2- primo giorno

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Jeans neri stivali del medesimo colore è un maglioncino corallo, capelli sciolti e niente trucco non avevo né il tempo né la voglia. Scesi bevvi un bicchiere di caffè e latte presi i soldi e chiamai un taxi con cui mi diressi a scuola dopo aver preso lo zaino nero con alcuni quaderni bianchi che mi sarebbero potuti servire e una penna. Arivvammo abbastanza in fretta la struttura era bella e da quelle poche informazioni che mi aveva comunicato mia madre, Meri, era una struttura antica e a mio parere molto affascinante. Mi guardai intorno e vidi diversi ragazzi raggruppati a parlare finché uno di essi non mi indicò con un cenno del capo ai suoi amici che successivamente si girarono ad osservarmi.
Probabilmente dovevano essere rari i nuovi studenti in questa scuola. Mi soffermai a guardarne uno tra i cinque e non mi ci volle molto per riconoscerlo come immagino dalla sua espressione sorpresa che non ci sia voluto molto neanche per lui, Walter, rimasi indifferente anche se rivederlo dopo sei anni fece un particolare effetto anche a me. Lo continuai a guardare mentre si poteva palpare facilmente la tensione che si era creata nell'aria, e la sua indecisione su cosa fare. Successivamente si voltò nuovamente verso i suoi amici mentre io con una leggera delusione mi avviai all'interno dell'istituto cercando la mia classe, 2A, come scritto sulle informazioni che mi erano arrivate via e-mail e che avevo stampato. Era diventato davvero bello capelli e occhi erano dello stesso colore dei miei ma avevano un taglio diverso da questi ultimi. I suoi occhi erano leggermente più piccoli dei miei e contornati da ciglia più folte mentre i capelli erano rasati lateralmente ed era presente un ciuffo leggermente spettinato, inoltre era molto alto. Entrai in classe e dalle poche persone presenti in essa intuì che mancava ancora qualche minuto all'inizio delle lezioni e ne approfittai per sedermi in uno dei posti infondo per poi mettermi le cuffie e far partire una canzone in modo casuale:
Waiting for the time to pass you by
Hope the winds of change will change your mind
I could give a thousand reasons why
And I know you, and you've got to
Make it on your own, but we don't have to grow up
We can stay forever young
Living on my sofa, drinking rum and cola...
La canzone finí giusto in tempo per il suo e della campanella che segnava l'inizio delle lezioni. Mano a mano che entravano i miei da qui a poco futuri compagni di classe, venivo guardata sempre di più e a mio parere con anche un leggero fastidio come poi mi venne confermato da una frase che spiccava tra il brusio generale della classe: "ma quella nuova doveva capitare proprio a noi?"
Mi girai per vedere da chi proveniva quella, se così si può definire, domanda. Una ragazza alta e slanciata con un caschetto tra il castano e il biondo è un paio di occhi neri mi guardava con un sorriso divertito. Indossava un semplice paio di leggings traforati lateralmente neri e una maglia rossa molto familiare che successivamente ricondussi alla linea dei miei genitori grazie alle letterine dorate che si notavano all'angolo destro della maglietta CC, uno dei pochi gesti dolci che hanno fatto i miei genitori e quello di usare il mio nome come loro firama stilistica: Cassia Cato, a quel punto sorrisi io in modo divertito azione che fece spegnere in modo repentino la sua espressione di scherno.
"Ti faccio per caso ridere ?" Mi chiese con un tono di voce leggermente alto per i miei gusti mentre mi si avvicinava. La guardai soltanto assottigliando leggermente lo sguardo per poi girarmi dicendo:
"No, mi fai perdere tempo."  Non ebbe modo di rispondere visto che entró il professore che ci mandó a sedere.
"Sono il professore di filosofia Zosimo Zeno, come potrete notare il mio è un nome particolare poiché latino datomi da mio padre, insegnante di lettere all'università, prima di illustravi il programma riguardante la mia materia che affronteremo quest'anno farò l'appello in modo da poter iniziare a familiarizzare con voi e segnare eventuali assenze." La classe era composta da un numero ristretto di persone, per l'esattezza quattordici e il mio nome non ci mise molto ad arrivare.
"Cassia Cato?" chiese il professore con uno sguardo incerto che vagava nella classe
"Presente" risposi alzando il braccio e rivolgendogli parte della mia attenzione mentre guardavo la reazione della ragazza di prima, che ho scoperto si chiama Ava, nel realizzareche la linea stilistica della sua maglia apparteneva ai genitori della ragazza che fino a pochi minuti fa derideva.
"Come mai questo nome ?" Mi chiese il professore leggermente sorpreso da una scelta così inusuale
" Mio padre era di Firenze e mia madre di Roma prima di trasferirsi in un piccolo paesino quando si sono incontrati, e si sono ispirati alla via Cassia che originariamente congiungeva queste due città." risposi leggermente infastidita dalla domanda
"Molto bello" mi disse chiudendo in questo modo il nostro breve discorso e passando al prossimo nome sulla lista.
Mi avevano sempre definito così, la strada che li riportava a casa.

CassiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora