Silenzio

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<< La denuncia del Gay center. La 17enne, che viveva in un piccolo centro alle porte della Capitale, ora si trova in una struttura protetta. Aveva anche denunciato i suoi genitori ma era stata riaccompagnata a casa. La donna è accusata di maltrattamenti e sequestro di persona

di RORY CAPPELLI

02 Ottobre, 2018

"Brutta lesbica! Ti sistemiamo noi": di notte quando tornavano a casa e la trovavano a dormire l'apostrofavano così. Spesso la picchiavano. Quasi sempre, durante il giorno, la chiudevano dentro per non permetterle di uscire e di incontrarsi con la sua ragazza. 

E' questo l'incubo da cui è stata liberata una 17enne, iniziato quando di anni ne aveva 16, segregata in casa dai genitori, picchiata e vessata per la sua omosessualità, diventata chiara quando si era innamorata di una coetanea. Fatto mai accettato dai genitori che fin dall'inizio avevano mostrato una fortissima omofobia.

Una situazione talmente pesante, quella della minorenne di un paesino della provincia di Roma, che era persino arrivata a denunciare madre e padre alle forze dell'ordine: che però avevano sottovalutato la cosa, prima dicendole "non ti preoccupare" e poi riportandola a casa, "ricacciata nell'incubo".

La ragazza si è allora messa in contatto con il Gay Center attraverso la chat anonima Speakly, un canale dedicato ai minori omosessuali o transgender attivata in collaborazione con il ministero dell'Istruzione. Speakly è anche una app che si può scaricare sul cellulare, e consente di chiacchierare con i volontari in maniera anonima: le richieste ogni anno sono circa 20 milla e 400 di queste sono situazioni pesanti di sequestro, segregazione, violenza, botte, come quello di una ragazza che veniva frustata dai genitori.

La prima cosa che chiedono i volontari della chat è se il ragazzo o la ragazza abbia presentato denuncia alle autorità. Quando la 17enne ha risposto che sì, "ho presentato denuncia ma non mi hanno dato retta, anzi mi hanno riportato da loro", si è attivato l'Oscard, l'Osservatorio di polizia e carabinieri contro le discriminazioni che esiste dal 2010: a quel punto polizia e carabinieri sono intervenuti, prelevando a casa la ragazza e accompagnandola in una struttura protetta per minori ed è tornata a studiare dopo essere stata costretta a interrompere la scuola. La madre della ragazza è stata indagata per maltrattamenti in famiglia e sequestro di persona.>>

L'articolo è del giornale La Repubblica.
Non ne ho scritto prima perché non riuscivo proprio a comporre una frase senza parolacce che avesse senso logico. E anche adesso riesco a stento.

La prima cosa che mi ha colpito è stato il silenzio. Come se al tg avessero parlato della ricetta tipica di Canigattì invece che di omofobia, odio, discriminazioni.
Non un commento da parte dei miei genitori, neanche a cena (il momento dove di solito si parla di attualità e politica). Abbiamo parlato del reddito di cittadinanza.
Non che anche questo non sia importante, ma se tua figlia è lesbica, romana e diciassettenne, magari un accenno alla notizia lo fai.
Verso la fine della cena ho butatto lì la cosa a mia madre, e lei ha fatto: - Eh, ma mica è una novità, sai quanti ne capitano? Ma se la gente la pensa in un modo non puoi cambiarlo, ognuno è libero di pensare ciò che vuole -
Anche se so che mia madre non è un'alleata e che l' omofobia in generale per lei è una cosa lontana quanto Saturno, la risposta mi ha scioccato.
Anzi no, mi ha fatto male.

Ognuno può pensare quello che vuole, finché il suo pensiero non è un giudizio. Finché il suo pensiero non fa del male alle persone. Finché non diventa odio. Perché l'odio non è un pensiero, è un coltello. Una pistola. È violenza.
E nemmeno la violenza è un pensiero. È semplicemente un distributore gratuito di dolore.
Quando l'ho detto a mia madre, in modo più sintetico e moderato, lei ha rivolto i palmi al soffitto, ha alzato un po' le spalle e ha risposto: - È così, che ci vuoi fare?
A quel punto ho realizzato che nessuno avrebbe parlato della diciassettenne romana lesbica segregata in casa. Non i miei, non la scuola, non il centro terapeutico dove vado e dove dovrebbe regnare il rispetto, l'informazione e la discussione.
Perché è vero, questa non è la prima volta che succedono cose del genere, ma nessuno ne parla mai. Perché è una roba scomoda, perché è superata, perché sono state approvate le unioni civili, che vuoi di più?
Voglio che le persone sappiano, che protestino.
Voglio una legge che vieti alla gente di farmi del male.
Voglio che l'omofobia, come tutte le discriminazioni riguardanti la comunità LGBT+ (Bifobia, transfobia, panfobia ecc) vengano riconosciute, che se ne parli ai giovani nelle scuole come si parla di razzismo e di antisemitismo. Voglio che come vengano studiate la Shoa e l'Apartheid vengano studiati anche i moti di Stonewall, per esempio.

E non starò in silenzio. Dopo i neonazisti, il silenzio è la cosa che mi fa più paura. Anche se questa cosa l'ha detta un'ebrea.
E in effetti, ci stavamo anche noi nei campi di concentramento.

Natalinna

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 03, 2018 ⏰

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