Capitolo 5

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“Non devo andarmene.
Devo affrontare qualsiasi cosa succederà.”
Sono questi gli unici pensieri che affollavano la mia mente, mentre Massi ed io ci avviavamo al piano superiore del locale.
Facendoci largo tra la folla raggiungemmo gli altri, seduti al nostro solito tavolo.

«Oh ma buonasera... Sempre all'ultimo, mi raccomando!»
La voce di Ludovica, già leggermente deformata dagli effetti dell'alcool, ci raggiunse
«Beh, le regine e i re non arrivano mai in ritardo, sono gli altri che sono in anticipo» esclamò Massimiliano, cingendomi le spalle con una smorfia altera.
Ludo scoppiò a ridere e gli lanciò le braccia al collo: «Ci sei mancato coglione, non hai idea di quanto.»
Approfittando del momento, mi staccai dalla morsa affettuosa in cui il mio amico mi aveva stretta e mi sedetti nell'angolo più nascosto del tavolo.
Ma Ludovica si accorse subito del mio timido tentativo di nascondermi dalle sue rumorose attenzioni: «Tu non salutare eh»
Sorrisi.
«Non me la sentivo di rovinare questa splendida reunion»
«Ma smettila, fare la sostenuta non è proprio nelle tue corde» ribatté lei, fiondandosi su di me per stamparmi sulla guancia mille baci, che mi lasciarono addosso un odore che mischiava vodka red-bull e salsedine.

«Ora che ci siamo tutti, venite a ballare?» 
Ludo e Massi erano già praticamente al centro della pista.
«Voi andate, non ho ancora bevuto abbastanza per riuscire a lasciarmi andare» rispose Fede, facendo loro il cenno di andare.
I due annuirono e si addentrarono nel marasma.
Mentre seguivo con lo sguardo quella coppia di fuori di testa, mi balenò alla mente un pensiero che mi fece comparire sulle labbra un sorriso sconsolato.
Ludovica era, senza alcun dubbio, una delle ragazze più belle di Marina di Campo, se non addirittura di tutta l'isola d'Elba.
I suoi capelli ricci color grano, i suoi occhi grigi e la sua pelle chiara, ricoperta di lentiggini ingannavano tutti coloro che pensavano di trovarsi davanti ad una dolce, fragile bambolina.
Nulla di più sbagliato.
Sboccata, imbattibile sul campo da calcio, insolente, razionale... Un carattere duro, austero.
Ma, sotto quella scorza fredda e distaccata, si nascondeva una persona spaventata dal mondo, incapace di affrontare con sicurezza i rapporti con gli altri...
E soprattutto, insicura nell'amore.
Ne avevamo parlato poco più di un mese prima, quando io, in lacrime, le avevo parlato di quello che era successo tra Giorgio e me. In quel clima confidenziale e intimo, si era aperta a me, confessamdomi un segreto che si portava nel cuore da tempo.
«Io... Io credo di essermi innamorata. Innamorata di Simone»
Queste furono le sue precise parole, che tirò fuori a bassa voce mentre, nervosamente, si mordeva l'unghia del pollice.
Sembrava un'altra persona. La mia spavalda, indomita amica aveva trovato la forza di mostrarsi a me vulnerabile.
«Io so di essere piuttosto bella, sveglia e sono fiera del mio modo di essere.
Lo sono sempre stata dopotutto.
Ma questo sentimento nuovo mi spaventa, mi fa sentire inadeguata. Sempre.»
E, in quel momento, ho capito: dovevo proteggerla prima che una cosa meravigliosa come l'amore potesse distruggerla.

«Elettra, sei sveglia? Prontooooo
Federica stava sventolando la mano davanti al mio viso, destandomi dalle mie riflessioni.
«» risposi ridacchiando «mi ero distratta un attimo»
Fede alzò gli occhi al cielo: «Come al solito. Tranquilla che adesso di dò io il giusto carburante.»
Si girò verso il bancone e fece un cenno al barista: «Ugo, due Bellini e due Capiroska. Bello carichi, mi raccomando»

Fummo serviti quasi subito.
«E Diego? Dov'è?» chiesi, mentre il sapore dolce di pesca e prosecco mi riempiva la bocca.
Simone sogghignò «Prima che tu entrassi si era avvinghiato come una piovra a una morettina tedesca. A quest'ora chissà dove saranno...»
Un sorrisetto malizioso accompagnò la fine della frase

«Dai, smettila di preoccuparti per tutti» disse la mia amica, prendendomi sotto braccio «Godiamoci il locale ora, prima che si riempia a tal punto da non riuscire più a respirare»
«Ma sì, c'è ancor...» mentre tentavo di oppormi, mi sentì sollevare per entrambe le braccia.
A destra avevo Fede.
A sinistra Simo.
Finsi di incenerirlo con lo sguardo: «Traditore. Da lei me lo sarei aspettato ma da te...»
«Non fare la lagna! Proprio tu che ami ballare. Dai, muoviti, non farti pregare.»
Ridendo, entrammo nel vivo della festa.

La musica, la gente, il caos mi facevano sentire parte di qualcosa, come se ognuno di noi fosse un tassello che servisse a formare un'entità unica.
Avevano ragione, amavo ballare.
Ma solo in mezzo alla folla, dove nessuno mi avrebbe notata.
Mi sentivo protetta da quello scudo di persone, da quell'odore di sudore misto ad acqua di colonia, alcool ed erba.
Mi sentivo felice, circondata dalle persone che più amavo in un luogo così familiare
"Vedi" mi dissi "hai fatto bene a non andart..."

Una mano mi picchiettò sulla spalla.
Mi voltai.
Occhi castani, leggermente a mandorla, spettinati capelli neri, naso aquilino e guance scavate...
Come al solito, ho sperato troppo presto.

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