La Regina dei Mari era salpata da poche ore dal porto della capitale e procedeva motori al massimo verso il punto stabilito per l'incontro con il resto della flotta.
In lei erano riposte le ultime speranze di un intero popolo.Nonostante l'enorme peso della responsabilità che gravava sulle loro spalle, gli uomini a bordo erano sicuri e determinati a portare a termine la loro missione; il fallimento non era contemplato.
Le onde dell'Oceano sospingevano l'enorme nave e l'inadeguata scorta verso sud-ovest, nelle braccia del nemico che attendeva in agguato, pronto a colpire a morte.
Nonostante ogni pronostico gli fosse sfavorevole, il morale tra i membri dell'equipaggio non era teso quanto ci si sarebbe aspettati, regnava anzi un'atmosfera di eccitazione e impazienza nei confronti dello scontro imminente, l'onore della possibilità di una morte in battaglia vanificava ogni paura.Su una delle navi scorta, nello stesso momento, un giovane ragazzo, troppo giovane per arruolarsi, stava di vedetta, i sensi tesi verso la linea dell'orizzonte, pronto a comunicare l'avvistamento di qualsiasi possibile minaccia.
Volse meccanicamente lo sguardo verso est, dove il sol levante si innalzava con lentezza quale arbitro dell'ennesima battaglia.Inizialmente un solo puntino nero sospeso, in contrasto con i raggi del sole, quasi come un uccello marino, appave in lontananza, seguito a breve da due, tre, dieci, centinaia di velivoli in livrea azzurra, un intero sciame che si librava nel cielo diretto verso la piccola flotta.
Le sirene degli allarmi spezzarono il suono monotono dei motori, gli ordini degli ufficiali tuonavano perentori sui ponti delle navi mentre i marinai correvano freneticamente ai posti di combattimento.
Era l'ultimo ostacolo, Okinawa li attendeva, attendeva i salvatori.
Lo stormo ormai era ben definito, centinaia di aerei puntavano verso la nave al centro della formazione, che attendeva paziente con ogni arma puntata.
Un ordine risuonò simultaneamente in ogni radio, semplice quanto efficace: "Fuoco." Il cielo si riempì immediatamente delle nuvole nere dei colpi dell'artiglieria contraerea e delle scie brillanti dei proiettili traccianti delle mitragliatrici fisse.
Gli attaccanti venivano a ondate a ripetizione, e nonostante molti si inabissassero lasciandosi dietro una scia di fumo nero prima di colpire l'acqua, la contraerea faticava a mantenere il ritmo, e via via venivano colpite sempre più postazioni.
Le navi scorta vennero colpite una dopo l'altra, e iniziarono a perdere terreno nel tentativo di spegnere gli incendi a bordo e riparare i danni, sotto il costante tiro delle bombe e dei siluri aerei.
E infine, un istante, un varco nello sbarramento contraereo ed arrivaroni a Lei.Il primo colpo, una bomba, bloccò i motori, causando il rallentamento progressivo della nave fino ad arrestarsi, riducendosi a un bersaglio fin troppo facile.
D'un tratto, come erano iniziati, gli attacchi si fermarono senza preavviso e gli aerei si allontanarono momentaneamente per riorganizzarsi.
Era la fine, e lo sapevano benissimo anche loro.Nonostante ciò, nessuno pensò mai di abbandonare la nave, le poche mitragliatrici rimaste in funzione vennero rifornite di uomini e munizioni, in attesa.
Dopo quella che sembrò un'eternità, gli attaccanti si riportarono in posizione, decisi a farla finita una volta per tutte.Lo scafo venne squarciato da innumerevoli esplosioni, le falle e gli incendi erano troppi per essere contati, tanto mai arginarli.
In breve tempo, la gigantesca fortezza d'acciaio prese ad inclinarsi pericolosamente verso la fiancata mutilata, da cui imbarcava rapidamente tonnellate d'acqua.Ormai era finita. Okinawa non sarebbe mai stata raggiunta, non c'era più alcuna speranza. Insieme a Lei affondavano i sogni di gloria di una piccola nazione che con sudore e sangue era passata da feudale a impero in brevissimo tempo, e che aveva combattuto valorosamente contro ogni suo nemico.
Non un solo uomo pensò di abbandonarla, sarebbero scesi a fondo con lei, se li avesse voluti, la loro vita affidata all'immortalità della storia.
Un ultimo colpo esplose dai temibili cannoni, forse per ordine del comandante, forse per volontà dei serventi, nessuno lo saprà mai in questo mondo.
Poi il silenzio. Il rumore delle onde che ricoprivano per sempre colei che le aveva dominate, quasi a dimostrare ancora l'immensa potenza dela Natura e la fine destinata a chi osa sfidarla.
Il 7 Aprile 1945, la corazzata Yamato si inabissava portando con sè 2375 dei suoi 2750 membri dell'equipaggio, presagendo all'Impero del Sol Levante l'imminente sciagura.350km NE da Okinawa, 7 Aprile 1945.
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Storie di guerra
Historical FictionRacconti a tema bellico, più o meno lungo a seconda della storia. Commenti e critiche costruttive sono più che ben accetti.