XII. Più di un fratello, più di un amico

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"Uno de 'sti giorni al posto del motorino ce ritrovi solo la ringhiera".

Claudio alza lo sguardo per rivolgere un'occhiataccia a Vittorio, il quale lo sta osservando mentre armeggia con la catena per assicurare il suo motorino ad una ringhiera vicino scuola.

"Speriamo de no", esalta tornando in piedi e pulendosi i palmi delle mani sui jeans. Si avviano verso l'entrata dell'edificio scolastico circondato da adolescenti assonnati.
Vittorio accenna un sorriso in direzione dello schermo del cellulare, poi lo ripone in tasca ed rivolge un'occhiata all'amico che cammina al suo fianco.

"Ma insomma, non devi dirmi niente?".

Il suo tono allusivo non lo aiuta a capire cosa Vittorio voglia che gli sia raccontato.

"No?".

Il ragazzo dagli occhi azzurri gli dà una gomitata. "Eddai, non fà lo gnorri. Ieri sera sbaglio o tu e Raffaele ve siete tipo dati in cinque secondi col tuo motorino?". Accompagna la domanda con un'alzata di sopracciglia.

La mente di Claudio corre a ricordare il viaggio di ritorno trascorso a stretto contatto con il ragazzo dai capelli biondi. Non l'ha guardato con sufficienza, quasi con disgusto. L'ha salutato certamente senza troppo entusiasmo, ma neanche con la serietà che lo contraddistingue.

"M'ha semplicemente portato a casa dato che ha notato quanto stavo sconvolto", minimizza stringendosi nelle spalle.

Vittorio solleva le sopracciglia, ma non aggiunge altro e gli cinge le spalle con un braccio.

"Devo trovarti un pischello", decreta. Incorcia lo sguardo con alcune persone che li osservano passare in mezzo ai corridoi.

"Grazie pe' la premura, ma ormai so' un caso perso", ribatte disilluso l'altro ragazzo.

"Ma che cazzo dici, zì! Manco ci hai diciotto anni...l'unico problema è che io conosco solo du' gay, anzi tre".

"E chi sarebbero?". La campanella che segna l'inizio delle lezioni suona con insistenza.

"Il mio ragazzo, Raffaele, che è 'no stronzo, e Antonio, che è ancora più stronzo de Raffaele". Ci pensa un po' su. "Giorgio sicuramente ne conosce più di me, mandiamogli un messaggio vocale". Tira fuori dalla tasca il cellulare scassato ed apre l'applicazione di WhatsApp.

"Aò fratè, senti 'mpo', non è che c'avresti qualche amico tuo da presentà a Claudio?".

Claudo non sembra molto convinto.
"Ma lo sa che so' gay?", chiede abbassando opportunamente la voce.

Vittorio scrolla le spalle. "No, mo' lo sa".

Entrano in classe e si dirigono indisturbati verso i loro soliti banchi pieni di graffi e scritte.

"Dovresti rilassarti un po', vivertela meglio e farti 'na bella scopata, se vede che ne hai bisogno".

Claudio non risponde a quell'affermazione, ma sa che in fondo il suo amico ha ragione. Rapportarsi ogni giorno con coetanei impegnati nelle loro relazioni amorose lo demoralizza. Lui non è mai stato assieme a qualcuno, il suo primo bacio l'ha dato ad una compagna di classe delle medie al gioco della bottiglia, e non ha mai fatto sesso.

È vero, nessuno gli corre dietro, ma è lui stesso a sentire l'impellente necessità di baciare, di lasciarsi toccare da un ragazzo.

Nel frattempo continua a scrivere canzoni che riflettono una realtà che non lo riguardano, con lo scopo di sembrare uguale agli altri, perché non riesce ad uscire allo scoperto.

È consapevole che quelle canzoni facciano schifo ed il suo intento è quello di manifestare tutto il suo dissenso nei confronti di una società razzista e omofoba pubblicando testi che parlano proprio di ragazzini viziati, che vivono in una società elitaria in cui non c'è posto per il diverso.

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