UN IMPROBABILE ST. KLAUS

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Aveva già 25 anni, Marco Aurelio. Così lo avevano chiamato i suoi genitori.

Suo padre, appena seppe che era un maschio, volle imporgli quel nome. avrebbe fatto grandi cose nella vita. Ed invece, dopo una laurea in psicopedagogia e un master, si ritrovava a fare lavori saltuari: co-co-pro, a termine, stagionali, di qualsiasi genere. Certo, non era il suo sogno, ma questo gli permetteva di guadagnarsi dei soldi per le sue spese, senza dover chiedere ai suoi. Ricordava quanti sacrifici avevano fatto per farlo studiare, al punto che alle feste, ai compleanni ma soprattutto a Natale, suo papà cercava sempre mille scuse per il fatto che non avrebbe ricevuto regali desiderati, ma solo quello che la loro situazione avrebbe permesso. Marco Aurelio sapeva bene quale era la loro situazione economica, come sapeva bene che la storia di Babbo Natale era tutta una invenzione. A volte l'ironia del destino, gioca brutti (o belli?) scherzi.

A lui che non ci credeva, quell'anno, dopo aver già svolto tre lavori saltuari, gli fu proposto di vestirsi da Babbo Natale, in un centro commerciale. Al solo pensiero, lui già rideva. Solo a pensare di indossare quel vestito rosso, la barba bianca, proprio lui che era sempre stato esile e mingherlino, come in certi film americani, avrebbe dovuto suonare un campanello e gridare: <<Oh – oh – oh ...>>, seduto sotto un albero illuminato, a fianco di due renne di peluche.

Certo, proprio lui che non aveva mai potuto permettersi di chiedere alcun regalo, doveva stare lì fino alla sera della Vigilia, aspettando che i bambini si sedessero sulle sue ginocchia, per mostrargli la letterina con i loro desideri. All'ennesima richiesta, ebbe voglia di mollare tutti, a costo di non essere pagato. Era disgustato da quelle richieste di bambini viziati, già consapevoli che avrebbero ottenuto tutto.

Stava per alzarsi, quando vide, dietro ad una colonna, un bambino stretto in un cappotto, con le maniche troppo corte. Era evidente che lo aveva da tanti anni, pure se nel frattempo era cresciuto.

Gli fece cenno di avvicinarsi, ma quello si nascose ancora di più dietro la colonna. Capiì che non sarebbe mai avvicinato. Troppo impaurito? Timidezza o consapevolezza che non poteva chiedere niente? (Seppe poi che la mamma portava i propri figlia in quel centro per diverse ore al giorno, solo per stare più caldi, non potevano permettersi quelle salatissime bollette del gas). Erano lui ed una sorellina, suo papà era un lavoratore "esodato" grazie ad una certa signora Fornero.

Si diresse verso di lui: << Come ti chiami? >> a testa bassa il bambino rispose: <<Marco>>

A quella risposta, si tolse la barba:<< Anch'io mi chiamo Marco. Marco Aurelio, è il nome di un imperatore romano, lo studierai quando andrai a scuola. O già ci vai?>>

<<Faccio la prima elementare io!>>

<<Oh, allora sei grande. E non hai un desiderio?>>

<<Noi siamo poveri, non possiamo comprare i regali. Mio papà mi ha detto che non sei tu che li porti. Sono i genitori ed i parenti che li fanno>>

Marco Aurelio rimase colpito da quelle parole. Per lui era stato facile accettare la verità dai suoi genitori, perché se anche non lo avevano ingannato col Natale, comunque i regali li aveva ricevuti.

<<Ma c'è qualcosa che ti piacerebbe avere?>>

<<Io non voglio niente, ma la mia sorellina avrebbe bisogno degli occhiali, ma il mio papà ha detto che dovremo aspettare>>

Immaginando cosa dovessero aspettare, conoscendo l'iter della sanità, Marco Aurelio chiese a Marco:<<Portami dalla tua mamma, voglio parlare con lei>>

Nello stesso momento una signora, tenendo un bambino per mano, gli si avvicinò:<<Mio figlio deve consegnare la letterina a Babbo Natale>>

<<Spiacente, signora, il centro commerciale sta chiudendo e Babbo Natale deve partire con le sue renne>>

Si avvicinò alla mamma di Marco, anche lei indossava un cappotto che aveva conosciuto tempi migliori.

<<Mi perdoni, non voglio umiliarla, ma forse il Natale ha influenzato anche me. Al piano di sopra c'è un ottico, se andiamo subito lì faremo misurare la vista alla bambina e sceglieremo gli occhiali>> poi prendendola in disparte <<E a suo figlio cosa piacerebbe? Non mi guardi come se fossi un marziano. Non deve neanche ringraziarmi. Sono io che ringrazio lei, se mi permetterà di fare questi regali>>

<<Forse a Marco potrebbe piacere un gioco che ha visto dai suoi compagni di scuola. Credo si chiami SuperMario>>

<<Bene, intanto che lei fa visitare la bambina, io vado al reparto giochi con Mario>>

Appena fatto, non diede neanche tempo alla donna di ringraziarlo

<<Mi dica solo come si chiama la bambina>>

<<Si chiama Anna>>

<<Buon Natale, Anna e fa Buon Natale anche al tuo papà>>

Con queste parole si avviò verso l'uscita, cominciando a togliersi il costume rosse e quel cuscino sulla pancia.

Quella sera a casa, guardando e abbracciando i suoi genitori:<< BUON NATALE A VOI! >>

IN PUNTA DI PENNADove le storie prendono vita. Scoprilo ora