6. Promessa

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6. Promessa

Era il primo di marzo, ma per qualche strano scherzo climatico faceva troppo caldo ed era una giornata troppo bella per crederla vera, almeno era questo che pensava guardando fuori dalla finestra, ma semplicemente si sentiva troppo stretto e compresso in quel bell'abito firmato, da non riuscire quasi a sopportarlo.

Erano tutti in fermento. Erano stati chiamati camerieri e inservienti per mettere a lucido tutta la casa e preparare ogni cosa per l'evento. In giardino era stato allestito un grande gazebo bianco, ornato di rampicanti e rose candide sistemate ad arte. Li sotto un piccolo altare dove l'officiante avrebbe celebrato il rito e intorno panche e sedute foderate per tutti gli ospiti.

Ritsu non sapeva a chi fossero stati mandati gli inviti, ma dalla sua stanza stava assistendo alla sistemazione di un centinaio di panche e altrettante sedie, per cui ipotizzò all'incirca trecento invitati ufficiali per il rito, ma era sicuro che per il ricevimento se ne sarebbero presentati quasi il doppio.

Osservando tutto con distacco strinse tra le mani i fogli su cui aveva scritto la sua promessa, perché tale era, anche se non diretta alla ragazza che sarebbe dovuta divenire sua moglie.

In quegli ultimi istanti pensò a lui così intensamente che sperò in una risposta.

Ormai negare il suo amore per Takano era da stupidi, ma non era mai stato lontano da lui così tanto tempo. Per quanto, all'inizio, si fosse impegnato a mantenere una distanza professionale con il suo superiore, ora quella distanza gli sembrava infinita e insopportabile.

L'abitudine di averlo accanto, di poterlo sentire o vedere in qualsiasi momento, di percepirlo al suo fianco nel letto, erano sensazioni che gli stavano provocando una grandissima crisi d'astinenza, tanto da poterlo definire una vera e propria droga.

Era drogato d'amore.

Sorrise al solo pensiero, poteva davvero pensare una cosa simile senza più diventare paonazzo o gridare d'imbarazzo come suo solito.

Solo un leggero picchiettio alla porta lo riportò alla realtà. Diede il consenso ad entrare, sapendo che, prima o poi, sarebbe venuto qualcuno per chiamarlo o portargli qualcosa e infatti fece capolino una testolina castana dai lunghi capelli, timida e insicura. Una ragazza che forse non raggiungeva neanche la maggiore età a vederla, vestita da cameriera e il viso arrossato dall'imbarazzo.

- Mi scusi, ma mi hanno chiesto di portarla in giardino.- Abbozzò un sorriso forzato, si sarebbe aspettato un uomo o comunque qualcuno in grado di trattenerlo se fosse scappato, invece avevano mandato una bambina timida e impacciata. Suo padre doveva davvero ritenerlo sconfitto o comunque era convinto che non si sarebbe ribellato. Era pronto da un pezzo, doveva solo indossare la giacca scura poggiata sul letto e la ragazza corse a porgerla con educazione offrendosi di aiutarlo.

- Non serve, so come ci si deve vestire.-

- Chiedo scusa.-

Forse era stato troppo acido il tono usato, ma si era abituato ad usarlo con Takano, ma lui al contrario di quella ragazzina gli rispondeva a tono e quello era un gioco che piaceva ad entrambi, mentre ora si sentì soltanto un idiota.

- Pensi che sarà una bella cerimonia?- Lo chiese d'istinto, forse per scusarsi di poco prima o forse perché quella ragazzina gli faceva semplicemente tenerezza. - Io odio questo giorno e tutto ciò che ci circonda.-

- Io... io credo che vostro padre abbia voluto regalarvi un giorno indimenticabile.-

- Bhè di sicuro questo giorno non lo dimenticherà nessuno.-

Aveva comprato il vestito più bello e costoso di tutto il negozio e ora lo indossò fiero e deciso.

- Come sto?-

Hurricane! (ciò che guida il mio cuore...)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora