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«Quindi da dov'è che vieni?» chiese il biondo platinato. I ragazzi se ne stavano tutti seduti, sui divanetti del salotto intorno al tavolinetto di legno, mentre, tra una domanda e l'altra, provavano a conoscere meglio che tipo di persona fosse quella ragazza che, di lì a poco, avrebbe abitato sotto il loro stesso tetto.

Henry attese la risposta da parte della riccia, finché questa non arrivò.

«Ho origini messicane, ma in realtà non ho mai avuto una vera città da considerare come la mia città. Sapete, mio padre ha un lavoro non molto... conveniente per noi che stiamo a casa.» disse, con tono leggero e abbassando lo sguardo nella parte finale del suo discorso. Quella ragazza aveva qualcosa dentro che non riusciva a mostrare al mondo esterno, qualcosa che doveva far male.

Ma del resto, come tutti in quella casa, anche lei aveva il diritto di indossare la sua maschera.

In quel momento, l'unico ragazzo che dal suo arrivo non aveva aperto bocca, fu il primo a parlare.

«Basta giri di parole. Perché sei qui?»

Secco e diretto. Era il solito atteggiamento che assumeva Kyle, soprattutto in situazioni che lo annoiavano, ovvero quasi sempre dato che la sua percentuale di interesse al mondo era pari a sotto lo zero percento. Come James era solito definirlo, era indifferente al mondo e a qualsiasi cosa lo circondasse. Era meno indifferente però alle provocazioni, soprattutto quelle di James stesso, che ogni volta lo portavano all'esasperazione e alla perdita del suo scarso autocontrollo.

Poche erano le volte che ricordava di averlo visto davvero interessato a qualcosa, perlopiù cose serie. Vederlo appassionato, invece: quasi impossibile.

Se ne stava seduto in modo composto e ordinato su una delle comode poltrone del salottino, con uno sguardo impassibile e sbattendo la suola del piede a terra ripetutamente, segno di impazienza.

Gli sguardi di tutti furono puntati nel giro di un attimo sulla figura della diretta interessata, a disagio e scossa dal suo modo brusco di porle la domanda.

Rimase in silenzio per un paio di secondi, poi aprì bocca per rispondere.

« E' stato un incidente, voglio dire... una lunga storia »

Ma la voce che riecheggiò tra le pareti della casa era diversa da quella aspettata. Evelyn si voltò verso quella persona, la stessa che in poche ore le aveva drasticamente cambiato l'esistenza, almeno in parte. Grazie a lui era riuscita a trovare un posto che non fosse il carcere che era costretta a chiamare casa fino a poco tempo prima. Era proprio Liam, una delle poche persone che in tutta la sua vita non si erano affrettati a giudicarla e a farla sentire inadatta in quel mondo che sentiva troppo come "non proprio".

Lo guardò, cercò il suo sguardo, ma l'attenzione del ragazzo non era minimamente rivolta a lei.

Distolse gli occhi da lui all'istante, si sentiva a disagio. Ricordava esattamente le sue parole. L'aveva detto chiaro e tondo.

"Non voglio avere i sensi di colpa"

Eppure lo sapeva. Sapeva esattamente cosa lui intendesse, ma proprio non riusciva a convincere sé stessa. Forse era per il fatto che non avesse esitato ad aiutarla quando ne aveva bisogno, le aveva dato un posto dove stare e senza insistere sulle sue condizioni le aveva dato un aiuto più grande di quello che mai avesse potuto chiedere.

Rispondendo alla domanda al suo posto, Liam si guadagnò inevitabilmente un'occhiataccia da parte di Kyle, una di quelle occhiate che fece accapponare la pelle ad Evelyn.

Questo creò una palpabile tensione nella stanza, fortunatamente interrotta dall'intervento di Henry, il quale alzandosi attirò l'attenzione di tutti i presenti nella stanza.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 06, 2021 ⏰

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Roommates // I. Il Profumo Delle VioleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora