X. Pistole e Baracche

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Marco stringe il polso di Vittorio, tirandolo verso di sé. Sono stati gli ultimi ad uscire dal portone, il ragazzo dai capelli neri attende che anche Lorenzo si allontani da loro, mentre il suo ragazzo lo guarda con fare interrogativo.

"Non credi sia il caso de toje la pistola a Claudio?", chiede.

Vittorio annuisce lentamente, mordendosi il labbro inferiore. "Non ci darà mai retta, ormai è diventata 'na questione di orgoglio tra lui e Raffaele, te lo dico io".

"Non me ne frega un cazzo, diamogliela a Giorgio o a Riccardo 'sta pistola, Claudio non è adatto per stare con noi, l'ho capito pure io che non lo conosco benissimo, dovresti saperlo pure tu".

"Non sottovalutarlo troppo, e poi non possiamo costringerlo ad accannare tutto".

"Sì che possiamo", ribatte prontamente Marco, aggrottando la fronte. Vittorio non teme quell'espressione intimidatoria, conscio che dietro ci sia un ragazzo fantastico tutt'altro che violento e minaccioso. La grande abilità di Marco è quella di riuscire a mettere da parte l'empatia nei momenti di necessità, cosa che Vittorio ancora non è sicuro di riuscire ad attuare.

"Te vorrei ricordà che quando io ho provato ad allontanarti perché non volevo che rischiassi tu hai fatto come cazzo te pareva e mi hai aiutato lo stesso", gli ricorda, per poi aggiungere, "quindi come diceva il nostro caro Gesù, non fare agli altri quello che non vorresti sia fatto a te".

Marco lo guarda dapprima con serietà, poi scoppia a ridere. Gli cinge le spalle con un braccio e lo stringe a sé. "Mo' vai pure in chiesa?".

Vittorio scuote la testa. "Macché, so' cose che pure i buddhisti sanno, 'gnorante".

Marco ridacchia ancora, incamminandosi verso l'automobile di Riccardo. Per un momento ha dimenticato il ferro freddo della pistola che gli preme contro il petto, ma adesso tutto è tornato alla terribile realtà. Non allontana il braccio dalle spalle del suo ragazzo, anzi lo stringe maggiormente a sé per trarre conforto da quel corpo caldo che poche ore prima ha visto circondato da uomini pronti a colpirlo, e non l'ha potuto difendere. In quel momento aveva stretto le mani in due pugni, e i segni delle unghie conficcate nei palmi ne sono la prova lampante.

Non è riuscito a difendere Vittorio, ma si è anche promesso che non accadrà mai più una cosa del genere. Le persone che ama si contano sulle dita di una mano, e nessuna di loro deve essere maltrattata.

"Piccioncini, salite in macchina e finitela de tubà", è il richiamo di Mattia. Dall'altra parte del marciapiede, Claudio ascolta quanto detto dal ragazzo con le orecchie leggermente a sventola e sposta subito lo sguardo su Raffaele, cercando di individuare in lui cenni di gelosia. Niente, il ragazzo dai capelli biondi non sembra nemmeno essersi accorto dell'insinuazione dell'altro diciottenne, finge noncuranza, oppure non gli interessa davvero nulla.

Claudio non ha ancora ben compreso quale sia il rapporto tra il figlio del Messicano e Marco, dal momento che sono ex fidanzati, o qualcosa del genere.

Perché dovrebbe interessarmi? Già, perché? Eppure la risposta Claudio la conosce molto bene. Sospira, si allaccia il casco del motorino sotto il mento e parte alla volta di luoghi sconosciuti, seguendo la Fiat Panda di Riccardo.

* * * * *

Parcheggiano i loro veicoli fuori dalla corsia di destra. L'illuminazione pubblica è insufficiente, ma non passa quasi nessuno su quella strada piena di buche grandi come crateri lunari. Il gruppo procede arrancando nel buio e cercando di rimanere compatto. Raffaele e Vittorio camminano davanti a tutti, mentre Marco e Claudio chiudono la fila. Al centro, il resto del gruppo avanza senza parlare.

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