2. eyes on me

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La scuola è ormai iniziata da due settimane ma per me quello sarebbe stato il primo giorno. Svegliarsi il lunedì mattina alle sette non è una tra le mie cose preferite ma credo che all'intero globo non piaccia. Dopo essermi lavata e preparata indosso delle scarpe di pezza e contro voglia scendo al piano inferiore dove regna l'assoluto silenzio mentre i miei genitori fanno colazione.

Da quando sono tornata ho cercato in tutti i modi di evitare delle conversazioni con loro e di divincolarmi da situazioni scomode.

Qualsiasi dettaglio delle mie giornate mi fa ripensare a lui. E per questo cerco di evitare il contatto con i mie famigliari. Non so cosa potrebbe succedere se solo lo nominassero. Potrei crollare.

Esco di casa senza aver fatto colazione e mi incammino verso scuola cercando di svuotare la mia mente e di concentrami su qualsiasi altra cosa. Infilo le mani nelle tasche della giacca per il freddo e non mi rendo nemmeno conto che una Jeep nera mi ha affiancata e mi sta seguendo a passo d'uomo.

— Hey tu! — Esclama una voce maschile, sorpresa giro la testa trovandomi al volante di quell'auto il figlio dei nostri nuovi vicini che mi scruta curioso.

— Stai andando a scuola? — Alzo un sopracciglio interdetta, cosa vuole?
— Si — Rispondo brevemente e accelero il passo, evitando qualsiasi discorso. Ma lui non sembra arrendersi e mi affianca una seconda volta.

— Vuoi un passaggio? — Propone e non riesco a decifrare il modo in cui lo dice e soprattutto non riesco capire le sue intenzioni.

— Non serve, grazie. Ho voglia di farmi un passeggiata. — Cerco di chiudere il discorso con educazione, ma lui non demorde.

Alza gli occhi al cielo e sbuffa. — Arriverai in ritardo. — Perspicace il ragazzo, mi dico tra me e me.

— Cosa ti importa scusa? — Sputo seccata infilandomi gli auricolari alle orecchie. Odio le persone insistenti solo perché sono consapevole di poter cedere facilmente.

Lo sento soffiare pesantemente con un'espressione seccata. — Ci vediamo in giro allora. — Finalmente decide di lasciarmi in pace e sfreccia via. Ma è consapevole dei limiti di velocità?

Guardo di sfuggita l'ora, è tardissimo ma non mi pento di non aver accettato il passaggio. Quel ragazzo per quanto sia bello di aspetto il suo carattere lascia a desiderare.

Venti minuti dopo arrivo davanti a scuola. Erano tre mesi che non vedevo quel posto, l'ultima volta che ero stata lì era il giorno della consegna dei diplomi. Una giornata che avrebbe dovuto essere felice per la nostra famiglia, il primo genito stava per raggiungere un traguardo importante, diplomarsi. Saremmo dovuti andare a cena fuori quella sera, divertirci e festeggiare insieme a Clay, ma quella giornata si rivelò soltanto una tragedia.

La giornata più brutta della mia esistenza.

I corridoi sono mezzi vuoti, noto soltanto qualcuno che di fretta si reca in classe. A me invece non mi calcola nessuno, odio l'idea di dover sostenere gli sguardi di tutti addosso. La nostra città è piccola, tutti sanno cos'era successo.

Mi reco al mio armadietto dove ancora ci sono tutti i libri dall'anno precedente. Non ho la più pallida idea di che lezione abbia alla prima ora.

Chiudo lo sportello senza prendere nulla e non impiego molto a leggere sul tabellone i miei orari.

Cammino a passo lento verso la mia prima ora, nonostante la campanella sia suonata da vari minuti. Non me ne curo più di tanto, l'ansia di avere gli occhi tutti puntati addosso supera ogni minima preoccupazione.

Entro e come avevo già intuito, sono al centro dell'attenzione nella mia classe di letteratura. Anche l'insegnante mi fissa ma non dice niente. Lentamente prendo posto all'unico banco vuoto, uno vicino alla finestra e la lezione inizia.

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