QUEL MALEDETTO RAVE

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Ore 7,30 del mattino. Vengo svegliata dallo squillo del telefono, mi alzo per andare a rispondere perchè si trova nell'ingresso. Mi affaccio alla porta della camera di Giulia, per vedere se è rientrata. Da quando ha compiuto 18 le do il permesso di rientrare tardi. Camera vuota, letto intatto..... ho già un presentimento ..................... alzo la cornetta .... dall'altra parte una voce: «Qui è l'ospedale di .......... sua figlia ha avuto un incidente».
Neanche mi lavo, infilo una tuta e parto con la testa in fiamme, la mani mi tremano.
Ora sono qui, nell'obitorio, che osservo mia figlia lì, stesa su quel tavolo di marmo, bianca anche lei da sembrare una statua. 

"No, non è possibile, non può essere lei, la mia Giulia! Lei è sempre stata assennata, no non può essere" continuo a ripetermi  "ditemi che non è lei" 

«Signora, venga ci sono gli agenti che vorrebbero farle delle domande. Anche se è doloroso per lei, è necessario. E' stata portata qui da un'auto che è fuggita prima ancora che gli infermieri intervenissero. Abbiamo fatto il possibile, ma aveva ingerito una quantità di alcool e pastiglie, che ancora non sappiamo cosa, ma presumiamo sia dovuto ad un mix incontrollato» 

"Come è possibile? Io, sua madre, non conoscevo affatto mia figlia"

«......lei sapeva? Conosceva sua figlia? Chi frequentava? Avete sempre avuto un dialogo aperto sulla droga? Sui contraccettivi? Sapeva dei sogni di Giulia? Del desiderio di iscriversi alla facoltà delle comunicazioni, voleva diventare giornalista»  

«Di chi sono questi vestiti? Mia figlia non ne ha mai portati di questo genere!» 

«Mi spiace, sono tutto ciò che aveva indosso quando l' abbiamo portata in terapia intensiva»

« Voglio vederli in faccia, questi assassini, hanno ucciso la mia bambina!»
«Ci dovrebbe permettere di prendere il computer di sua figlia. Il cellulare lo abbiamo già. Vorremmo leggere tutti i suoi messaggi, i suoi contatti, ma sarà molto difficile. Questi raduni avvengono tramite la rete. Possiamo solo conoscere il luogo dove è avvenuto. Purtroppo è facoltà degli amministratori locali concedere i permessi, ma spesso si svolgono in località a noi sconosciute, fin quando non avvengono tragedie come questa»
Ora mi ritrovo qui, sola a piangere una figlia che mi accorgo di non conoscere così bene come credevo. Continuare a vivere con questo senso di colpa, o seguire mia figlia, nell'oblio?

IN PUNTA DI PENNADove le storie prendono vita. Scoprilo ora