Ænima

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Stampa e TV balzarono addosso a Thom e a Cosmine non appena li videro uscire dall'auto del legale. Thom si diede dello sciocco mentalmente per aver dimenticato di avvertire Cosmine di non rivolgere parola ai giornalisti. Sperò non si lasciasse andare a dichiarazioni avventate. Il figlio primogenito fu messo alle strette da alcuni reporter del New York Times.
« Mister Coleman » gridò un tale, « Quali sono gli altri testimoni? »
« Non commentare » pregò Thom, quasi trascinando Cosmine per i gradini del tribunale, il New York County Courthouse. Non appena in salvo nell'atrio, fuori portata da orecchie indiscrete, gli lanciò un'occhiata minacciosa.
« E' ora. Entriamo », annunciò . Aveva fatto tutto ciò che era nelle sue corde per preparare il cliente, all'inizio reticente. Stava per compiere ciò che più al mondo amava: vincere una causa.
I Coleman obbedirono. C'era il pieno quel giorno. Il querelato, Maynard, giornali locali e persino disegnatori, spettatori curiosi, lo stenografo e gli agenti, il viceprocuratore con il suo collaboratore, .
Infine la giuria, che era stata selezionata precedentemente. Il giudice, Henry Carson Foster, acconsentì l'entrata dell'imputato. Due guardie gli sganciarono le manette. Thom percepì il battito del proprio cuore così forte da temere che tutti potessero udirlo. Lui era in panico, Maynard no e glielo si leggeva nell'atteggiamento, indifferente, glaciale. Si sentì svenire. Quando fu chiamato a testimoniare seguì meccanicamente le istruzioni del cancelliere e ripeté con lui i termini del giuramento. Detestò il modo in cui lo guardarono, pronti a sputare critiche sul suo ruolo di genitore.
« Mister Coleman » esordì Hopkins « Ci dica dov'era il giorno in cui suo figlio, Maynard Coleman, ha ucciso Duncan Mitchell ».
Si schiarì la gola.
« Mi trovavo a casa, insieme a mia nipote Lacie. » La risatina di Maynard echeggiò profondamente. Foster lo riprese, Thom scosse il capo turbato.
« Prosegua, avvocato Hopkins ».
« Certo, vostro onore ».
       
       
Terminato l'interrogatorio a Thom, toccò a Cosmine salire sul banco del teste.
« Suo fratello, l'imputato Maynard Coleman, è mai stato incline all'aggressività? »
« Mai, avvocato. Maynard è sempre stato un tipo pacifico. Anche quando a scuola veniva ridicolizzato dai ragazzi più grandi, subiva. Spesso era mio compito intervenire affinché non lo picchiassero. »
« Obiezione! », tuonò Keiran « L'accusato non viene processato per bullismo. »
« Vostro Onore, è imperativo che la giuria sappia esattamente quello che avvenne al giovane Coleman. »
Il giudice contrasse pensieroso le labbra, poi disse: « Avvocato Hopkins, può continuare nella sua linea di domande, ma sia breve ».
« Mister , può delucidarci riguardo la derisione di suo fratello durante il periodo del liceo? »
« Volentieri, avvocato. » Annuì con sicurezza. Cosmine era sempre stato il più sfacciato della famiglia. « Ogni mercoledì e giovedì, al rientro da scuola, Maynard aveva la divisa sporca. A mensa gli gettavano salse o zuppe addosso, gli rubavano il materiale scolastico, mentre raccontava a papà di averlo perso. »
« E per quanto tempo è durata la faccenda? »
« Fino al conseguimento del diploma. Le mie minacce servirono a ben poco. »
« Non ho altro da aggiungere, Vostro Onore. »       
   
        
Tamburellava a ritmo i piedi. Incessantemente. Una lastra di ghiaccio gocciolante tensione.
« Lei ha dichiarato di aver incontrato suo cugino Maynard poco prima il tentato suicidio in Alaska. »
« Si. »
« Ed è vero che il ragazzo mostrava già da allora evidenti segnali di apatia? »
« E' così. »
« Può raccontarci cosa le riferì l'imputato in quell'occasione? »
Horace ingoiò la saliva. « Si. Maynard mi confidò di non voler assumere gli psicofarmaci, di voler interrompere le sedute di psicoterapia. »
« La ringrazio. »
   
     
Alla vista del medico, Maynard si sbellicò.
« Ordine, ordine! »
I componenti della giuria provarono compassione per il ventitreenne. Sapevano soffrisse di schizofrenia paranoide.
Herrick si piazzò di fronte ad , Logan prendeva appunti dal posto.
« Quindi, dottor Wolanski, Maynard Coleman ha interrotto le cure psichiatriche per due settimane? »
« Si, è esatto. »
« E lei non ha fatto nulla per impedirlo? »
« Obiezione, vostro Onore, la domanda è impertinente. » S'imputò Devon, ottenendo successo.
« Accolta. »
Keiran accettò la piccola sconfitta. « Ed è vero, dottore, che nello stesso frangente Thom Coleman rischiò uno shock anafilattico per colpa dell'imputato, che conoscendo perfettamente l'allergia di suo padre alle piante d'ulivo, gliene regalò in grandi quantità? »
« Si. Quando il mio paziente non assume farmaci, non è capace di intendere e di volere. »
« Irrilevante. Ho terminato. »
   
     
Devon rammentò di dover necessariamente conglomerare delicatezza, soffocando l'asperità richiesta dal suo lavoro.
« Signorina Coleman, ci parli della vittima. La conosceva perfettamente, vero? »
bevve un sorso d'acqua prima di continuare.
« Si. »
« E come faceva a conoscerla? »
« Lui.. era un nostro compagno di scuola. Mio e di Maymay. »
Il giudice intervenne. « La prego, signorina, niente nomignoli. Si riferisca all'imputato come "Maynard Coleman" ».
La ragazza annuì. Nella sua testa, Maynard era di fianco a lei e le stringeva la mano infondendole coraggio.
« Sia lei, sia Maynard, non eravate in buoni rapporti con Mitchell. E' corretto? »
« Si, avvocato. Lui ci prendeva in giro. Chiamava me e Maynard "topi di fogna". Noi non lo infastidivamo in alcun modo, lo giuro. Lo giuro. » La sua voce divenne sussurro.
« Io le credo, signorina. Ma ci narri ancora: Duncan Mitchell, in più di una circostanza ha rischiato di essere espulso. Perché? »
« Perché quando insultava Maynard, io lo raccontavo al preside. »
« Ed un giorno, la vittima pensò bene di vendicarsi. Come, Lacie? »
Devon la incitò a parlare nel microfono. Si chinò e le frasi le uscirono di getto.
« Un giorno.. dimenticai la tuta da ginnastica, prima di tornare a casa. Avevo raccomandato a mio cugino Maynard di aspettarmi fuori, vicino al cancello. Sarei stata veloce. Mi recai nello spogliatoio per recuperarla.. » Le lacrime cominciarono a scorrerle lungo il viso. I ricordi erano ancora troppo vividi.
« La prego, Lacie, continui. »
« La ritrovai. Nel cestino della spazzatura. »
« E allora? Duncan era lì, nello spogliatoio? »
L'aula era in silenzio.
« Si. »
« Cosa accadde? »
« Mi spinse, caddi a terra. Mi strinse il collo. Mi tirò giù gli slip, poi mi toccò ed io.. io credevo Maynard sarebbe corso a salvarmi. Premette forte. Mi fece molto male. »
I rivoli neri di mascara le macchiarono le guance. Devon giocava pericolosamente esponendo il dolore di Lacie dinnanzi a tutti. Puntava sul giudizio dei membri della giuria.
« Tentavo di muovermi ma non potevo. Volevo urlare. E morire. »
Lacie si nascose il viso tra le mani. Le spalle sobbalzavano convulsamente. I singhiozzi la scuotevano. Molti dei presenti si mossero a disagio sui sedili, colpiti dalla dolorosa testimonianza.
« Non ho altre domande. »
   
     
Trascorsero quattro ore da quando Hopkins aveva concluso l'arringa. I giurati sfilarono, a uno a uno. Devon ne studiò le facce, ma non colse segno del verdetto a cui erano giunti. Il giudice infilò gli occhiali.
« Signore e signori, avete raggiunto il verdetto? »
Il presidente si alzò e annunciò: « Lo abbiamo raggiunto, vostro Onore. »
Foster sfogliò in fretta i fogli sui quali la sentenza era stata annotata.
« L'accusato si alzi e guardi la giuria. Come si dichiara? »
Maynard Coleman scattò in piedi.
« Non colpevole, vostra Altezza! »
« Vostro Onore », lo corresse il magistrato, rassegnato.
« Si, si, vostro Onore! » Confermò il britannico fingendo serietà.
Il presidente proseguì: « Appellandoci alla sentenza d'assoluzione di imputabilità, derivante da vizio totale di mente, dichiariamo l'imputato Maynard Coleman non colpevole. »
« Che significa, signor giudice? », domandò con ingenuità il ragazzo. Hopkins strinse i pugni, esultando. Thom abbracciò Lacie. La vittoria apparteneva anche a loro.
« Significa che lei è libero, ma obbligato a riprendere i trattamenti medici. Si rivolga ad un altro specialista, per l'amor di Dio. L'udienza è tolta. »
Batté una volta il martelletto.
   
     
« Maynard? » Un flash lo costrinse a chiudere le palpebre.
« Però poteva avvisarmi. Mi sarei messo in posa. »
« Chiedo scusa, il fotografo sa essere molto molesto », giustificò l'interlocutore.
« Penna e taccuino, invadenza senza pari. Vuole chiedermi qualcosa, signor..? Se l'intuito non m'inganna, lei è un giornalista. »
« Invadente è il mio secondo nome. Come la fa sentire, il verdetto? Sapere di apparire agli occhi del mondo come un infermo mentale? La stampa ci andrà a nozze e per giorni non si parlerà che di questo. »
« Lo ha stabilito la legge, signor Lavan, non io. Cosa sono davvero? Un torrente di sensazioni che la società mi impone di reprimere perché ho scelto di non schierarmi con la maggioranza. Ci pensi un attimo: da oggi in poi il mondo avrà uno stupratore in meno. Eppure continuerà a vedere me come il mostro. Ad ogni minuto che scorre, un missile cade in Medio Oriente, uccidendo milioni di innocenti. Ad ogni minuto che scorre, una specie protetta raggiunge l'estinzione perché nonostante i divieti, la caccia è il diletto degli uomini. Ad ogni minuto che scorre, in Africa dei bambini muoiono di fame, mentre ci ingozziamo davanti alla tv per spettegolare sul caso del ragazzo che si è fatto giustizia da solo. Le interessa realmente sapere come mi fa sentire? Bene. Benissimo. Non ho violentato una donna, ho ammazzato un essere meschino. Chieda ad una vittima di stupro come ci si sente a camminare per strada, a ricevere una pacca sulla spalla o un bacio sulla fronte. E' vero, sono infermo. Come lo è lei, come lo siamo tutti. E' l'intera comunità ad essere malata. L'annientamento è nella nostra indole. La vita è ingiusta per chiunque. Riferisca alla stampa che non provo vergogna, e che il mio non è stato un gesto d'egocentrismo. Mi dispiace per aver creato scompiglio. »

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