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Evelyn si guardava attorno terrorizzata, mentre il ragazzo al suo fianco scendeva dall'auto e si dirigeva verso il portone dell'abitazione che si ergeva davanti ai loro occhi.

Chiamarla bella sarebbe stato un eufemismo enorme.

Le pareti esterne della casa erano dipinte di un colore turchese scuro (dettaglio che la differenziava dalle altre del quartiere, tutte dello stesso colore beige, ocra o al massimo crema), mentre le finestre sia del piano superiore sia di quello inferiore erano bianche. Dopo il secondo piano era possibile vedere uno spazio, molto probabilmente dedicato ad un'eventuale cantina.

Riusciva già ad immaginarla piena di scatoloni e cianfrusaglie di ogni genere, come nei film, dove puoi trovare di tutto.

Infine, tutt'intorno alla casa si ergeva uno stupendo giardino pieno di cespugli ben curati e verde ovunque. Le piaceva, doveva ammetterlo.

Non poteva però dire che fosse la casa più bella e grande che avesse mai visto, a causa dei suoi continui spostamenti che la portavano ad alloggiare in posti grandi quasi il doppio di quello nonostante a viverci ci fossero solo lei, i suoi genitori e suo fratello.

Il corvino si fermò a pochi passi dal portone principale, attirando l'attenzione di Evelyn che fece lo stesso.

Non sapeva come comportarsi. Cosa avrebbe dovuto fare? Ora non c'era Lizzy con i suoi consigli, non c'era nessuno, era sola, in un certo senso. Circondata da sconosciuti, in un mondo estraneo.

Un colpo di tosse.

«Evelyn, c'è una cosa che non ti ho detto.»
La ragazza inizialmente fu colta di sorpresa, poi abbassò lentamente il capo vergognandosi di essere stata colta con la testa fra le nuvole.

«Ecco, io non abito da solo.» disse il più alto.

Evelyn a quelle parole si sentì una stupida. Avrebbe dovuto immaginarselo. Probabilmente abitava con la sua famiglia, o magari aveva già una ragazza di cui occuparsi, cosa alquanto probabile dato il suo bell'aspetto. Mettersi in mezzo ad una situazione del genere sarebbe stata la prima cosa in assoluto che avrebbe voluto evitare.

«Io non... non voglio creare disturbo. Forse è meglio che vada.» disse, un attimo prima di girarsi abbandonando del tutto le speranze.

Sapeva che non sarebbe stato giusto, per questo se ne andava. Era stata solo un'egoista. Aveva pensato solo a sé stessa, e non a ciò che le sue azioni avrebbero comportato. Si sentiva come i suoi genitori, quando decidevano di trasferirsi senza neanche badare a ciò che lei pensava a riguardo.

«Aspetta!»

Sentì una stretta al polso, che la costrinse a voltarsi.

Dall'espressione che il ragazzo aveva sembrava quasi offeso. Forse stava sbagliando.

Ancora.

Abbassò lo sguardo dove la mano del corvino entrava in contatto con la sua pelle, creando un gradevole calore. Era una strana sensazione, qualcosa di rilassante e al tempo stesso adrenalinico. Non sapeva bene spiegarlo, ma sapeva che era qualcosa che mai aveva provato.

Sentiva il calore affluirle alle guance, ancor di più quando alzando gli occhi incontrò quelle due pietre azzurre già fisse su di lei.

Dopo alcuni secondi passati in silenzio, finalmente si decise ad aprire bocca.

«Mi dispiace. » disse, abbassando il capo.

Liam la guardò, con uno sguardo misto tra l'essere mortificato e l'essere intenerito.

«Non hai nulla di cui dispiacerti» sorrise impercettibilmente, poi allentò la presa attorno al polso minuto della riccia. Evelyn fu quasi dispiaciuta quando quel contatto fu interrotto.

Roommates // I. Il Profumo Delle VioleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora