L'indomani uscii di buon ora, ammetto a priori che non dormii quella notte, troppo succube di inquietanti pensieri e orride supposizioni che mi tennero sveglio, inquieto, fino al mattino.
Seguii tutte le indicazioni dettatemi dal mio misterioso interlocutore della sera precedente ed arrivai puntuale alla fermata ferroviaria di Salt Lake City per le 9:20.
Appena scesi dal treno mi trovai (guarda caso) difronte un unico taxi, con al volante un uomo di colore, proprio fuori alla stazione e pensai ironicamente che sembrava stesse aspettando proprio me...
Era ormai da qualche decennio che non ritornavo a Salt Lake City ma, incredibilmente, il tempo sembrava che avesse cessato di esistere in quel luogo, era rimasta esattamente come me la ricordavo da bambino: i tetti a spiovento, i campanili, le guglie, i comignoli e le mura di mattoni. Potrei dire che mi sembrava di trovarmi sulla soglia di una regione quasi incantata per l'interrotto accumularsi del tempo, in cui le cose antiche e i proibiti segreti di conoscenze ancestrali sono cresciute assieme, prosperando smosse nonostante l'avanzare dell'Era moderna.
All'interno del taxi, oltrepassai quelle case silenti e colme di misteri remoti, addentrandomi sempre più nel fitto bosco attraverso un percorso accidentato e difficoltoso. Era una strada isolata e irregolare che, a giudicare dall'aspetto, doveva essere abbandonata da parecchio tempo per via dei continui solchi che ci osteggiavano. Scendeva in un umido ed erboso declivo, sovrastato dagli alberi secolari che, crescendo indisturbati ai due lati del sentiero, avevano allungato i loro rami verso la strada, formando un tetto naturale che copriva il cielo.
Ogni tanto s'intravedevano piccole capanne abbandonate di legno nudo, quasi del tutto nascoste dalla vegetazione selvaggia, solitamente addossate a qualche sperone di roccia.
Non so spiegarvelo con molta sensatezza ma, c'era qualcosa di minaccioso e di inquietante nel silenzio che si percepiva tutt'intorno... era un silenzio... pressoché totale, anomalo. Di solito un bosco risuona di versi di svariate specie di animali ma qui stranamente non sembrava esserci alcun segno di vita... il tutto, mi face sentire sempre più turbato da una crescente tensione e più proseguivamo all'interno di quel labirinto verde torreggiante spaventoso, soffocante, con continui pendii e solchi e più desideravo tornarmene indietro ma non potevo... non una volta arrivato fino a questo punto... dovevo scoprire la verità, ad ogni costo altrimenti avrei certamente perso la mia salute mentale.
Cercai la conversazione per ingannare un po il tempo, chiedendo al mio autista se ci volesse ancora molto e lui mi rispose con uno strano accento soffocato che eravamo quasi arrivati. Confuso, cercai di rammentare dove sentii già quell'accento quando mi ricordai che proveniva dalle parti del New England e quando gli domandai se lui venisse da lì, tacque. Mi parve ora far caso alle strane ossarelle sottili e spazzate che teneva appese con delle cordicelle allo specchietto retrovisore. Porta fortuna?
Gli chiesi a cosa servissero ma non ricevetti alcuna risposta. Vedendo che non era incline al dialogo, rimasi in silenzio anch'io e ritornai a guardare taciturno fuori dal finestrino.
Arrivammo poi alla dimora di una casa logora e vecchia, molto sgradevole a prima vista. C'era una radura irregolare, invasa da sterpaglie, in fondo alla quale sorgeva questa casa, piu che altro, una baracca di tronchi d'albero fatiscente ma al quanto suggestiva, all'ombra di due enormi sequoie e con la parte posteriore rivolta verso l'oscurità del bosco primordiale, con una vegetazione selvaggia talmente fitta e ostruita da rendere impossibile alla luce del giorno penetrarvi.
Doveva avere almeno mezzo secolo, pensai. Rimasi ad esaminarla in modo dettagliato mentre l'auto percorreva lo stretto viottolo che conduceva ad essa. Il taxi mi fermò qualche metro prima della porta, sul sentiero che conduceva ad essa, attendendo poi in silenzio che scendessi. Gli domandai quanto gli dovessi per il lavoro svolto ma, sempre in silenzio, l'uomo se ne riparti in fretta senza prendersi i soldi che intanto stavo cotanto tra le mani. Sinceramente ne rimasi molto confuso, ma comunque non mi fermai a lungo sul sentiero, ma mi diressi risoluto verso la porta di casa, lanciando varie occhiate verso le finestre vicine e i vetri dei finestroni sovrastanti, notando che, per quanto fossero vecchi e mal messi, sporchi da essere quasi opachi, della luce soffusa s'intravedeva all'interno.
Bussai alla porta e dopo un po fui aperto da una domestica, una donna di colore con lo sguardo basso e l'espressione estremamente malinconica; gli stavo per dire chi fossi quando, con la stessa prestigia di una vegente, mi informò che il Signor Akeley era nel suo studio ad attendermi. Notai che stranamente il suo accento era identico a quello dell'autista del taxi...
Mi addentrai nella casa. L'interno era completamente rivestito in legno, illuminato da numerose candela e candelabri. Quel che mi colpì maggiormente di quel luogo fu l'atmosfera di uniforme antichità, completa, come se, una volta varcata quella soglia, si tornasse indietro nel tempo, in un periodo simile al milleottocento. M'impressionarono l'insieme dei numerosi quadri affissi alle pareti, pseudo-cristiani, che mostravano una blasfema versione delle Sacre Scritture, e poi un enorme quadro di Goya sul camino raffigurante il grande Caprone Nero, semi-umanoide, sul trono d'ebano in mezzo ai suoi proseliti durante il Sabba. Mentre osservavo quel quadro non mi accorsi che avevo rallentato un po il passo, rappreso misteriosamente dallo sguardo vivo e orrorifoco del Maligno che, in un certo qual modo, sembrava vagamente che mi stesse fissando a sua volta...
Continuai la mia ispezione in quella macabra abitazione, sentendo crescere in me un forte senso di avversione e repulsione, ma ormai ero lì e non potevo tirarmi indietro. Non saprei ben definire che cosa in realtà temessi o mi ripugnasse, ma l'intera atmosfera di quella casa pareva emanare un senso di profonda malvagità, di primitiva miscredenza e di segreti indicibili.
In seguito sentii una voce, provenire dal fondo del corridoio nel quale mi addentrai, dietro la porta socchiusa. Riconobbi essere una vecchia e steppata registrazione fonografica di una voce incomprensibile, oscura e misteriosa, più che orribile, in cui la sostanza sembrava essere una specie di rito. Mi avvicinai alla porta e bussai.
<<Avanti>>, mi fu invitato.
Entrai e mi ritrovai in un ampio studio, illuminato da due candelabri posti su un tavolo di acacia, insieme a vari libroni antichi, rilegati in pelle e adorni di guarnizioni metalliche. Le pareti erano coperte da scaffali ripieni di svariati volumi, alcuni esili ed altri enormi, tutti estremamente antichi e antidiluviani. Il tutto, aveva uno aspetto al quanto sinistro. Nell'angolo, a destra del vestibolo anteriore, seduto su una grande poltrona d'epoca barocca, vicino al fonografo, c'era un vecchietto che fumava la pipa. Avevo un viso piegato dalle rughe e segnato dalle intemperie, dei capelli grigiastri corti e brizzolati e un folta barba ispida. Quest'ultimo dettaglio mi rimpì d'orrore per motivi a me ignoti, cercai di soffocare quest'allarmante sensazione di pericolo che il mio subconscio ribadiva incessantemente dentro me, cercando di non darla a vedere.
<<Il signor Scafandro, suppongo. Scusatemi un attimo...>>, esordì mentre si sporse in avanti col braccio per spegnere il fonografo. <<Dovete scusarmi se non vi ho sentito entrare, ma ero rapito da questo meraviglioso brano tratto dai manoscritti di Dagon Tomek, il kjerparanap'vokhum, e un testo rituale aramaico molto appassionate, molto all'avanguardia rispetto ai tempi in cui fu scritto, ossia tremila anni fa. Sapevate? Già accennava alla sovrapposizione delle diverse dimensioni spaziotemporali fino al Caos Assoluto che risiede al suo centro, Colui che ne trascende forma, forza, spazio, tempo e materia. Ma Prego, si sieda.>>, mi invitò, indicandomi una sedia lì vicino. Mi sedetti e fu solo allora, quando mi trovai difronte a lui, che notai i suoi occhi vitrei... era cieco.
<<Quindi lei conosce l'aramaico? >>, domandai io, stupido, mentre diedi una distratta occhiata al fonografo.
Lui fece una breve risata, poi rispose: <<Sì figliolo. Ho insegnato lingue antiche alla Miskatonic Universal prima di andare in pensione qualche anno fa. Ho esercitato lì la mia professione per cinquantasette anni, senza aver mai voluto essere trasferito da nessuna altra parte, pur se erano ottime Università competitive. La conoscenza e la competenza che si trovano lì in merito all'antichità è incomparabile. Il suo elenco di libri arcani e, talvolta proibiti, è senza eguali nel mondo ed lì che ho approfondito molto del mio sapere.>>
Lo ascoltai in modo vago, distratto dai profondi solchi che si piegavano sul suo viso aggrottato quando parlava e dalla folta barba che tanto orribilmente mi ricordava qualcosa di oscuro e parzialmente dimenticato... come i contorni soffusi di un incubo lontano, eclissato nei profondi recessi della mente.
<<Quindi lei è vissuto ad Arkam?>>, domandai io, sapendo che la Miskatonic University si trovava lì.
<<Sì>>, rispose lui. <<Anche se sono nativo di Salt Lake City, ma inizialmente mi sono dovuto sposare lì in modo definitivo per via di mio nipote, Alessandro, che all'epoca, poverino, fu rinchiuso nel manicomio di Arkam. Aveva soli sette anni... povero figliolo. Aveva assistito all'omicidio-sucidio dei suoi genitori... sa, anche il padre era malato di schizofrenia e fu rilasciato dal manicomio da neanche un anno quando, inspiegabilmente, preso da un attacco d'ira una notte di metà aprile uccise Hanna, la mia amata figlia, con... diciotto pugnalata al petto... con, un coltello da cucina, e poi... si tagliò la gola.>>
Assunsi un espressione triste e sdegnata, per un così raccapricciante atto di follia.
<<Il povero Alessandro...>>, continuò il vecchio, amareggiato. <<Era lì ed assistette a tutta la scena... alle grida disperate... al fiume di sangue che grondava il pavimento... (fece un sospiro frustrato) da quel giorno non si riprese mai più del tutto... povero ragazzo.>>
<<Ma come mai il padre fece una cosa del genere? Cosa lo aveva spinto a perdere la ragione in quel modo?>>, domandai io, sconcertato.
Dopo l'ennesimo sospiro di malinconia, Akeley rispose, dicendo: <<Caro ragazzo vorrei tanto saperlo anch'io... non si sa nulla di preciso purtroppo, solo dalle terapie con vari psicologi e psichiatri durate per decenni, Alessandro fece trapelare delle possibili motivazioni. Diete vari accenni dell'ossessione del padre per il lago della contea, e per una cosa che una notte ogni anno emergeva dall'acqua... una cosa terribile, un orrore cosmico, che rispondeva al nome di Shubb-Niggurath. Disse poi, che aveva compiuto quell'atto orribile per non essere più costretto dal suo messaggero a rivederla quell'anno.>>
Rimasi profondamente turbato per le similitudini tra le motivazioni di quell'atto effimero e il suicidio di Alessandro, la lettera che lui lasciò rifletteva la stessa folle ossessione sugli stessi motivi.
<<E poi...>>, continuò Akeley, riattirando la mia attenzione dalle supposizioni che stavo pensando. <<Trasferì la figura disturbata e maniacale del padre su di me... Secondo gli psichiatri, sarebbe stato un modo per reagire al trauma e dimenticarlo, negando così l'esistenza del padre, spinto anche dal sentirsi abbandonato da me, che lo avevo "lasciato" in quel manicomio per tutti quegli anni. Il mio "sacrificio" servi a salvarlo dalla completa pazzia e a dimetterlo dall'istituto psichiatrico ma, mi ritenne responsabile del suo passato e troncò ogni rapporto con me. Si trasferì anche a San Rocco dove la trovò lei...>>
Sì prese una breve pausa, durante la quale non mi sentii di aggiungere nulla. Poi riprese, e disse: <<E questo ci porta al vero motivo per cui ora lei si trova qui, nel mio studio, alla periferia di Salt Lake City. >>
Sì prese un altra pausa, questa volta un po più lunga, nella quale rimasi in silenzio ad attendere le sue rivelazioni in merito a tutto quello che mi era successo i giorni scorsi è il mistero che si nascondeva dietro al macabro simbolo che la sera precedente mi ero trovato marchiato sulla fronte.
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Il Lago
Mystery / ThrillerUn richiamo a un luogo oscuro e misterioso, gonfio d'orrore e segreti antichi, in cui si accede solo tramite l'incubo e la follia; tra culti pagani, sacrifici umani e simboli esoterici. "Il Lago" è una storia tenebrosa, che procede per varie degene...