Capitolo 2.

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Dopo l'incidente mi sono sempre rifiutata di viaggiare in macchina, ma oggi è un giorno speciale.

Oggi tutto cambierà e ciò che era una volta strano o proibito per me, diventerà presto d'abitudine.

«Pronta?» mi chiede mia zia titubante.

«Pronta.» le rispondo convinta.

Nettuno, sto per atterr-arrivare, sto per arrivare...

Bella, cerca di svegliarti! L'auto-sarcasmo non è un bel modo di affrontare la cosa.

Probabile, ma almeno evito di pensarci per ogni fottuto secondo delle prossime terribili otto ore.

Dopodiché, mia zia accende il motore e parte, mentre io mi concedo totalmente alla musica, nella speranza di prendere un po' di sonno e alleviare questa tortura.

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Grazie al benedetto santo del giorno (Dio mi sembrava banale) e alla mia natura pigra e nullafacente, ho effettivamente dormito metà del viaggio e, nonostante tutte le mie aspettative, ora è molto peggio.

Il fatto è che riposare mi ha reso più attiva, di conseguenza tesa, di conseguenza mi sono praticamente messa a fare la sentinella.

Ad ogni macchina che ci sorpassava, o che cambiava corsia davanti a noi, io mi mettevo a torturare il braccio di zia Catia, puntando l'ennesima macchina in questione e intimandole di tenerla d'occhio.

E meno male che il guidatore non dovrebbe mai essere disturbato...

Esiste un modo per spegnerti?

Sì certo, tirati una padella in faccia e poi vedrai come non parlo più!

Mi fai un botto ridere guarda...

Ti fai un botto ridere, semmai

Eh?!

Lascia perdere, te lo spiegherò quando sarai diventata intelligente, quindi penso che morirai col dubbio.

Sbuffo sonoramente e zia si gira per un secondo a guardarmi, per poi tornare con lo sguardo attento sulla strada.

«C'è qualche problema Izzy?» chiede un po' preoccupata.

Piccola parentesi: nessuno e ripeto, nessuno può chiamarmi Izzy tranne zia Catia.

Non fraintendetemi, è un soprannome che mi piace da morire ed è molto affettuoso, ma da quando in prima media hanno cominciato a storpiarlo in "Grizzly", beh...diciamo che mi è passata la voglia di utilizzarlo.

Preferisco "Isa" o "Bella" in pubblico perché al massimo solo l'ultimo può essere usato per offendere intendendo l'esatto contrario e, fidatevi se vi dico che è successo parecchie volte, ma avevo imparato a non farci neanche più caso.

Alias, Catia lo utilizza solo se c'è qualcosa che non va.

Che può essere in lei, o in me...la maggior parte delle volte è soprattutto in me.

«Si...si...non ti preoccupare, stavo solo pensando» rispondo, anche se con un attimo di esitazione iniziale.

«Ascolta, so quanto sia difficile per te tutto questo...partire per l'accademia di polizia, nuova città, nuove persone, nuovo appartamento-» non la faccio finire che specifico.

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