5. Questo è amore

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5. Questo è amore.

Era tutto li quello che sapeva fare. Piangersi addosso, gridare e rifiutare il cibo, in pratica comportarsi come un bambino viziato e decisamente stupido. Se alla sua età il modo di confrontarsi con il padre era quello, in fin dei conti si meritava tutta la tristezza del mondo. Ormai non aveva più neanche la forza di alzarsi dal letto, sua madre andava a trovarlo una volta al giorno, cercava di farlo alzare e mangiare, anche forzandolo, ma non riusciva ad avere da lui una risposta.

Ritsu non parlava, si limitava a fare i capricci, come li definiva lei e a comportarsi da idiota, ma ormai era passata una settimana e lei non lo sopportava più.

Era nervosa e decisamente esasperata quindi entrò nella stanza sbattendo la porta e chiamò il nome del figlio a gran voce. L'unica risposta fu un movimento del viso verso di lei, meglio di niente in fin dei conti.

- Ora basta! Non sopporto più ne te ne quella ragazzina, avete deciso di sposarvi mi dici perché diavolo ti comporti così?-

Ritsu non si era mai sfogato con la madre, perché non sapeva nulla. Se ne era accorto subito che era all'oscuro di tutto, faceva domande e chiedeva spiegazioni, ma nessuna si avvicinava minimamente alla verità. - Ti prego devi dirmi che sta succedendo, non posso fare niente se non mi spieghi perché stai così male.-

Sarebbe stata in grado di capire? Non le aveva mai neanche raccontato ciò che era successo dieci anni prima, del perché fosse fuggito da scuola o della depressione che aveva dovuto affrontare. Ne era sempre stato spaventato, un conto era evitare di avere una fidanzata e cercare scuse, un altro era dire perché non voleva una donna, ma ormai la sopportazione e il dolore che provava erano così grandi, che ricevere un rifiuto dalla madre per via della sua scelta, non era neanche paragonabile.

- E' come dieci anni fa Ritsu, non mi hai mai voluto spiegare cosa fosse successo e io da sciocca non te l'ho chiesto, ma ora basta, non sopporto di vedere mio figlio in queste condizioni.-

- Mamma...- fu la prima parola dopo giorni e alla donna vennero le lacrime agli occhi, si avvicinò al letto e lo abbracciò così forte da togliergli il respiro e a stento, Ritsu riuscì a ricambiare il gesto. - Io non voglio sposarmi.-

- Va bene, va bene così, parlerò con tuo padre, vedrai che risolveremo la questione. Se devi stare male non mi interessa.-

- Non è così semplice. Io non posso rifiutare.-

Infatti non poteva. Rifiutare suo padre significava distruggere ogni cosa e lui era stato chiaro su questo. Quel giorno maledetto aveva deciso di rispondere al telefono e correre da lui, chiuso in uno studio scuro pieno del profumo dei libri, suo padre aveva sentenziato il suo futuro senza diritto di replica.

Dietro quella scrivania in noce lavorata e decorata in modo fine ed elegante, che a lui piaceva molto e più di una volta, da bambino aveva usato per giocare provocandogli quel brutto graffio su una delle gambe, si ergeva quell'uomo così emblematico e distinto che lui rispettava e temeva più di ogni altra cosa al mondo.

Era bastato così poco per farlo cedere e ora sarebbe bastato ancor meno per farlo crollare del tutto e quando sua madre insistette per sapere la verità, Ritsu sputò fuori ogni cosa celata con la stessa forza di un'inondazione, così la donna ignara di tutto venne a sapere che quell'uomo seduto dietro alla bella scrivania aveva semplicemente detto la sua volontà e l'avrebbe fatta rispettare a tutti i costi.

- Non puoi mettere così in ridicolo la nostra società, la tua un giorno.- aveva iniziato così, freddo e distaccato, ma decisamente tagliente. Ritsu non aveva risposto. - Hai cambiato lavoro e cosa vengo a sapere? Che pur di fare strada ti porti a letto il tuo capo? Un uomo?!- aveva gridato quell'ultima parola sbattendo un pugno sul tavolo e facendo arrivare al ragazzo tutto il suo disprezzo. - Ma che diavolo ti sei messo in testa?-

Hurricane! (ciò che guida il mio cuore...)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora