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I lupi sono creature d'onore.

Mi era stato insegnato, sin dalla prima lezione, quando non ero altro che una bambina al primo anno di scuola.

Noi non c'avevamo mai creduto, a quella storia, perché, per noi, i licantropi non erano altro che mostri di sangue e rabbia: creature che uccidono, non che ragionano.

Eppure, quella notte, dopo essere stata colpita così violentemente da svenire ed essermi risvegliata, dopo nemmeno sapevo quanto tempo, legata ad una sedia e bendata, capii che i miei insegnanti avevano ragione.

I lupi sono esseri d'onore, e il mio aveva promesso di uccidermi.

Non vedevo e non sentivo nulla, perché lo straziante dolore al mio polso ricopriva qualsiasi cosa.

Avevo perso molto sangue, troppo, e ormai la mia manica era umida e appiccicosa, cosa che mi faceva prevedere una possibile infezione.

Le mie dita, abbandonate al mio grembo, sembravano non essere più collegate al mio cervello che, in modo quasi disperato, continuava a pregarle di fare anche il più piccolo dei movimenti.

E faceva caldo, nel posto in cui mi aveva portato, eppure stavo sudando freddo, scossa di tanto in tanto da forti tremori.

In quel momento, ripensai a Garreth.

A lui, steso ai miei piedi col collo tranciato di netto e gli occhi azzurri ancora puntati su di me, quasi in un'ultima e disperata ricerca d'aiuto.

Ancora sentivo il peso del suo sangue sulla mia pelle, eppure, io non ero infelice.

È così terribile, in fondo? Il fatto che l'unica cosa capace di darmi sollievo in un momento simile fosse la morte della persona che più pensavo d'amare?

Forse, ma non mi importava, perché finalmente riuscivo a sentirle, tutte le menzogne che mi ero sempre raccontata, mentre cadevano ai miei piedi.

Garreth era morto, non c'era più, e, per me, era come l'essermi finalmente tolta un paio di manette dai polsi: improvvisamente, non avevo più paura di ciò che mi sarebbe successo.

Nel mio cuore, ero libera, anche se stavo per morire.

Strinsi le labbra quando sentii lo scricchiolio duro dei cardini di una porta che si chiudeva.

Seguii i suoi passi, mentre si avvicinava a me, e riconobbi il suono netto di una sedia strisciata sul pavimento, fino a fermarsi davanti alla mia.

La benda mi venne strappata bruscamente dal viso, graffiandomi entrambe le gote in due strisce leggere: quasi non le sentii, tanto stavo già soffrendo, ma scorsi il mio sguardo nella piccola stanza, accorgendomi che, in realtà, le uniche cose presenti erano strumenti di morte.

Pareti di rocce nere e due sedie al centro, una per la vittima e una per il carnefice, divise dall'alto da una piccola lampadina pendente.

Al fianco della sua, un piccolo tavolo coperto da un velluto rosso, su cui erano state posate amorevolmente almeno dieci tipi di armi fra coltelli, martelli e pinze.

C'era una sola pistola, per il colpo di grazia.

Osservai il lupo mentre si avvicinava a queste, scorrendo le sue dita su un piccolo coltello a serramanico, ammirandone la lama.

ECLIPSEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora