Capitolo 2

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Per sempre.
Una promessa che non sono riuscito a mantenere... E che a distanza di cinque anni torna a tormentarmi. Ma, infondo, me lo merito; tra tutti lei era l'unica che non meritava di essere tradita.

I miei pensieri e dubbi erano gli unici che mi tenevano compagnia in questo viaggio.
Vagone vuoto ma, dopotutto, cosa mai potevo aspettarmi?
Appoggiai pigramente la fronte sul vetro e il caldo sole di Maggio mi obbligò a socchiudere gli occhi mentre un dolce tepore mi cullava dolcemente.

"Dieci minuti alla stazione di arrivo: Firenze".
La voce meccanica dell'interfono mi riportò subito alla fredda realtà.
Non ero un viaggiatore qualunque, ero un esule che tornava, dopo anni, nella propria Terra, ferito e spaventato.

Osservo i bagagli che occupavano i due sedili di fronte al mio: un piccolo trolley rosso, riempito in fretta e furia con il minimo indispensabile e quella dannata scatola.
La chiave di tutta questa storia.

Ripensai ancora alla chiamata di ieri sera con mia madre.
Il suo tono sorpreso e commosso lo sentivo ancora forte nell'orecchio, e le sue parole piene di felicità e speranza... Non ebbi cuore di dirle il perché del mio ritorno, non volevo che il mio passato ferisse anche lei.
Non se lo meritava.

Finalmente il treno si fermò.

Feci mente locale sul da farsi: dovevo prendere il Flixbus che mi avrebbe portato fino a Firenze e lì mi sarei incontrato con mio padre e, insieme, ci saremmo diretti a Portoferraio, dove avremmo preso il battello per raggiungere l'isola d'Elba.
Sarei arrivato a casa prima di cena.

Andai verso la fermata e salì sull'autobus.
Sistemai i miei bagagli negli appositi spazi e poi mi lasciai cadere sul morbido sedile.
Ero stanco, troppo stanco. Ieri notte non avevo chiuso occhio, continuando a tormentarmi su cosa fosse meglio fare, su come agire. Ora, però, la stanchezza stava rubando il posto alle mille insicurezze e paure.

Le mie palpebre iniziarono a farsi pesanti, il mio corpo era sempre più leggero e...
La suoneria del telefono mi impedì di fare qualsiasi cosa.
Imprecai furioso mentre cercavo quel dannato smartphone nella tasca dello zaino.

Numero non salvato in rubrica.
Ma dall'altra parte dell'interfono mi rispose una voce ben impressa nella mia memoria:

«Sbaglio o il nostro caro Figliol prodigo sta tornando a casa?»

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