«Smettila, smettila, smettila.»
Il gusto pungente del sigaro la fece tossire un paio di volte e il suono che emise fu roco, estraneo, quasi plateale. Non riusciva a ricordarsi come fosse finita in quella situazione, ma ora doveva pensare solo a trovare un modo per uscirne, prima che fosse troppo tardi.
«Devo farcela, manca così poco.»
Buttò il mozzicone restante per terra e lo spense con il tallone. Il lieve bruciore la fece trasalire e imprecare sottovoce, come per paura che qualcuno potesse sentirla. Si osservò intorno, la cantina era illuminata solo da una vecchia lampadina che le donava un'aria spettrale. Si morse le labbra, impiantò le unghie nei palmi della mano e si abbandonò sulla sedia. Stava perdendo, mossa dopo mossa le fragili barriere che si era costruita nel corso degli anni si stavano sgretolando, lasciando scoperte le verità tanto temute e nascoste. Per un attimo i suoi occhi si soffermarono sulla pedina traballante, era così vicina alla fine, al raggiungere il finale tanto atteso. E mentre stava pensando alla mossa successiva, la porta sbatté con violenza. Per l'ennesima volta si impose di non girarsi.
«Non adesso.»
Provò a concentrarsi sulle incisioni della tavola da gioco, le aveva fatte con Edoardo, riusciva ancora a ricordarsi quel giorno. Allora le cose erano così semplici. Non sarebbe dovuta tornare. La casa dei Lambardi non le apparteneva e non le sarebbe mai appartenuta.
La finestra si aprì di colpo, la brezza invernale alzò le tendine e, istintivamente, lei chiuse gli occhi. Percepì i suoi passi sulle scale, stava saltellando. Mancava poco che la raggiungesse. Poi di colpo i salti si fermarono. C'era troppo silenzio, l'unica cosa che riusciva a sentire era il profumo di ciclamini che le procurò nausea. Rabbrividì. Non le serviva aprire gli occhi per sapere che lui si trovava davanti a lei. Passò un attimo prima che lei sentisse la sua mano percorrerle il braccio. Non lo aveva mai fatto, non l'aveva mai toccata prima di allora. Fu delicato e, allo stesso tempo, deciso. Sapeva bene cosa voleva. Ma se lo avesse fatto, nessuno l'avrebbe più potuta salvare. All'improvviso si fece freddo, la sua mano iniziò a risalire lungo il braccio, sfiorò la spalla e con cautela seguì la curva della clavicola. Aveva creato un mostro e lui voleva che lei aprisse gli occhi e lo ammirasse. Doveva vedere la creatura a cui aveva dato origine. La sua mano si appoggiò al collo, provocandole un brivido di repulsione. Non si sarebbe piegata al suo volere, doveva resistere.«Per favore, basta. Vattene, ti prego.»
La sua mano continuò ad accarezzarle il collo, a tratti premeva un po' più forte, a tratti si faceva più delicata fino a quando si stufò del gioco e strinse con forza. L'istinto prese sopravvento, lei si aggrappò a quelle mani rugose, cercando una via di fuga. Non c'era. Per un momento desiderò di potere urlare, anche se sapeva che nessuno l'avrebbe sentita. Divincolarsi non serviva a nulla, era troppo forte, lo era sempre stato. L'aria iniziò a mancarle, i polmoni minacciarono di esplodere.
«Apri gli occhi. Fallo.»
No. Non gli avrebbe permessodi ucciderla di nuovo.
La copertina è stata realizzata da Koaluch (vi lascio il link per potere vedere le sue opere). Oltre a consigliarvi le sue copertine, vi invito a leggere alcune delle sue opere! Non ve ne pentirete :)
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Anima di vetro
ParanormalFollia. Caos. Inchiostro. Sangue. Carta. Follia. Caos. Inch... Cara ha il blocco dello scrittore: la sua mente brillante non riesce a dare voce ai personaggi. Così, in seguito alla morte della nonna, decide di trasferirsi in campagna e chiudersi ne...