Capitolo 4

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«Ragazze, mi auguro per voi, che ciò che è successo ieri non si ripeta mai più. Rebecca, pensavo che quest'anno saresti stata più calma vista l'importanza del voto in condotta.»

«Come se lei non avesse mai bigiato» rispondo, calcando su quel lei.

Io e Sarah siamo nell'ufficio del preside da circa dieci minuti. È diverso rispetto all'anno scorso. È stato riverniciato, e sul muro alle spalle dell'uomo, c'è disegnata una spiaggia. Ha messo delle sedie girevoli nere imbottite. Insomma, è riuscito a rendere questo ambiente più accogliente. E bravo Josh.

«Ascolta Rebecca, ci conosciamo da anni ormai, e te l'ho detto dal primo momento in cui ti ho vista che sei una ragazza intelligente che potrebbe fare molto. Vorrei la smettessi con questi atteggiamenti e che non coinvolgessi altri studenti.»

Sarah, che finora era stata in silenzio, interviene in mia difesa. «Veramente, preside, sono stata io a convincerla ad uscire da scuola.»

Io e Josh la guardiamo stupiti.

Ma è scema?

Lui si volta verso di me con uno strano sorriso sul volto. «Sono contento che finalmente hai un'amica. Bene. Per una settimana, dopo l'orario scolastico, vi vedrete con il signor Foster e vi impegnerete nella pulizia dell'edificio. Sì Rebecca, per tutta la settimana, a partire da oggi.»

«Ma ho degli impegni dopo la scuola, Josh!»

«Ci avresti dovuto pensare prima di scappare durante l'orario scolastico, e di farti beccare tra l'altro. E bada bene che la punizione non è niente di che. Sai benissimo perché ci vado leggero con te, ma non tirare troppo la corda.»

«Va bene.»

«Adesso andate in classe.»

Ci alziamo per dirigerci verso la porta quando il preside ci ferma. «Signorina Stan, è stato un piacere conoscerla. Gradirei, però, se entrambe non vi mettereste più nei guai. Non è neanche passata una settimana dall'inizio della scuola e già, di norma, avrei dovuto sospendervi. Buona giornata.»

Usciamo chiudendoci la porta alle spalle. I nostri genitori stavano aspettando fuori in caso ci avessero sospeso.

«Come è andata?» chiede il padre di Sarah.

«Tutto ok. Dobbiamo fare le pulizie, il pomeriggio, per una settimana» gli risponde lei.

«Sul serio?» chiede mio padre.

«Sì» rispondo io.

«Bene, meglio così. Tua sorella voleva parlarti stamattina, ma sei uscita presto senza dire niente a nessuno.»

«E quindi?»

Sarah e suo padre si allontanano immaginando che sia una conversazione privata tra me e lui.

«Quindi ieri ci hai fatto preoccupare tutti. Tieni.»

Mi porge una banconota da cinquanta dollari.

«Quindi, perché vi ho fatto preoccupare tanto, come premio mi dai cinquanta dollari?»

«No, ti do cinquanta dollari perché è da cinque giorni che io e tua madre non ti diamo nulla.»

«Non mi scuserò per la cena di domenica» chiarisco subito. Se li può anche tenere i suoi soldi.

«Non importa più. Prendili» insiste porgendomeli ancora. «Parla con tua sorella però. Tra due giorni partirà. Non credo vi faccia piacere essere arrabbiate l'una con l'altra.»

«Ok. Ciao.» Afferro i soldi e m'incammino verso la classe. Vedo Sarah che saluta suo padre baciandolo sulla guancia, e lui l'abbraccia. Neanche mi ricordo l'ultima volta che ho baciato mio padre, o che lui ha abbracciato me.

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