Michele, aveva 72 anni, aveva sempre vissuto a Rho lavorando nel podere di famiglia coi suoi fratelli e rispettive prole e cognate. Aveva conosciuto una vedova di Viterbo alla sua prima chat su internet e, a sorpresa di tutti, aveva lasciato la sua campagna natia, i suoi 5 fratelli, per andare a farsi una vita tutta sua... a Roma. Troppo abituato alla sua libertà, non riusciva a rimanere fedele alla signora Maria ormai cornuta come un cervo... E lui, a forza di volare di fiore in fiore.... Ormai sempre più rinsecchiti.. era rimasto solo, in un appartamento della periferia romana. E dopo un lieve ictus cerebrale, si era ritrovato in ospizio...suo malgrado
Jacopo, 81 anni fiorentino, testardo e schietto come un pisano, era culo e camicia col sor Gigetto fin dal giorno del suo arrivo. A tutte e due piacevano le donne, se Gigetto non s'era mai sposato, Jacopo aveva avuto 3 mogli che l'avevano rovinato..in quanto alle amanti, se le sceglieva a seconda del giro seno. I due sembrava avessero sempre qualche segreto da spartire, parlavano appartati e sottovoce, poi di colpo sfottevano le infermiere e il personale ridendo, gesticolando come adolescenti. Per tutti erano : Cicci e Cocò!
E il terzo, Antonio, timido e riservato, balbettava leggermente quando si sentiva agitato. Aveva lavorato tutta la vita in una Biblioteca Universitaria. Appassionato di libri ne divorava uno a notte. Ma dopo averli letti era incapace di raccontare la trama... affetto da afasia, diceva una parola per un'altra... creando storie surrealiste che facevano sgranare gli occhi alla Signora Rosa, la centenaria dell'istituto, professoressa di italiano, ormai non vedente che poverina, ascoltava pazientemente, ma non ci capiva mai nulla, «la prese fra le braccia» diventava «la chiuse nella finestra», «pioveva e aprirono l'ombrello» si traduceva con «aprirono i rami dell'albero». I racconti romantici, diventavano fantascienza, soprattutto se dopo essere stati raccontati dal nostro Antonio, erano poi ripetuti dalla Signora Rosa alla sua compagna di camera, ormai sorda come una campana.
Qualche giorno dopo il funerale, avendo ricevuto un attestato sul fatto che el Sor Gigetto non avesse eredi, Mario, ed altri addetti all'arduo compito, conservarono, buttarono o distribuirono le poche cose della camera del Sor Gigetto.
Mario trovò un album fotografico in una grande scatola di cartone, c'era scritto: «Se muio, questo lo date a Jacopo e se nnu lo fate, da lassù ve smonto e do foco alle istruzioni» Ordine perentorio che non lasciava spazio ad alcuna esitazione.
L'album annodato con un cordoncino fu consegnato a Jacopo che lo prese fra le mani con sacralità, come fosse una reliquia e se né andò zitto zitto in camera sua.
Il giorno dopo riunì Antonio e Michele...nel cortiletto dietro all'ospizio. Non era la prima volta che si riunivano sotto all'olmo, ma fino ad allora c'era sempre stato anche il Sor Gigetto...
Jacopo gesticolò un rituale strano con le mani e gli altri lo imitarono fedelmente... poi disse, guardandosi attorno guardingo e con aria complice :
«Nell album che mi s'e dato ieri c'era una lettera del Gigi..... Ci dice che la nostra missione é di continuare... Che non ci dobbiamo arrendere mai» alzò il pugno per concludere «Hasta la Victoria Siempre!» «HASTA LA VITTORIA SEMPRE risposero gli altri due in coro ».
« Ha scritto pure che dobbiamo prendere la Lina con noi che glielo aveva promesso» Jacopo si guardò di nuovo intorno e aggiunse sottovoce parlando ad Antonio «pensaci te alla Lina, che sennò fra me e Michele le facciamo le feste. Tu però non t'arrapare eh ?!, mi raccomando... Stasera tutti appuntamento al pozzo a mezzanotte, e portate il materiale che l'altra notte non s'é finito.»
Sospirò e continuò sorridendo mentre si frugava nelle tasche «Ah, sapete che c'ho trovato pure nell'album? Questa!» disse mostrando una chiave minuscola, «e sapete che c'ha scritto 'sto stronzo? "Per te Jacopo: vediamo te che l'hai sempre infilata dappertutto, se di questa qua il buco giusto lo sai trovare" Pure da morto Er Gigetto vien a romper i coglioni!»
Gli altri scoppiarono a ridere.
Rifecero insieme lo strano rito con le mani, si voltarono le spalle e s'allontanarono dall'olmo quasi facendo finta di non conoscersi...
Una domanda frullava nella testa: ma cosa aprirà quella chiave?
Ci rimuginarono su durante tutto il pomeriggio, nelle loro vuote ore di senile tedio, una delle probabili cause di ciò che erano diventati, della lotta per scacciare quella noia mortale che durante il giorno li affliggeva e li faceva sentire vuoti, inutili.
Era una chiave troppo piccola per qualsiasi cassetto della camera di Gigi, nessuna porta aveva la serratura giusta né lì al pensionato ma nemmeno altrove, di questo erano certi. Forse poteva aprire un lucchetto di qualche baule o un carillon o di un diario segreto tipo quello delle ragazzine adolescenti ma non avevano trovato né l'uno né l'altro tra gli effetti personali di Gigi e di certo non sembrava tipo da scrivere un diario, che diamine! Eppure se c'era una chiave doveva pur esserci un qualcosa da aprire da qualche parte! Ma cosa?
Con questo dilemma in testa, si ritrovarono come stabilito, a mezzanotte in punto. Il pozzo si trovava a 10 minuti dalla casa di riposo, una villa antica situata in un parco ai margine del quale cresceva un fitto bosco. Il pozzo era stato costruito dentro il bosco stesso ed era oramai circondato da una fitta vegetazione che lo rendeva invisibile dall'esterno.
Lo aveva scoperto Gigi, una sera d'estate in cui annoiato ed insofferente aveva deciso di uscire nel parco per la solita passeggiata e per cercare un refolo d'aria fresca, ma quella volta si era spinto oltre. Camminando lungo la recinzione che divideva le due proprietà, il bosco dal parco della casa di riposo, aveva scorto un punto dove la stessa aveva ceduto, lasciando lo spazio sufficiente per una persona per poter passare oltre e addentrarsi nell'intreccio della vegetazione. Avanzare tra gli arbusti e i rami bassi degli alberi non era stato facile ma la curiosità e lo spirito di avventura avevano prevalso, ed aiutandosi un pò con un bastone, un pò con le mani, Gigi si era inoltrato nell'intreccio fitto fino a scoprire il pozzo. Lì si era seduto, un po' affaticato ed affannato, su una grossa pietra e nell'attesa che il respiro tornasse regolare, si era guardato intorno.
"Un tempo deve essere stato un bel posto per i pic nic di famiglia o per incontri galanti!" aveva pensato. Certo ora era solo un groviglio di arbusti che tutto ricoprivano ed il pozzo era ricoperto di foglie e rami marci, eppure a Gigi sembrava di rividerlo com'era un tempo: quel luogo aveva un che di magico!
Informare e condurre gli amici sul posto e decidere che sarebbe diventato il loro quartier generale, il loro ritrovo segreto era stato in un batter di ciglia: fatto e deciso! Ma occorreva ripulire il tutto e fu così che sparirono misteriosamente gli attrezzi del giardiniere.

IN PUNTA DI PENNADove le storie prendono vita. Scoprilo ora