La Preda

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-Prima di tutto- cominciò il ragazzo che avevo di fronte, mentre un ghigno gli increspò le labbra.
-qui comando io. Mia la scuola, mia le regole.-
-ma davvero?-
mormorai
-cosa siete? Una specie di gang scolastica? Che teneri.-
cercai di tenergli testa, di non essere percepita come una potenziale preda, ma le parole faticavano ad uscire in modo convincente. Il ghigno si trasformò in una risata.
-Ti piace avere sempre l'ultima parola, eh? Ma vedrai che imparerai ad obbedirmi, o con le buone, o con le cattive.-
obbedirgli? Mi credeva il suo cagnolino?
-Sei fortunata che oggi è il tuo primo giorno, altrimenti...-
portò una mano al mio volto, stringendolo tra le dita. Fece per parlare, ma la prima campanella di quella mattinata suonò, lasciandomi giusto il tempo di pestargli un piede e allontanarmi da lui. Mi girai, pronta per scappare ma sentii la sua mano bloccarmi il braccio. Diamine, da un anno mi allenavo al corso di autodifesa per una presa del genere, eppure le mie gambe erano completamente bloccate. Presa dal panico mi voltai, per fronteggiarlo di nuovo. Sul suo volto la rabbia aveva preso il posto della sicurezza. Guardai il mio braccio, bloccato a mezz'aria dalla sua mano e, istintivamente, gli morsi il polso, cercando di affondare i denti nella carne il più profondamente possibile. Riuscii finalmente a correre via, sotto gli occhi increduli degli altri due. Provarono a fare un passo verso di me, ma il ragazzo dagli occhi verdi urlò:
-fermi! Lei è mia.-

Quando fui sicura di averli seminati, mi accasciai tra gli armadietti e il muro. Ero stata brava. Mi ripetevo. Più e più volte. Ne ero sicura. E allora perché le gambe non smettevano di tremare? Ero sempre stata una preda facile per i bulli, i ricordi alla vecchia scuola mi avrebbero accompagna per il resto della mia vita. Le ragazze che mi picchiavano nei bagni, i ragazzi che mi insultavano in corridoio. E ogni giorno era sempre peggio; si aggravavano le percosse, gli insulti divenivano minacce. Poi, un giorno, mi risvegliai all'ospedale. Dicevano che ero scivolata e caduta dalle scale e che ero stata fortunata, perché non avevo sbattuto la testa. Io sapevo che non era così, ma decisi di non sporgere denuncia, avrei avuto tutta la scuola contro e non potevo permettermelo. Mi comportai da codarda, senza dire niente a nessuno, nemmeno ai miei genitori. Per questo decisi di iscrivermi ad un corso di autodifesa e giurai a me stessa che non mi sarei mai più fatta mettere i piedi in testa e che le cose sarebbero andate meglio. E così fu. Incontrai Niall, da poco trasferito nella mia stessa scuola.
I suoi genitori erano il centro dell'attenzione dell'alta borghesia, una coppia di Irlandesi trasferitisi a New York per aprire un Grand Hotel totalmente immerso nel verde, che affacciava direttamente su Central Park. Nessuno sapeva niente di loro, tantomeno del figlio; aveva avuto i suoi famosi quindici minuti di fama, anche se le tempistiche di Andy Warhol erano molto relative. Infatti fu il centro dell'attenzione per alcuni mesi ed io, ormai, ero stata messa nel dimenticatoio. Niente più minacce, niente più percosse, niente di niente. Avevo avuto la mia tregua. Almeno fino a quando non conobbi Niall. Lui mi insegnò ad avere "l'attitude da bitch"
Mi prese sotto la sua ala protettiva, al suo fianco mi sentivo al sicuro. Mi spiegò come vestirmi, come comportarmi, come acquisire fiducia in me stessa, divenne il mio Pigmalione. Lui era l'unico amico che avessi mai avuto. Estrassi il telefono dalla tasca e decisi di scrivergli un messaggio "Sono a scuola, non sto bene." Lui avrebbe capito.

Quel primo giorno, iniziato così male, terminò parzialmente bene, avevo persino parlato con una ragazza piuttosto simpatica di nome Jodie. Quando la campanella suonò mi precipitai fuori dall'edificio iniziando a cercare tra la folla l'Harley Davidson di Niall, che mi era venuto a prendere per portarmi al cinema.
-Non così in fretta-
sentii qualcuno dietro di me, inutile dire che sapevo già chi fosse.
-Karen- continuò lui. Ero intimidita dal modo con cui pronunciava il mio nome. Mi girai cercando di sfoggiare un'espressione il più neutrale possibile.
-Cosa vuoi, ora?-
-avvertirti.-
sentii i brividi percorrermi la schiena.
-D'ora in poi sarà inutile sfuggirmi. Sei la mia preda, Karen Price.-
Nel giro di un giorno era venuto a conoscenza del mio nome, forse faceva sul serio.
-Sei un cacciatore? Non mi aspettavo nient'altro da un bracciante come te.-
Niall mi afferrò la mano trascinandomi via da quel tipo.
-Sbrigati prima che si renda conto che l'ho appena chiamato "contadino".-
Saltammo sulla moto di Niall sotto gli occhi indispettiti del ragazzo del camerino. Ero la sua preda.

U n t o u c h a b l e  ~H. S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora