Prologo

84 17 4
                                    

Odio i lunedì.
Odio la pioggia che cade controvento e il suo rumore contro le tapparelle abbassate.
Odio il vento che imperterrito ulula tra le vie della città.
Odio l'allarme assillante della sveglia che martella insistente sui miei timpani.

Mi voltai scocciato dall'altra parte sperando che si trattasse solo di un brutto sogno ma purtroppo il suono fastidioso di quell'aggeggio infernale mi riportò subito alla cruda realtà.
Sbuffando infastidito, trascinai il mio corpo stanco fuori dal letto e faticosamente strisciai fino al bagno. Aprii l'acqua e riempì la vasca da bagno e, intanto, come ogni mattina, mi sistemai la barba.
"Non c'è nemica peggiore della monotonia" pensai, indossando i soliti jeans sformati e una anonima camicia bianca.

Mi avviai verso la porta con una fame da lupi ma senza la voglia di mettermi in cucina per preparare qualcosa di sostanzioso che mi avrebbe permesso di sopravvivere, o quanto meno di resistere, a quella giornata già di partenza infinita.
Una volta appoggiato alla maniglia mi accorsi di non avere con me le chiavi «E adesso dove le avrò messe? Ma perché se una giornata inizia già storta riesce solo a peggiorare?». Cominciai a rovistare ovunque: nella cesta dei panni sporchi, sul mio comodino, sul lavello del bagno... Niente.
Preso dallo sconforto mi lasciai cadere, esausto e demotivato, sul divano ma il cellulare cominciò a squillare:

«Cosa vuoi Rob?» 
Una risata allegra mi rimbombò nelle orecchie: «Minchia Simo, come fai a essere già incazzato alle 7.30 di mattina? Il tuo è sicuramente un record. Scherzi a parte, se passo da te tra dieci minuti e ti fai trovare pronto, posso darti un passaggio in uni e, dato che oggi mi sento tremendamente buono, offrirti una colazione da sogno».
Un rapido sorriso fece capolino sulle mie labbra: «D'accordo, ci sto. Dammi il tempo di trovare le chiavi di casa che non ho la minima idea di dove posso averle appoggiate. Però non arrivare in ritardo come tuo solito e...» 
Non riuscì a finir la frase che il mio interlocutore si affrettò a interrompermi:«... E non venire in moto. Dio, come sei ripetitivo. In ogni caso per le chiavi prova a controllare nella giacca che avevi su ieri, probabilmente le hai lasciate in tasca. Ci vediamo tra poco.»
Non feci in tempo a replicare che lui aveva già attaccato.
"Come ho fatto ha non pensarci prima? La giacca... Cristo, ma dove ho la testa oggi?"
Infilai in fretta  il k-way, afferrai le chiavi e velocemente uscì di casa. 
Scesi velocemente i gradini, a due a due. Non sopportavo l'idea di essere in ritardo soprattutto se chi stavo facendo aspettare era Roberto, un maestro nell'arte del rinfaccio.

Passai con lo sguardo basso a fianco della portineria sperando che quella pettegola logorroica della signora Martinelli non mi fermasse per una delle sue solite chiacchierate infinite ma purtroppo...
«Ma buongiorno signor Trevisi»
«Buongiorno signora Martinelli, scusi ma ero di fretta e non l'avevo proprio vista. Sa, la frenetica vita di uno studente universitario...» 
Sorrise e, con uno sguardo accondiscendente, mosse la testa, annuendo:«Oh, ma lo so bene infatti non mi sarei mai permessa di intralciarla se non avessi un pacco da consegnarle»
La guardai stupito:«Ne è sicura? Strano, non stavo aspettando niente»
«In effetti la cosa è parecchio strana. Non è arrivato né con la posta né tramite un corriere e non c'era alcun indirizzo sopra, solo il suo nome e cognome.
Non so neanche chi l'ha portato dato che l'ho trovato di fronte all'ingresso della portineria circa un'oretta fa.
Vuole che glielo porti adesso?»
«Sì, e grazie mille».

La donna mi rivolse nuovamente un sorriso gentile per poi scomparire in una piccola stanzetta sul retro.
Pochi minuti dopo sbucò da dove era entrata tenendo in mano uno scatolone nero, sul cui coperchio era stato disegnato un enorme mandala e, sopra di esso, era stata appoggiata una busta con scritto: "Per Trevisi Simone".
Quando vidi quello che mi stava porgendo sbiancai di colpo. La testa iniziò a girare, le mani tremavano e cominciai a vestirmi di pelle d'oca...

«Tutto bene signore?» la voce della portinaia mi destò da quel profondo stato di trance.
Abbozzai un sorriso, cercando di essere il più rassicurante possibile:«Ma certo, certo... Solo che temo di essermi preso una bella influenza ieri sera e sfortunatamente non penso di essere nelle condizioni di reggere una giornata di studi. Credo che salirò a riposare un attimo».

La donna finse di credere a quella mia patetica messa in scena ma dal suo sguardo capí che non se l'era bevuta.
Salutai nuovamente e, senza aspettare risposta, mi fiondai sulle scale reggendo quel dannato pacco sotto il braccio sinistro mentre con la mano destra scrivevo un maldestro messaggio di scuse a Roberto per poi spegnere il cellulare.
Al momento, avevo altre priorità.

Aperta la porta di casa, appoggiai il pacco sul tavolo e mi ci sedetti di fronte. Cominciai a respirare piano: ispira, espira, ispira, espira...

Tirai su il coperchio.
Era tutto uguale, era tutto come lo ricordavo, era tutto come allora.
Tutto come 5 anni fa.
I suoi diari impilati in ordine, gli album di foto a cui si era tanto dedicata, tutte le lettere che aveva scritto ma senza mai avere il coraggio di inviarle, il suo accendino porta fortuna...
Le lacrime, senza che me ne accorsi, iniziarono a rigarmi il volto.
Presi coraggio e aprì la busta.

Dentro c'era un piccolo foglietto scritto al computer che diceva

"Scovami.
Sono pronto.
Fallo per lei.
Ritorna e cercami"



Ritorni.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora