Capitolo primo

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Pov. Nico
Io mi chiedo ancora perché ho voluto fare questo lavoro.
Non potevo essere, che ne so, un kebabbaro?!?!?!
No, dovevo fare lo psichiatra. E mica uno normale eh, mica posso avere tanta fortuna nella vita. Ero lo psicologo di quei pazzi, quelli che vengono ricoverati e chiusi nei manicomi.
Ne ho visti di casi estremi! Come quella matta che credeva che i suoi capelli fossero serpenti o quel tipo bipolare che voleva possedere il mondo e robe simili.
Guardo la cartella che tengo in mano. C'è scritto il nome del mio nuovo paziente con la foto affianco. Non leggo nemmeno il nome che la foto mi cattura lo sguardo. Uh, non è affatto male... COME POSSO PENSARE QUESTO DEI MIEI PAZIENTI? NICO CALMATI.
Arrivo al Manicomio Mezzosangue, nelle periferie di New York, dove lavoro già da 5 anni, ma è così grande che ancora ho paura di perdermi.
Saluto Annabeth, che si trova al bancone della reception.
"Ciao Annabeth" dico porgendole la cartella di fogli.
"Uuh nuovo caso? Vediamo un po'. Oddio non posso crederci, ti è capitato proprio uno dei pazienti peggiori.
Persino Percy, che è un bravo strizzacervelli, non è riuscito a cambiarlo. Stai attento con lui, potrebbe farti impazzire, e non intendo solo nella mente..." E cambiando completamente tono, disse allegra "piano sesto, stanza numero 731"
Ripresi la cartella e me ne andai senza rispondere dove mi aveva indicato. Cavolo, che bel discorso di supporto morale!
Se è tanto bello quanto pazzo, allora gli serve la camicia di forza-TIENI A FRENO I TUOI ORMONI PERVERTITO!

Salgo al primo piano, dove si trovano le persone più sane, che potrebbero uscire da quel carcere a poco, uno o due anni. Incontro un ragazzo che sta saltellando come una capretta mooolto allegramente con un maglietta mooolto da Hippy. La cosa però che non andava Bene, è che aveva SOLO quella maglietta. Mi passa affianco senza notarmi e lo vedo andare a sbattere contro una porta appena aperta, facendo un grosso rumore e cadendo a terra.
Da quella porta Sbucò una ragazza. Molto bella, devo ammetterlo, anche se non mi piace quel tipo di persona.
La ragazza guardò cosa aveva sbattuto contro la sua porta.
"GROVER!! QUANDO INIZIERAI A METTERTI QUEI MALEDETTI PANTALONI?!?!" Disse lei appena vide il ragazzo, ancora steso a terra, per poi coprirsi subito gli occhi.
"PIPER TI HO GIÀ DETTO CHE NON MI SERVONO!"
"Vatti a mettere quei pantaloni. SUBITO!"
"Guarda che mica mi puoi comandare così!!"
La ragazza ringhiò frustata pretendendo che lui la obbedisse non riuscendo ad ottenere niente.
Decisi di salire e di lasciare quei due litigare.
Mi sta già salendo mal di testa. Non vedo l'ora che arrivi la fine del mio turno.

Salì fino al sesto e ultimo piano senza interruzioni.
Nonostante era quello più in alto, era quello più oscurato dalla luce. Ora le porte delle stanze non erano più porte normali, di legno, erano fatte di metallo, apribili solo dall'esterno, con una fessura per far passare il vassoio per i pasti. Il silenzio era tombale. I miei passi facevano un rumore assordante per via dell'eco che rimbombava per tutto il piano.
Cammino lungo il corridoio semibuio, la preoccupazione per il mio nuovo caso saliva sempre di più, passo, dopo passo, dopo passo, a braccetto con la eccessiva curiosità.
Mi fermai.
È questa.
Stanza numero 731.

Stanza Numero 731-SOLANGELODove le storie prendono vita. Scoprilo ora