Dopo l'abbondante spuntino mattutino, Lucrezia lo accompagnò al Castello del Conte. Durante il viaggio Zeno si sentì gli occhi puntati addosso. Evidentemente i siranesi non avevano mai visto una persona nuova. Fece un ragionamento piuttosto contorto: Sirano era un'economia chiusa, fine a sé stessa e dunque non aveva bisogno di scambi commerciali con altre città, motivo per cui raramente arrivavano esterni. In confronto ai palazzi cittadini, era grande e imponente, ed era almeno quattro volte più alto di essi. Aveva l'aspetto di un rudimentale castello medievale, con evidenti modifiche in epoche successive. Non presentava alcun ponte levatoio o alcun fossato intorno ad esso. Era costituito da un dongione, dove probabilmente erano presenti gli alloggi, e dietro di esso poteva scorgere una torretta circolare e – più a destra - un mastio più alto. Il muro che circondava le parti interne non esibiva alcun merlo tipico di quel periodo. Tutte le parti che lo componevano erano coperte da bassi tetti dalle tegole rossicce.
<<Dunque, questo è il castello del Conte, come vi ho già detto. Lì vive lui e la famiglia.>> disse la ragazza indicando il dongione, per poi spostare l'indice verso una bassa torre, posta proprio accanto ad esso <<Mentre lì vi è il torrione, dove all'interno si trova la Fabbrica Generale. Vi è il divieto assoluto di entrare poiché, come vi ho già detto, la Fabbrica custodisce la Pietra Rossa, la quale è intoccabile.>> concluse scandendo per bene l'ultima parola.
Zeno non disse nulla. Tutto ciò che aveva detto seguiva un filo logico: se la Pietra fosse stata rimossa dalla macchina che riforniva tutta la città, questa sarebbe svanita nel nulla.
<<Grazie per questa illuminante spiegazione, mia signora.>> la sbeffeggiò Zeno inclinando leggermente la testa galantemente e con un sorriso allusivo <<Ora cosa contate di fare?>>
<<Ma come? Non v'importa ch'io vi racconti alcuni cenni della famiglia reale?>> domandò lei incerta alquanto incerta, con la mano sospesa a mezz'aria, con lo sguardo destinato al ragazzo dietro di lei, ma col corpo ancora rivolto verso il castello, come se fosse posseduta ancora una volta dalla cupidigia di parlare del Visconte.
<<Penso che le mie orecchie abbiano udito abbastanza alla caffetteria.>>
<<Ebbene, mio signore, la nostra terza tappa sarà il Portale! >> affermò impetuosamente, col solo scopo di nascondere la sua assiomatica delusione dovuta alla risposta di Zeno.
La ragazza dunque si voltò completamente e, in men che non si dica, si ritrovò già a pochi metri più avanti. Camminava con passo svelto e piuttosto fragoroso, tanto che Zeno faticava a starle dietro. Ella svoltò nella Strada B del Viale Quattro. Lui la seguì tacitamente, senza prestare troppa attenzione agli edifici ai suoi lati, che parevano restringersi sempre più.
Girarono a sinistra, nella Strada D e, percorrendone circa trecento metri, imboccarono la Strada F a destra.
Per mezz'ora camminarono e stranamente Lucrezia non aprì bocca per tre chilometri. Gli edifici terminavano bruscamente di fronte a una boscaglia di conifere, dove l'artificio umano lasciava spazio alla perizia della natura. Quell'enorme distesa di alberi - alti, pungenti e fitti – provocò in Zeno una sensazione spiacevole. Più mirava lontano e più sembrava che quel bosco diventasse oscuro e inospitale, lontano dal calore umano dei siranesi e dalle luci dei lampioni della città. Di certo non si sarebbe mai avventurato di notte in quel luogo. Ma al momento qualcos'altro attirò la sua attenzione: un arco a tutto sesto, di circa due metri, si manifestò davanti a lui. Non sosteneva nulla, nessun muro. Era solo un contorno di marmo bianco, composto dalle classiche parti architettoniche: imposte, piedritti e una strana chiave di volta, a forma di esagono, che si incavava leggermente, come se le mancasse qualcosa. All'interno dell'area delimitata dall'arco una chiazza blu emanava della luce propria, la stessa che aveva visto prima di svenire. Per un attimo Zeno sentì un brivido lungo la schiena: al di là di quella cosa c'era sua madre, Fabio, la sua vita. Rimase incantato, quasi ipnotizzato, da quel bagliore invitante. Se avesse attraversato quel Portale il sogno sarebbe finito. Forse si sarebbe risvegliato sudato nel suo letto, si sarebbe alzato e avrebbe avuto l'ennesimo battibecco silente col patrigno. Perché mai sarebbe dovuto tornare a casa? Rinunciare all'affetto accogliente e solidale dei Lombardi, all'armoniosa, calda e gaia voce di Lucrezia, al mistero che circondava le Otto Città e che ancora non aveva appreso a fondo...
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La Città Meccanica - La Pietra Rossa
Fantasy1875. Dopo il trasferimento nella sua nuova casa a Desenzano, Zeno Rossini - un borghese quattordicenne - viene a conoscenza della gravidanza di sua madre e dei piani di Fabio, il suo odioso patrigno, che punta ad escludere il figliastro dalla sua e...