5. Lirya

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Nell'immagine: Martha

Sono molto in ansia. Tra poco tornerò a scuola. La mia prima esperienza non è stata delle migliori. Non so come sarà stare tra dei mostri, anche se tecnicamente lo sono anche io. Ora che ci penso non mi ero domandata che cosa ero. Quella fu la prima volta. Pensavo che fintanto che rimanevo dentro le mura di quel castello, o semplicemente in quelle proprietà, sarebbe andato tutto bene. Ero sdraiata sul mio letto a pancia in su. Una gamba e un braccio a penzoloni fuori dal letto. L'altra sul letto, mentre l'altro braccio sulla mia pancia. Mi ero persa ad ascoltare la musica dal mio MP4. Nonostante la struttura sia antica è tutto extra moderno. Persino Valter, che è un vampiro e ha centinaia e centinaia di anni, sa usare un telefono. Mi stupisce sempre di più. La maggior parte dei libri che legge ce li ha su e-book. Paura? Tanta troppa come l'ansia. Tutti avevano provato a farmela passare, in tanti modi. Uno più assurdo e bizzarro dell'altro. A un certo punto sentii bussare. La mia quiete si inturreppe e mi concentrai sulla persona fuori dalla mia porta. Mi alzai e aprii la porta.
- Milady il padrone la desidera
Feci un sospiro, che sosa volva ora quello scocciatore? Era inutile non andare. Viziato com'era si sarebbe lamentato per tutta la vita se non andavo. Per cui richiusi la porta e mi preparai, non dopo aver avvertito Robert che sarei arrivata a momenti. Decisi di mettermi una camicia e una gonna che mi arrivava appena sopra al ginocchio. Ovviamente erano incluse scarpette e giacchetta. Mi sentivo una donna del milleottocento. Quanto meno Valter aveva avuto la bontà di mandarmi a scuola con abiti moderni. Molto alla moda e ben scelti. Nei prossimi giorni mi aveva obbligato ad imparare a truccarmi se non volevo che lo facesse per me Ann. Un'altra domestica. Arrivammo davanti al suo studio. Dopo aver ricevuto il permesso di entrare mi addetti su una delle due poltrone davanti alla sua scrivania. Poggiai le mani in grembo e assunsi un espressione molto seria e professionale. Lo guardai negli occhi. Quei suoi occhi vermigli, affascinanti, oserei dire. Di sicuro non glielo avrei mai confessato. La partita era appena cominciata. Non gli avrei lasciato scampo. Ero sicura che non avrei mai potuto vincere, ma non gli avrei mai concesso la vittoria così facilmente. Non se lo meritava dopo avermi trascinata vita dalla mia vita quotidiana solo per un capriccio. E se anche in questi giorni il suo desiderio si fosse davvero trasformato in amore, io non lo avrei mai ricambiato. Per nulla al mondo. Ormai era fatta. Sua moglie lo sarei diventata volente o dolente, ma non gli avrei mai lasciato la soddisfazione di essermi innamorata di lui.
- Allora? Per che cosa mi hai chiamata questa volta?
Gli chiesi.
- Siccome ti vedo molto in ansia ho deciso che Martha verrà con te a scuola. Non sarete probabilmente compagne di classe e se lo sarete non dovete per forza amiche, ma se per caso qualcosa va totalmente storto almeno avrai qualcuno con cui parlare. Per lo meno è un sostegno, soprattutto i primi giorni.
Non ci credo! Quindi lui era davvero preoccupato per me? Davvero!? È impossibile! Eppure... già altre volte l'avevo visto che faceva del suo meglio perché io fossi a mio agio. Sia qui che da altre parti. Vha! Dai Lirya sii realistica! Sarà solo un impressione.
- Ok, grazie. Tutto qui? O c'è qualcos'altro che vuoi dirmi?
- No. Però vorrei che mi accompagnati a fare un giro in giardino. Aspettami in giardino tra trenta minuti.
Disse fermo e sicuro.
- Ok
Dissi semplicemente. Non avevo nessuna conversazione o altra domanda da porgli. Per questo quando mi chiamava non tenevo mai in piedi una conversazione. Le sue convocazioni non duravano mai più di una manciata di minuti. Mi avviai verso le cucine per ringraziare Martha del piacere che mi faceva a venire con me a scuola. Di sicuro non doveva essere facile per lei. La trovai impegnata a parlare con Ann. Chissà qual era l'oggetto del contendere.  Mi avvicinai a loro timorosa. Per una frazione di secondo di vidi due mie compagne di classe. Temendo che appena mi fossi avvicinata avrebbero smesso di parlare e se ne sarebbero andate, parlando male di me per poi rivolgermi i peggio insulti, mi girai e me ne tornai in camera. A quanto pare se ne erano accorte perché mi seguirono. Aumentai la velocità. Vedendo che mi stavano ancora seguendo cominciai a correre. Corsi per i corridoi. Una lacrima mi rigò il viso. Poi un'altra e poi un'altra ancora. Le mie lacrime si stavano trasformando in un pianto vero e proprio. Un pianto disperato. Un pianto carico di dolore e sofferenza, che non avevo mai fatto prima. Per paura di passare per la frignona e quindi di essere presa in giro e picchiata ancora di più. Cominciai a singhiozzare. Non sapevo cosa fare. Continuavo a correre senza una meta e senza sapere cosa fare. A un certo punto mi scontrai con qualcuno. Era Valter. Mi guardò negli occhi. Rimase sorpreso. Quando vide che Martha e Ann mi stavano seguendo mi abbracciò. Rivolse loro un'occhiataccia. Avvolse tutte e due le sue braccia attorno al mio corpo e strinse forte. Gli poggiai le mani al petto e mi sfogai. Mi sfogai per davvero, per la prima volta in tutta la mia vita. Mi guardava con venia e dispiacere. Percepii, però, anche un altra nei suoi occhi e nel suo tocco. Non sapevo definirla con certezza. Se fosse stato amore o semplice compassione non lo sapevo, ma sapevo che mo sentivo al sicuro. Sentivo che qualunque cosa gli avessi detto o avessi fatto, gli sarebbe andata bene, che mi avrebbe accettata. Le mie preoccupazioni svanirono e ricambiai l'abbraccio. Nascosi la faccia nel suo petto. Rimanemmo in quella posizione per non so quanto tempo, se un ora o un intera notte non avrei mai saputo dirlo.
- Va tutto bene?
Mi chiese. Si? No? Non lo sapevo. Sapevo solo che avevo paura per qualcosa che non esisteva. Era un vene o era un male? Chi può dirlo.
- Non lo so.
Risposi sincera.
- Hai paura a tornare a scuola?
Feci cenno di si con il capo mentre era ancora contro il suo petto. Lo girai verso destra e mi feci coccolare. Mi faceva stare bene, al sicuro e mi aiutava a distrarmi. Chiusi gli occhi e mi godetti appieno quel momento. Mi prese la mano nella sua lunga, ma sottile. Era davvero molto alto.
- Vieni ti accompagno fuori in giardino, andiamo a fare una passeggiata fuori.
- Ok.
Accompagnati quella parola cpn un cenno del capo. Non risposi ne con cattiveria, ne con inespressività. Risposi e basta. Con calma e senerità. Con quello stato d'animo che non avevo ancora provato con nessuno, neanche con i miei genitori stranamente. Mi accompagnò dolcemente di fuori. Ripercorremmo il corridoio e uscimmo da una porticina sul retro. Mi teneva ancora la mano. Era un gesto che mi dava molta sicurezza. Non sapevo se lo sapesse davvero oppure fosse andato a caso, fatto sta che mi consolò molto. Quando fummo di fuori il freddo vento invernale notturno mi investii in pieno. Ebbe un effetto rinvigorente. Mi sentivo come rinata. Forse e dico, l'avevo rivalutato. No ok chi voglio prendere in giro. L'avevo rivalutato eccome.

Il giro nella foresta mi aveva completamente ristabilita. Quando tornai in casa chiesi scusa a Martha e ad Ann. Mi di accompagnarono in camera mia e decisero di insegnarmi a truccarmi, come acconciarmi i capelli e a scegliere i migliori abbinamenti di capi di vestiario. La nottata finì ed arrivò l'ora di andare a letto. Come nottata non era andata neanche male. Mi addormentati con mille pensieri nella testa. Una volta tanto nella vita però non ebbi paura ad andare a scuola.

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