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Il suono della campanella che segnava l'inizio della pausa pranzo fu accolto da tutti con un sospiro di sollievo.

Io raccolsi i miei libri dopo una lezione di algebra molto impegnativa, in cui per quanto mi riguardava l'insegnante avrebbe anche potuto parlare russo - forse l'avrei capito di piú -, e trascinai le mie stanche membra in mensa, dove mi furono schiaffati nel piatto una massa collosa di maccheroni al formaggio scotti, un budino alla vaniglia e una mela.

Evan, come al solito, non si vedeva da nessuna parte. Una volta gli avevo chiesto dove passasse la pausa pranzo, e lui mi aveva risposto che preferiva il giardino o una aula  vuota alla mensa. Io non avevo indagato oltre, chiedendogli per esempio cosa mangiasse -visto che in sala mensa non ci metteva letteralmente piede - e avevo lasciato cadere l'argomento. Innumerevoli volte l'avevo invitato a stare al tavolo con me, ma lui scuoteva sempre la testa, scocciato, e io sospiravo, rassegnata alle sue stranezze.

Mi diressi verso il tavolo che ero solito occupare con i miei amici: vi trovai Livvy, Roy, i suoi compagni di squadra Phil e Jason, una ragazza minuta dai capelli neri di nome Kayla, i due occhialuti fidanzatini Kevin ed Hayley, ed il mio amico d'infanzia e vicino di casa Aiden Stevenson.

Mi sedetti vicino a quest'ultimo, che si soffió via la massa di capelli color mogano dalla faccia e mi rivolse un sorriso radioso che io ricambiai, un po' esitante.

Fin da piccoli eravamo stati abituati a giocare assieme e ad entrare e uscire l'uno dalla casa dell'altro come se abitassimo lì, e lui era ció di piú vicino al concetto di "amico" che perfino Evan potesse vantare;  era stato soltanto l'anno prima, quando aveva cominciato a suonare in una band e ad esibirsi in vari locali, attirando l'attenzione delle ragazze, che avevo capito che la sensazione che provavo alla bocca dello stomaco era gelosia e non semplice senso di protezione stile non-azzardarti-a-far-soffrire-il-mio-migliore-amico.

Ci eravamo baciati, da brilli, a casa di Diane Evans alla festa per la fine della scuola, mesi prima, ma poi lui era stato sempre via con la famiglia o la band, e non ne avevamo mai parlato. Forse eravamo tornati ad essere semplici amici che avevano un po' esagerato ad una festa.

Gli passai il mio budino e lui mi diede la sua mela, un vecchio accordo che onoravamo dai tempi delle elementari.

<< Qual é l'argomento di conversazione? >> domandai osservando Liv gesticolare infervoratamente dall'altra parte del tavolo. << Aspetta, fammi indovinare. Homecoming. >> dicemmo assieme, roteando gli occhi e ridendo.

<< Diane é la favorita per il titolo di reginetta, ma le sue avversarie sono valide >> stava dicendo in quel momento la mia amica. << Quelle stronzette possono avere tutti i balli del primo  semestre, non mi interessa, ma quello di fine anno é mio. >>

Lo sguardo che Livvy aveva negli occhi quando parlava dei balli mi terrorizzava sinceramente.

Era una storia che piú o meno tutti a scuola conoscevano: l'unico sogno di Livvy - a parte distruggere l'arredamento di una stanza d'albergo in una notte di passione con il signor Hardy e farsi autografare le tette da James Franco -, era essere incoronata reginetta all'ultimo ballo del suo ultimo anno delle superiori.

Aveva  passato i precedenti quattro anni nel comitato di organizzazione scolastico, facendo dei balli della scuola un vero e proprio studio: senza che nessuno se ne accorgesse, era penetrata lentamente sempre piú a fondo nella burocrazia scolastica, sospetto acquistando piú potere di qualsiasi altro studente che avesse mai frequentato la Miller High School.

Aveva fatto da assistente alle candidate al titolo di reginetta, apprendendo le dinamiche dietro le loro campagne e i trucchi per conquistare un numero di voti piú alto possibile.

What's wrong with EvanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora