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Un vecchio amico

Una macchina bianca e blu sgommò sul vialetto che portava ad una villa dall'aria antica: pietre color beige costituivano le quattro mura della accogliente e allo stesso tempo un po tetra casa posta in mezzo ad un verde prato tagliato da poco e umido di pioggia, un melo là vicino era usato nelle calde e soleggiate giornate d'estate come ombra naturale, sotto ad esso un tavolino di legno e tre seggiole erano disposte ordinatamente ai piedi del tronco.

La portiera dell'auto si aprí, un ometto poco più alto di un metro e sessanta scese dal posto del passeggero. Le scarpe in lucida pelle nera incominciarono a camminare facendo scricchiolare sotto alle suole i rosei sassolini di ghiaia che coprivano la terra nuda del vialetto. La pioggerellina leggera si raccoglieva in grosse gocce luccicanti sulle spalle dell'uomo, coperte da una pesante giacca nera, e sul cappello dalla tipica visiera corta da poliziotto di colore blu scuro. Il volto in penombra sembrava quello di un cadavere per quanto era pallido, gli occhi grigi ed affilati davano l'impressione di sprofondare nelle evidenti occhiaie, ciocche di capelli corvini sfuggiti alla presa del copricapo cadevano ai lati della fronte, corrugata come solcata da onde. Fra le labbra un mozzicone ormai quasi consumato di sigaretta tirava i suoi ultimi respiri prima di essere gettata a terra e spiaccicata contro la ghiaia bagnata.

Alcuni poliziotti facevano la guardia alla porta sbarrata da un nastro bianco e rosso; l'uomo si avvicinò ad essi, tirando fuori dal giaccone il distintivo con foto identificativa e nome accanto al dorato simbolo di commissario, sotto il suo viso spento e fisso sulla carta, delle lettere geometriche e pulite recitavano: Levi Ackerman.

Entrò nella casa, sollevando con un leggero ed elegante movimento il nastro colorato. All'interno diversi medici della scientifica nei loro tetri completi bianco asettico gironzolavano indaffarati con mani occupate ad appuntare qualcosa su un blocchetto o a scattare delle fotografie in posti che Levi riteneva completamente inutile guardare. Diversi agenti guardavano annoiati lavorare gli omini in bianco, appoggiati ad una parete o seduti su di una sedia del mobilio che gli scienziati avevano già finito di analizzare.

"Eccola finalmente, venga signor Ackerman, i corpi sono di sopra" disse un uomo molto alto e dai capelli biondo sporco.

"Moblit, buongiorno anche a te" rispose freddo il corvino, seguendo il nuovo arrivato su una rampa di scale a chiocciola che salivano al primo piano.

Di sopra c'erano ancora più medici e agenti di quanti erano al pian terreno, tutti entravano e uscivano da una stanza dalla porta in legno che Levi notò essere stata bucata da diversi proiettili. 'Dunque non è stata una lotta fra lupo e pecora, in questo caso anche l'ultima si è difesa con unghie e denti' rifletté, entrando a gran passi in quella che poté definire camera da letto.

Due corpi senza vita giacevano sul parquet macchiato di sangue incrostato. Si trattava di un uomo e una giovane donna: il primo aveva la faccia tumefatta, quasi irriconoscibile per la quantità di lividi e rigonfiamenti verdognoli presenti sul volto, mentre la seconda aveva un grosso buco sulla fronte, anche lei aveva un occhio livido e il labbro inferiore spaccato da una notevole escoriazione violacea. Non c'era alcun dubbio, entrambi erano stati uccisi brutalmente.

"Ebbene, non dici niente?" chiese stupito Moblit rivolgendosi all'impassibile investigatore che contemplava la scena.

"La tua voce mi infastidisce, non credo di doverti riferire nulla. Cos'ha verificato il medico legale?" rispose freddo, non degnando il suo interlocutore nemmeno di uno sguardo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 22, 2020 ⏰

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