Cominciò come al solito, con la luce dell'unico lampione acceso della strada che mi illuminava, come se fossi su un palcoscenico.
Sui lati della via a me al tempo stesso sconosciuta e familiare, si snodava una fila di casette diroccate e vuote, senza nemmeno un lumino a segnalare la presenza di abitanti al suo interno.
L'aria invernale mi fece rabbrividire, avevo su un cappotto marrone ma avrei voluto anche una sciarpa o un cappello.
Confusa, mi guardai attorno con aria spaesata, incerta su cosa fare e dove andare; mentre sfregavo tra loro le mani intorpidite dal freddo, lo sguardo mi cadde sul fondo della strada alla mia sinistra, di cui non si scorgeva la fine, inghiottita dalla fitta nebbia che stava salendo, e dove era appena comparsa una figura in nero, appena distinguibile al chiarore lunare.
Strizzai gli occhi, cercando di vederla meglio, mentre una familiare sensazione di panico mi rivoltava le viscere; la parte razionale di me sapeva che era solo un sogno, e continuava a ripeterlo al mio cervello, ma la parte più emotiva, quella che era lì in quel momento, era completamente sopraffatta. Non sapevo chi mi stesse fissando o che intenzioni avesse, ma l'istinto mi gridava di scappare, e così feci.
Corsi dalla parte opposta, i movimenti resi impacciati dalle imbottiture e dai muscoli rattrappiti.
Quando la strada davanti a me si divise in un bivio, imboccai la via a sinistra, senza pensarci troppo. Feci così a tutti gli incroci e i biforcamenti, infilandomi in cunicoli sconosciuti e sforzandomi di ignorare la pulsazione sorda alla milza; non sentivo nessun altro rumore a parte quello dei miei passi e il mio respiro rantolante, ma percepivo lo sconosciuto che mi seguiva. La sua presenza era come una mano viscida che mi scivolava sul retro del collo e sulla nuca, sotto gli strati di vestiti, a sfiorare la mia pelle d'oca e i miei battiti cardiaci.
All'ennesimo imbocco di una via stretta e sempre più buia, la strada mi parve improvvisamente familiare: eccolo, il famigerato vicolo in cui ogni notte mi incastravo come una mosca nella rela del ragno, dritto davanti a me; non potevo fare altro che imboccarlo e rimbalzare sul fondo, ritardando il momento in cui mi sarei dovuta girare ad affrontare il mio assalitore...
Una mano calò pesantemente sulla mia spalla, e io boccheggiai riemergendo dalle acque torbide del mio solito incubo, gli occhi dalle pupille dilatate nel buio fermi a fissare il volto di Evan, a pochi centimentri dal mio.
<< Stavi facendo un brutto sogno, sorellina. >>
Impiegai un paio di secondi a riconoscere la mia camera e mio fratello in piedi di lato al mio letto: era la prima volta che venivo svegliata a metà di un sogno; l'incubo non si era mai interrotto.
Mi scostai ciocche umide dal viso, dissipando il velo di sudore che si era formato sulla mia fronte, sopra il labbro e nell'incavo delle clavicole, facendo aderire il pigiama alla mia pelle.
<< Che.. che ore sono? >> rantolai cercando di districarmi dal bozzolo di coperte che mi stava soffocando.
<< Le due del mattino passate. >>
Quando cercai di incrociare il suo sguardo, mi ritrovai ostacolata da un ciuffo di capell che gli nascondeva gli occhi e dal buio, appena rischiarato dal debole chiarore lunare che filtrava dalla finestra.
<< Dove sei stato? >> sapevo che era appena rientrato. Su di lui era ancora percepibile l'odore della notte.
<< Qua e là. >> si sedette sul bordo del letto, segno che non intendeva scappare via per interrompere la conversazione ed evitare domande imbarazzanti, e la mia mente richiamò immagini e ricordi di decine di volte durante gli anni in cui Evan si era avvicinato a me in quel modo: quando avevo avuto paura dei mostri sotto al letto, o i nostri genitori litigavano, e quando il mio criceto Barbie era morto.
Gli feci spazio sul letto, sperando che si stendesse accanto a me come quando avevamo sette anni, mettesse la testa dietro alla mia e intrecciasse le nostre dita sotto le coperte, sopportando i miei piedi freddi in cerca di calore sui suoi polpacci.
Lui percepì - ovviamente - il mio desiderio inespresso, e rimase in silenzio per un momento.
Poi sospirò, e si alzò in piedi:
<< Lasciami almeno andare a cambiarmi. >>
Annuii e mi raggomitolai nel lato sinistro del letto, accanto al muro, gli occhi aperti a fissare la parente bianca e ad ascoltare: lo sentii accendere le luci del bagno e far scorrere l'acqua, lo sfregamento dello spazzolino contro i denti e la porta della sua camera aprirsi.
Dopo cinque minuti era tornato, chiudendosi la porta alle spalle.
Scostò le coperte e si distese accanto a me, che mi rilassai immediatamente alle ondate di calore provenienti dal suo corpo come sempre più caldo del mio.
<< Quest'incubo che hai... di che cosa si tratta? >> lo sentii mormorare da dietro la mia nuca.
<< Non ho voglia di parlarne. >> sussurrai in risposta. << Dove vai quando scompari per ore e nessuno sa dove ti trovi? >>
<< Non ho voglia di parlarne. >>
Senza vederlo, percepii il sorriso che si era formato sulle sue labbra; sbuffai, cercando la sua mano nell'intrico di arti e pelle che erano in nostri corpi nel mio lettino ad una sola piazza.
<< Non é ridicolo che nonostante siamo le persone piú vicine tra quelle che conosciamo, teniamo comunque dei segreti tra di noi? >>
<< Comincia rivelando i tuoi allora. >>
<< No, comincia tu. >> sbadigliai.
<< Niente da fare. >>
<< Che palle. Un giorno tutti i nodi verranno al pettine e io risolveró tutti i tuoi misteri, fratello. >> roteai gli occhi che mi si stavano chiudendo.
<< Per quanto sappia quanto puoi essere determinata, spero tanto che tu non ci riesca mai, sorellina. >>
Non seppi mai se lo disse veramente o lo sognai, perché stavo già dormendo; ero protetta e al sicuro, e sapevo che mio fratello vegliava su di me.
Che cosa stupida e presuntuosa da parte mia, non essermi mai chiesta chi lo facesse su di lui.
Lo ammetto, mi vergogno un po': anzi, mi sento in colpa.
Ho abbandonato la storia per un mese pur avendo detto che avrei aggiornato ogni sabato, lo so.
Mi piacerebbe poter usare la scusa del blocco dello scrittore, ma avevo già le idee chiare su questo cortissimo capitolo di passaggio, semplicemente mi mancava la voglia di scriverlo.
Dopo aver passato gli esami diciamo che la mia concentrazione é stata assorbita dal passare da una festa all'altra, cercando di godermi appieno gli unici venti giorni di completa vacanza e spensieratezza di questa mia estate.
Mi raccomando, non prendete mai debiti in tre materie molto importanti.
Anzi, ancora meglio, non fate il liceo classico.
Poi é riniziata la scuola, e io ho cambiato sezione, compagni e professori, e mi sono concentrata nel cercare di fare buona impressione.
Per fortuna, anche se certi (altri per niente) vecchi compagni mi mancano molto, quelli nuovi sembrano molto uniti e simpatici e mi sto già ambientando.
Comunque, non sono qui per raccontarvi la storia della mia vita (la leggerete quando saró vecchia nella mia biografia), ma quella di Evan e Lyanna: non ho molto da dire a parte che tremo al pensiero di dover buttare giú i prossimi capitoli, che sono davvero importanti e costituiranno una bella sfida...
Se avete domande, critiche, dubbi o incoerenze da indicarmi, non fatevi scrupoli e insultatemi tramite una recensione!
Giuro che non mi offendo, perché sono la prima ad essere un po' cattivella in quelle che lascio in giro per wattpad... a questo proposito, se avete storie carine da segnalarmi, io saró felice di dare un'occhiata :)
Per ora é tutto, al prossimo capitolo,
Lisa
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What's wrong with Evan
Mystery / ThrillerLyanna Roberts ha dovuto convivere per diciassette anni con le stranezze di suo fratello gemello Evan: freddo e calcolatore, carico di odio e rabbia repressi, apparentemente incapace di relazionarsi con chiunque a parte sua sorella, Evan Roberts é e...