Capitolo 2

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L'odore del caffè inondava la casa e il verso delle rondini in volo rendeva l'atmosfera mattutina tranquilla e rilassante. Clelia scese in cucina spinta da una gran fame e accese la musica.

'Because I'm only a crack in this castle of glass

Hardly anything left for you to see 

For you to see 

Bring me home in a blinding dream, 

through the secrets that I have seen 

Wash the sorrow from off my skin 

and show me how to be whole again'

Canticchiava una canzone dei Linkin Park, una canzone che la rispecchiava molto mentre affogava in una tazza di caffellatte e cereali.

Prese la borsa e uscì di casa. Era una mattina come le altre e si respirava nell'aria l'odore dolciastro dell'acqua del lago. Scese le scale del grande porticato e si avviò in una stradina ricca di betulle.

***

Clelia era una ragazza piuttosto solitaria, preferiva di gran lunga il silenzio all'assordante rumore della cittadina e alle mille voci che si affollavano e si incastonavano disastrosamente nella sua testa. Da quando sua madre l'aveva lasciata da sola a dover combattere  contro le insidie del mondo, si era chiusa in se e aveva iniziato ad isolarsi: l'unico rimedio al dolore, la prevenzione di eventuali danni collaterali. 

Era molto piccola quando la donna che l'aveva messa al mondo e che l'amava più di tutti era deceduta, aveva solo sette anni: quella mattina di novembre dormiva spensierata, rannicchiata come una normale bambina tra le coperte calde, sognando come una normale bambina tra cullate illusioni. Poi, in un attimo, si è trasformata in una donna. Una donna immatura, precoce, impreparata. Troppo piccola per diventare grande e affrontare la realtà con gli occhi di un adulto.                                                                                                                                                                                    Eppure, quella stessa mattina, svegliandosi come in una normale giornata della propria infanzia, ha dovuto indossare  un abito più largo di lei, con le maniche lunghe per aggrapparsi esclusivamente a se stessa e il colletto ampio per sostenere sulle proprie spalle il peso insormontabile del mondo. 

Pensava spesso a sua madre, cercava di ricordarne il profumo, la voce, la gestualità. Avrebbe desiderato disperatamente  tornare indietro nel tempo, fermarlo e scattarle una fotografia per non vivere con il rimorso di non riuscire a ricordarla. 

Aveva appena compiuto diciotto anni ed era una ragazza davvero particolare, a tratti esuberante ma terribilmente fragile. Troppo esile per riuscire a combattere da sola una battaglia invincibile.

Era un uragano, un uragano che avrebbe cominciato a riacquistare forza, a riconquistare terreno per affrontare quelle stesse debolezze che la divoravano.

Uragano deboleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora