Capitolo 4

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Clarissa


Appena apro gli occhi, sabato mattina, vengo percorsa da una scarica di adrenalina all'idea di ciò che mi aspetta. È un giorno importante sotto molti punti di vista. Stasera mi metterò finalmente alla prova correndo con la mia auto contro degli sconosciuti e davanti a una folla urlante pronta a giudicare ogni mia singola mossa. Mando giù il groppo che mi si è formato in gola. E se facessi schifo? E se metessi in imbarazzo Ethan fino a farlo vergognare di stare con me? Scaccio subito questo pensiero: Ethan mi ama tanto quanto io amo lui, di questo sono certa. E so che non gli importa nulla del risultato della gara. Me l'ha detto più di una volta. Anzi, a dire il vero, ha cercato anche di dissuadermi dal correre, all'inizio. Non l'ha detto chiaramente, ma ho capito che teme possa farmi male e so che non sopporterebbe se mi accadesse qualcosa. Scuoto la testa e mi alzo velocemente dirigendomi in bagno. Fisso il mio riflesso allo specchio e, come spesso, stento quasi a riconoscermi. Riesco a vedere chiaramente i cambiamenti che ho subito da quando sto con Ethan: i miei occhi sono accesi di un'emozione che non riconosco, la pelle è radiosa e mi riesce difficile smettere di sorridere. Senza contare che la sua sicurezza ha contagiato anche me. Non vivo più all'ombra di me stessa. E devo tutto a quel meraviglioso "cattivo ragazzo". Rido tra me e me e arrossisco immediatamente appena ricordo il programma completo della serata, quella parte di cui Ethan non è ancora a conoscenza... Sono riuscita a ottenere il permesso di dormire da Sara, questa sera, ma lui non lo sa. Sarà una sorpresa. È stata un'impresa ardua e ho dovuto supplicare a lungo i miei genitori, promettendo ottimi voti fino al termine dell'anno scolastico, ma alla fine l'ho spuntata. Ovviamente non sono troppo propensi a lasciarmi dormire nella stessa casa insieme al mio ragazzo, ma vogliono fidarsi di me. E forse non dovrebbero.

Mi mordo il labbro mentre frugo nell'armadio alla ricerca di qualcosa di adatto da indossare. Sono già quasi le otto e con i ragazzi siamo d'accordo di vederci direttamente alla tavola calda in centro per cenare tutti insieme, prima di andare alla zona industriale abbandonata. Fortunatamente Condor ha organizzato lì la mia prima gara. Questo mi dà un leggero vantaggio e un po' di sicurezza in più, visto che ormai conosco il percorso come le mie tasche per tutte le lezioni di guida spericolata che Ethan mi ha impartito proprio lì. Sbuffo frustrata e alla fine afferro un paio di shorts di jeans e una canottiera nera. Sulla schiena ha diversi strappi che la lasciano in pratica del tutto scoperta. Mi allaccio le mie immancabili Converse bianche borchiate e finisco di truccarmi.

Una volta pronta, raccolgo le ultime cose e le infilo a casaccio nella borsa. Mi precipito giù per le scale e l'agitazione si fa sentire sempre più.

«Clarissa», mio padre mi chiama mentre passo davanti al salotto. Mi blocco sul posto e gli vado incontro esitante. Spero non voglia rimangiarsi il permesso di dormire fuori. Quando entro in salotto lo trovo seduto sulla sua solita poltrona con un giornale appoggiato sulle gambe e le mani intrecciate in grembo. Ha un'espressione così seria da far paura. Sposto il peso a disagio da un piede all'altro, mordendomi il labbro. «Voglio fidarmi di te. Non mi deludere», dice semplicemente.

Annuisco a capo chino, evitando il suo sguardo, per non mostrargli la mia espressione colpevole. Per fortuna in quel momento arriva mia madre.

«Smettila, Alexander! Clarissa non ci ha mai delusi. È una ragazza con la testa sulle spalle e si sta impegnando tanto per rimediare alle disattenzioni dell'ultimo periodo. È giusto darle un po' di respiro!», replica lei guardando severamente mio padre. Resto sorpresa dal fatto che abbia preso le mie difese, e il senso di colpa si fa ancora più pesante. Mia madre si volta poi a guardarmi e mi fa l'occhiolino, sorridendomi complice. Possibile che immagini qualcosa?

«Sarà meglio che vada o arriverò tardi. Ci vediamo domani», mi affretto a salutarli e a girare sui tacchi, uscendo di casa prima che decidano di rinchiudermi dentro.

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