21 agosto 2014

104 8 4
                                    


Si incontrano tre ore dopo, nel parco davanti a casa di Harry.

L'alba sta sorgendo, l'orizzonte in fondo alla via è rosso, il cielo sopra le loro teste è ancora blu scuro, dormiente.

Frida è sgusciata fuori di casa dopo aver spento contro il davanzale della sua stanza almeno sei sigarette, ha lasciato un post-it sul frigorifero per i suoi genitori e si è infilata il primo paio di scarpe da ginnastica che ha trovato nello sgabuzzino.

Lui si sta dondolando sull'altalena dove da piccola Rosie si è slogata il braccio, tiene lo sguardo basso sugli anfibi neri e le mani ancorate alle catene di metallo quasi con rabbia.

Frida è un miscuglio di emozioni, invece. Tra le dita ancora sente l'adrenalina di quando ha realizzato che forse c'era speranza, le sue gambe tremano per la paura di continuare a camminare da sole verso niente, nessuno. Il cuore batte forte anche nelle tempie, ansioso e impaziente, mentre gli occhi sono diffidenti, bui.

Lo raggiunge con lentezza, stringendosi dentro la giacca di jeans che ha indossato coi risvolti alle maniche perché anche se è estate siamo pur sempre in Inghilterra.

C'è la brezza del mattino che sa di sale e viene dalla costa, fa venire i brividi ed è fredda, come gli occhi di Harry che si alzano e la incontrano quando Frida è abbastanza vicina.

Adesso c'è anche la consapevolezza a far battere appena i denti, i cuori.

Lui la guarda e lei vorrebbe solo piangere, perché il modo con cui Harry lo fa è da pelle d'oca. La fa sentire importante, è come se le dicesse che in mezzo a tutto il dolore del mondo, lei è l'unica cosa in grado di ucciderlo.

L'amore forse è anche questo.

Frida si siede nell'altra altalena, in silenzio, abbassando gli occhi troppo lucidi, traditori.

Stanno zitti perché è da sempre il loro modo di parlare, eppure entrambi fremono per dire qualcosa, chiedere, piangere.

Il cielo si schiarisce dopo gli alberi del parco, c'è un gioco di ombre tra i lineamenti duri di Harry da rendere quel volto etereo, ha il naso lungo e la guancia in penombra, gli occhi smeraldo e le ciglia schiarite dalla luce del sole che continua a crescere, alzarsi.

Poi Frida si schiarisce la voce, dice solo: "Mi dispiace"

Harry si volta di scatto nella stessa maniera con cui lo farebbe se fosse appena stato ferito. Sembra quasi trattenga il respiro per qualche secondo, stringe con più forza il metallo fino ad avere i segni e poi sospira.

"Perché?" le domanda.

Frida fa un sorriso strano, ha lo sguardo incantato contro il suolo. "Perché sono stata stupida" risponde semplicemente.

Il ragazzo sta in silenzio per qualche istante, probabilmente non sa come ribattere.

Lei si lecca le labbra, chiude gli occhi sentendo le palpebre fredde e parla ancora: "Ti ho dato la colpa per...per tutto. Ho sempre pensato che fossi solo un codardo, che non volessi lottare per me, per noi. Invece...invece sono sempre stata io. Mi dispiace, dico sul serio"

Nella sua testa annebbiata prendono a vorticare le parole rumorose di lui che per settimane non l'hanno fatta dormire.

Se tu avessi smesso di nasconderti dietro le mie paranoie, forse a quest'ora sarebbe tutto diverso.

Le si mozza appena il respiro, perché fa maledettamente male la verità. È un pugno in pieno petto, una ferita che riprende a sanguinare dopo tanto tempo.

Keep your mouth for lyingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora