10. Il passato di Chuichi - 1°parte

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Cammino tranquillamente per i corridoi, in compagnia di Nasha che, come me, sta uscendo fuori dall'edificio scolastico.
Purtroppo, Leya e Fen non hanno potuto raggiungerci, a causa di alcune lezioni supplementari.
È davvero un peccato, dato che, in quest'ultima settimana, abbiamo passato tutto il nostro tempo libero insieme.
Devo ancora abituarmi a questa nuova vita movimentata, e vorrei solo...che qualcosa in me si smuovesse.
Persino Nasha, dura com'è, è in grado di sfoggiare sorrisi sinceri che, d'altro canto, confermano il suo lato dolce.

Raggiungiamo le porte che conducono al cortile, ma non facciamo in tempo a mettere entrambi i piedi sulla ghiaia, ché un botto ci costringe a voltarci verso gli armadietti.



CAPITOLO 10: "IL PASSATO DI CHUICHI - 1°PARTE"



<< PEZZO DI MERDA! NON PARLARE DI LUI COSI'! >>

È Maekawa: tiene un ragazzo bloccato all'armadietto, stringendogli il colletto della camicia.
Il ragazzo dai capelli verdi ha un sorriso beffardo e leggo un velo di perfidia nei suoi occhi smeraldo.

<< Coraggio, colpiscimi. Superhero. >> Dice incitando il rosso.

<< Sei proprio come quell'idiota... >> Sussurra infine.

Ed è qui che vedo Chuichi, ancora più infuriato di prima, pronto a sferrare un pugno sul suo bersaglio.

<< Signorino Maekawa! >>

L'improvviso richiamo della direttrice blocca il rosso dal compiere la sua azione, mentre gli sguardi dei presenti, nel frattempo radunati, sono concentrati su di lei, che continua:
<< Non le è permesso usare il suo alph fuori dalle aule, ricorda? >>

Lo sguardo di Chuichi si fa cupo, ma il suo ghigno di rabbia non svanisce e il suo pugno tremolante è ancora invaso da piccole scosse elettriche.

<< Chuichi...non farlo, non ne vale la pena. >>

Solo la voce di Arlo sembra riportarlo alla realtà. Difatti, il rosso ritira la mano e rilascia il verde, anche se in malo modo.
Fa per allontanarsi, ma non prima di aver lanciato al ragazzo un'ultima occhiata piena d'odio.

Sento un sussurro da parte di Nasha:
<< Ji-Woo, brutto- >>

Mentre Didier cerca di sgomberare il corridoio, sento da alcuni ragazzi che il motivo della lite riguarda un certo Paki e, solo voltandomi finalmente verso la mia amica, mi rendo conto che anche lei sembra turbata dalla situazione, forse tanto quanto Chuichi. E i suoi pugni stretti e lo sguardo basso me lo confermano.
Poggio una mano sulla sua spalla, sorprendendola.
<< Tutto bene? >>

Mi fissa con sguardo vuoto, poi si riprende.

<< Ah, certo. Tranquilla, piccoletta. >> Mi dice affettuosamente dal suo metro e settanta, scompigliandomi i capelli.

<< Ora però, scusami, ma devo andare. >> Conclude dileguandosi.

Perché finiscono tutti per fingere?

Cerco di abbandonare i miei pensieri, ma l'immagine della lite appena avvenuta mi torna alla mente.
Non riesco a non pensare all'espressione di Chuichi, il suo reprimere la rabbia e poi quel nome, Paki, è lo stesso che una volta la professoressa Sanna chiamò durante l'appello, e questo non fa altro che rendermi ancora più curiosa.

Al dormitorio, incrocio Monti e Fen, ma entrambi si dileguano con una scusa.
Neanche Meyer è in grado di chiarire i miei dubbi, ma in fondo lui e Mallory sono arrivati qui solo lo scorso anno.
Quando ho ormai perso le speranze, ecco che mi ritrovo Arlo a qualche metro di distanza: è il miglior amico di Chuichi e, dato che l'argomento riguarda lui, saprà sicuramente rispondermi.
Istintivamente, lo fermo e lui non ne sembra sorpreso.

<< Dimmi pure, Eri. >>

Il suo tono è gentile.

<< Arlo...Non voglio prenderti tempo, quindi te lo chiedo e basta. >>

Mi soffermo un attimo, poi continuo: << Chi è Paki? >>

Ancora una volta non cambia espressione, quasi come si aspettasse questa esatta domanda da parte mia.

Sorride e mi mette una mano sulla spalla.

<< Questo...dovresti chiederlo direttamente a lui, non credi? >>

Mentre Arlo si allontana da me, capisco che ha ragione. E non c'era affatto bisogno di nominare apertamente Chuichi, per comprendere il soggetto delle sue parole. In fondo, uno come lui non gradirebbe mai che mi impicciassi dei suoi affari tramite qualcun altro.

Non lo vedo in giro, ma so già dove trovarlo e, di istinto, mi dirigo verso le scale.
Questa volta la porta è socchiusa. Non lo facevo così distratto. Piano piano, raggiungo il tetto, silenziosa, ma...

<< Cosa vuoi, Herrera? >>

Sembra avermi sentita ugualmente, anche se scambiandomi per il suo migliore amico.

Si volta e, finalmente, scopre di essersi sbagliato.

<< Ah, sei tu. >> Dice, riassumendo la posa di prima.

Lo raggiungo e mi siedo anch'io sul pavimento.
Da questa distanza ravvicinata, riesco chiaramente a distinguere le sue emozioni.

<< Sembri deluso. >> Dico, senza guardare dalla sua parte.

<< Nah, in fondo tu sei più carina di Arlo. >> Dice a sua volta, con finta aria da donnaiolo.

Davanti al mio silenzio, si rassegna e sospira, lasciandosi cadere la testa all'indietro.

<< Allora, scommetto che vuoi sapere come mai stavo per fulminare quel deficiente di Ji-Woo, giusto? >> Mi chiede, con un leggero sorrisino.

<< Più che altro, mi è dispiaciuto. Sarebbe stato divertente.>> Rispondo.

Lui, dapprima confuso, assume un'espressione divertita.

<< Ahah. Maddai, sei pure sarcastica adesso? >>

<< Si, hai ragione. In quel caso, mi sarei beccato volentieri uno di quei braccialetti. >> Continua.

Per la cronaca, si riferisce agli accessori di contenimento dell'alph ideati dalla direttrice. Ne ho solo sentito parlare, ma non credevo fossero arrivati a tanto con lui.

Rimane un attimo in silenzio, poi mi chiede: 

<< Quindi? Cosa vuoi sapere? Sei curiosa, giusto? >> 

<< In effetti lo ero, ma sai una cosa? Mi è bastata la tua reazione per capire quanto questo Paki sia importante per te...E anche quanto fastidioso sia Ji-Woo Lee. >>

Lui si rasserena.
<< In fondo, è bello avere ragione una volta tanto. >>

E, con un leggero risolino, continua:
<< Non è che io non voglia raccontarti i particolari della mia vita interessante. >> Ironizza.
<< È solo che potrei anche...>>

<<  Dire ciò che pensi e ciò che provi realmente? >> Lo anticipo.



CHUICHI'S  P.O.V.

Mi spiazza.
È incredibile quanto questa ragazza riesca a capirmi.
È come se fossimo simili, e il pensiero che anche lei nasconda un passato sofferente mi assale.

Di scatto, mi giro verso di lei, non trovando la giusta maniera per ammettere che abbia ragione.
Decido di alzarmi e raggiungo la ringhiera, alla quale mi appoggio accendendo una sigaretta.
E, cercando di assumere un tono più naturale possibile, comincio a raccontare...

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