Secondo giorno Rabelle

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Mi svegliai esattamente con gli stessi pensieri con cui mi ero addormentata: Christopher, il suo sorriso finché mi parlava, la sua gentilezza e il suo aiuto per cacciare quegli stupidi.

Buttai indietro le coperte e mi alzai sbadigliando. Aprii l'armadio e cercai qualcosa di carino da mettere.
Guardai i miei vestiti piegati con cura e feci una smorfia. Qualsiasi cosa che mi mettevo era lo stesso, mi avrebbero presa in giro comunque.

Era sempre stato così, fin dalle elementari. Per fortuna mi trasferivo spesso, non stavo nella stessa scuola per più di due anni. E mi andava più che bene, visto che ogni volta ero vista come un fenomeno da baraccone bilingue con un nome strano e schifoso.

Cosa ho che non va??

Me lo chiedevo sempre. Non ho mai trovato una risposta esauriente.

Ero brutta? Mamma diceva di no, che ero bellissima come lo era mia nonna da giovane. Papà aggiungeva che tra un paio d'anni avrei potuto lavorare nello studio fotografico insieme alla nonna Mary. Io chiudevo il discorso con un sì poco convinto, mentre i miei genitori si guardavano complici sorridendo, come a dire "cambierà idea". In verità mi sarebbe piaciuto moltissimo lavorare da mia nonna ma avevo troppa paura di essere giudicata per quella che ero.

Avevo un nome così brutto? I miei genitori dicevano che era un nome da principessa e mi si addiceva molto.
A me piaceva... Ma raramente agli altri.

L'intero mondo sembrava essere fatto di persone uguali, con nomi comuni, che vestivano e parlavano allo stesso modo. Chi era diverso o si adattava o veniva perseguitato tutta la vita.

Avevo provato ad adeguarmi e a comportarmi come gli altri ma non andava mai a buon fine. Agli insuccessi di integrazione con i miei nuovi compagni papà commentava: "Tesoro, non puoi cambiare per piacere agli altri. Sii te stessa e vedrai qualcuno ti accetterà per quello che sei. E se ti prendono in giro, testa alta e ignorali". Io lo guardavo affranta, ma non protestavo.

Da quella volta avevo imparato a sopportare tutto e tenere a bada le emozioni nascondendomi dietro una maschera e chiudendomi in una fortezza invalicabile.

Mi riscossi dai miei pensieri. Guardai la scrivania, circondata di scatoloni che non volevo disfare. Sopra, c'era un vestito che mi aveva preso papà durante l'ultimo viaggio di lavoro.

Ero diversa? Meglio così che essere uguale a quella massa di finti perfetti.

Indossai il vestito, un paio di leggins, presi la cartella e scesi in cucina.
Mamma mi stava preparando la colazione.

"Buongiorno Rabelle" mi salutò sorridendomi.
"Ciao mami" cercai di sorridere a mia volta ma con scarso risultato.
"Su dai, vedrai che trovi qualcuno... Io scappo tesoro, ci vediamo stasera"
"Buon lavoro"

Mamma prese le chiavi della macchina e uscì. Io finii la mia colazione con calma. La voglia di andare a scuola stava diminuendo minuto dopo minuto.

L'immagine di Christopher che mi sorrideva invase per l'ennesima volta i miei pensieri. Non sapevo cosa pensare di lui.

Era un ragazzo gentile, indubbiamente bello e anche simpatico. All'inizio pensavo che volesse farmi abbassare la guardia per poi deridermi e invece si è mostrato cordiale fino a quando mi aveva salutato. Mi aveva salvato da quei ragazzi e si era perfino preoccupato per me ma...

Ma la gente non lo faceva mai per aiutarmi. C'era sempre un secondo fine. E io volevo anzi dovevo scoprire il suo, prima che potesse illudermi e distruggere la mia fortezza.

Mi alzai di scatto, misi la tazza nel lavandino, presi la cartella e uscii di casa.

FAIL La regina di cuoriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora