L'odore di vecchio sta iniziando a essere insopportabile ma mai quanto gli anfratti in cui i topi continuano a nascondersi. Quando squittiscono sembrano quasi deridermi.
«Val?»
Chiedo al vuoto: sono sicuro che era lei a chiamarmi, che è stata lei a urlare. Il topo squittisce, poi scompare nell'oscurità. Addio bonus alla cena. Almeno ce ne sono due nella trappola che stavo cercando di recuperare.
Torno sui miei passi, svoltando l'angolo: la torcia per terra non è la mia. Con una mano stringe il bordo del lavandino, sembra quasi lo voglia spezzare a mani nude; l'altro braccio è attaccato al corpo.
«Val? Che succede? Ehi...»
«Il... il braccio...» mormora dopo aver ripreso fiato. Nonostante la fioca luce della torcia, il petto si alza e si abbassa rapidamente.
«Che succede? Torniamo di sopra?»
«Sì» mormora staccandosi lentamente. Alza lo sguardo, portando la mano sul braccio, all'altezza della ferita. «Non volevo... interromperti».
«Abbiamo ancora qualche razione, i topi... non sono così importanti adesso». Raccolgo prima i coltelli e poi la sua torcia. «Andiamo».
Rimane in silenzio per tutto il tragitto, si lascia cadere sul suo materasso e si passa le mani sulla faccia. Appoggio le torce su un mobiletto dai cassetti bloccati, afferrando la borraccia; il liquore all'interno sciaborda appena mentre allungo il braccio verso di lei.
L'afferra con riluttanza, continuando a guardarsi intorno.
«Siamo da soli, che hai?»
«Non lo so. Non capisco il perché del dolore, non l'ha mai fatto».
«No?»
Stappa la borraccia, bevendo un sorso. «No, voglio dire... prima che ci fermassimo avevo sentito un leggero dolore, ma...»
«Perché non me l'hai detto?»
«Perché pensavo di averci dormito sopra» risponde prima di ripassarmi la borraccia. Si pulisce le labbra con il polso, poi sospira, piegando le gambe. «Non ci avevo fatto nemmeno troppo caso – alza appena le spalle – voglio dire, non era altro che un fastidio».
«Potrebbe essere collegato agli Immortali?»
«A quel che mi hanno fatto? No, non lo so. L'unica persona che mi diceva qualcosa si perdeva tra dare il buongiorno e parlare del suo gatto. So più di lui che dei loro progetti» risponde alzando lentamente la manica, come se avesse paura di quel che possa vedere. La benda è macchiata di scuro in alcuni punti. Rimane immobile, con la mano libera ferma a poca distanza dal nodo; alza lo sguardo verso di me, glielo leggo negli occhi che ha paura. Ha paura di quel che si nasconde lì sotto.
Mi siedo sul materasso accanto a lei; sposta con riluttanza il braccio verso di me, tenendo il palmo rivolto verso l'alto.
«È meglio cambiarla, vero?»
«Avremmo dovuto farlo prima».
«Non volevo... sprecare bende. Potrebbero servirci».
«Val». Sospiro, stringendo la sua mano tra le mie. «Sei tu quella ferita. Non... non devi preoccuparti di queste cose. Ce la caveremo, nel caso».
«Non abbiamo nient'altro che poche cose e non c'è niente qui fuori. Che dovremmo fare?»
Le accarezzo una guancia, senza lasciare andare la mano. «Ce la siamo sempre cavata, perché adesso dovrebbe essere diverso?»
Socchiude gli occhi, inclinando appena la testa per ricercare un contatto più profondo. «È... per una sensazione, credo».
«I cartelli indicavano che siamo arrivati... possiamo andare a controllare, no?»

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Superstiti
Science FictionCiò che si conosce non esiste più sulla Terra dopo una guerra atomica che ha fatto precipitare il mondo nel caos. Niente più Stati. Niente più confini. Niente più nomi. Solo morte, guerra e distruzione. E se molti vedono nella morte un modo per sfug...