Nel centro della stanza, immerso nella penombra della debole lampadina sopra la sua testa, quell'uomo sedeva sul suo divano in pelle, bianco come la neve che tanto lo aveva fatto soffrire di recente.
Si lasciò andare sul divano, guardando con aria triste un punto imprecisato nel buio, quasi avesse paura che qualcuno potesse essersi nascosto nelle tenebre.
Disse a sè stesso che non era possibile, non doveva pensarci neanche, ormai lì era al riparo.
Chiuse gli occhi e sospirò, pensò che gli sarebbe piaciuto uscire di nuovo alla luce del sole, respirare di nuovo l'aria del suo paese, della sua patria.
Si lasciò sfuggire un sorriso amaro, trovava ironico il fatto che lui, che tanto aveva amato, e tanto aveva fatto per il suo paese, che aveva sacrificato la sua vita ad esso, fosse adesso costretto in quelle condizioni, impotente davanti agli avvenimenti esterni al guscio in cui si era rinchiuso.
Sentì una mano delicata sovrapporsi alla sua, e sobbalzò, perso come era nei suoi pensieri e ricordi. Si voltò e vide gli occhi spaventati di quella che poche ore prima era diventata sua moglie, quegli occhi azzurri che erano sempre stati così fermi al suo fianco, ormai rivelavano la femminilità nascosta nelle profondità della sua anima, il desiderio insoddisfabile di essere protetta.
Accennò ancora una volta un sorriso, anche con i suoi occhi spenti e consumati dal tempo, conscio che ciò non avrebbe cambiato minimamente la situazione disperata in cui si trovavano.
Gli cadde lo sguardo sull'orologio dorato appeso alla parete lievemente illuminata, non abbastanza da non doverlo far faticare per vedere le posizioni delle lancette sul quadrante.
Era ora.
Afferrò una ciotola dal tavolo in legno davanti a lui, all'interno vi erano diverse capsule dello stesso bianco del divano su cui sedeva.
Aveva nutrito dei dubbi sulla loro efficacia in precedenza, ma con la scomparsa prematura di Blondi, erano stati fugati.
Non voleva farlo, ma sapeva che rientrava tra i suoi doveri.
Le vecchie mani si avvicinarono tremanti al contenitore, per poi venire ritratte e avvicinate una, decisiva, volta ancora.
Afferrò due confetti, e ne porse uno alla donna al suo fianco, con uno sguardo che esprimeva i suoi sentimenti più di infinite parole.
Mentre ingoiava il veleno, gli passarono davanti agli occhi tutti gli eventi di quegli anni: il periodo da pittore, il carcere, il successo politico, a dichiarazione di guerra alla Polonia e alla Russia, quando niente sembrava fermarli e tutti lo osannavano. Poi il buio, la ritirata disperata dei suoi ragazzi, i milioni di corpi lasciati indietro nel tempestoso ritorno a casa da ogni dove. Si sentì gli occhi lucidi, e portò istintivamente una mano alle palpebre: piangeva.
Piangeva per non essere riuscito a mantenere fede a ciò che aveva detto, per non essere stato all'altezza di combattere un mondo coalizzato contro di lui, mentre i suoi pochi amici venivano uccisi da coloro che si chiamavano difensori della libertà.
Decise che poteva bastare così.
Afferrò, stavolta con mani decise, la PPK che portava alla fondina per autodifesa, e la portò lentamente alla tempia.
Ringraziò Eva per essere stata al suo fianco, e, seduto sul divano, premette il grilletto.30 Aprile 1945, Führerbunker, 15:30
Adolf Hitler si toglie la vita intrappolato nel suo bunker a Berlino, circondato dai sovietici, dopo aver tentato in tutti i modi di evitare quello che sarà il finale della seconda guerra mondiale.
La guida della Germania passa al Grandammiraglio Karl Dönitz, che verrà poi processato e condannato a 10 anni di prigione durante il processo di Norimberga.
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Storie di guerra
Historical FictionRacconti a tema bellico, più o meno lungo a seconda della storia. Commenti e critiche costruttive sono più che ben accetti.