Promesse sotto un cielo di finte stelle

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  Erano sdraiati l'uno vicino all'altro, stretti in un amorevole abbraccio. I loro occhi guardavano il soffitto di pietra e con l'immaginazione contavano infinite stelle, inventando costellazioni inesistenti ma vivide nel loro gioco di immaginazione.
Gli occhi di Patroclo si posarono su Achille, osservandolo come sempre era solito fare. Conosceva a memoria quel volto eppure non si stancava mai di guardarlo, incantato da quell'eterea bellezza che ai suoi occhi lo faceva apparire più brillante delle stelle.
Come sempre si soffermava sui suoi capelli dorati, profumati di fichi e di fiori; poi sugli occhi verdi, incantevoli con i suoi sprazzi dorati. Ma Achille non sembrava accorgersene. Parlava con la sua bella voce e raccontava di quelle stelle che stava immaginando, associando ad ognuna di esse una storia che prometteva di tradurre in musica un giorno. Il suo sguardo era sognante, quasi perso in quella immaginaria realtà seppur non del tutto, giacché sembrava tenersi ancorato al mondo reale grazie a un braccio che teneva Patroclo stretto al suo petto, mentre gli accarezzava con le dita la pelle e poi i capelli scuri.
Patroclo si sentiva beato da quelle attenzioni, così come le sue orecchie si deliziavano dell'amata voce. In verità, si sentiva benedetto e basta; quelle notti ancor più delle altre. Quella era stata la seconda volta che avevano fatto l'amore ed ora erano lì, con i nudi corpi avvinghiati, a trascorrer il tempo dolcemente lontano da ogni qualsivoglia preoccupazione. Oh! Non mentiva di certo quando diceva che il tempo sembrava fermarsi quando erano soli, sì!, proprio fermarsi dinnanzi tanta tenerezza e perfezione. E tuttavia correva anche sin troppo, perché nel giro di un attimo Apollo aveva già fatto risplendere in sole e gli abbracci dovevano sciogliersi per lasciar spazio alla vita di tutti i giorni. Patroclo sembrava esserne lieto ma dall'altro lato si intristiva al pensiero del futuro, quel temuto avvenire che le Parche celavano ai loro occhi. Per quanto ancora sarebbe durata la loro comune perfezione? Per quanto ancora si sarebbero addormentati abbracciati per poi vivere una giornata all'insegna degli allenamenti o l'apprendimento con Chirone?
«A cosa pensi?»
Achille si era ridestato d'improvviso dal suo mondo fittizio per puntare lo sguardo di primavera su Patroclo. Prese anche una sua ciocca di capelli e l'attorcigliava tra le dita, un amorevole attenzione ben gradita al suo amante.
«Alla tua bellezza quando ti immergi nei tuoi pensieri e cominci a parlare e parlare.» Rispose Patroclo. «Ma anche a quanto sia meraviglioso e perfetto tutto questo. Noi, intendo. Non credo di esser mai stato tanto felice.»
Achille chinò il volto per lasciargli un bacio sulla labbra. Appoggiò la fronte su quella di Patroclo e si immerse nei suoi occhi da cerbiatto.
«Hai ragione, è tutto perfetto.» Sussurrò. «E anche tu sei bellissimo.»
«Non quanto te.»
«Ma non sono un Narciso che si innamora di se stesso. Quindi per me sei tu il più bello.»
«Sai bene che esistono uomini più belli.»
«Forse, ma io ho detto per me. Gli altri non li guardo certamente.»
Patroclo sentì il calore espandersi sulle sue guance e le labbra si curvarono spontaneamente in un imbarazzato ma dolce sorriso. Si sporse a propria volta per lasciare un bacio sulle labbra amate, un contatto fugace ma assai amorevole a cui non seguì una risposta verbale.
Si guardarono in silenzio per un poco, scambiandosi nuovi baci, delicati, puramente affettuosi. Patroclo ne approfittò anche per accoccolarsi meglio contro il corpo di Achille, così prestante e atletico. Per un istante si chiese come potesse un uomo tanto affascinante provare attrattiva per lui; lui che non possedeva un simile corpo, anzi, era addirittura gracile a confronto. Ma fu una domanda che scacciò subito perché sapeva che Achille non pensava a quello, bensì lo amava di un amore che non dava priorità all'aspetto bensì all'anima stessa. E loro anime erano complementari, l'una la metà mancante dell'altra.
«Sono così fortunato...» Disse, con gli occhi socchiusi che realizzavano immagini felici, riportando però alla luce anche figure tristi e preoccupazioni. «... e mi chiedo se questa fortuna non abbia un prezzo da pagare.»
Gli occhi di Achille si incupirono d'improvviso e il suo sguardo si perse nel vuoto della stanza, distante, addolorato quasi. Nel guardarlo era invero possibile osservare il lavorare della sua mente, la concentrazione pura che accalcava e formulava pensieri uno dopo l'altro, una mareggiata infinita di parole e concetti che suo malgrado conducevano sempre alla medesima conclusione.
«Ha sempre un prezzo da pagare, soprattutto per un semidio.»
Lo aveva detto con voce rassegnata, malinconica. D'istinto aveva inoltre stretto Patroclo ancor di più verso di sé, baciandogli i capelli una, due, tre volte quasi ad accertarsi che fosse davvero lì, vicino a lui per esser baciato e stretto.
«Achille...»
«E' la verità, mio amato Patroclo. Non so per quanto ancora avremmo questa felicità ma spero abbastanza per poter godere di ogni attimo senza rimpianti.»
«Potremmo essere un'eccezione. Potresti essere un'eccezione.»
Patroclo aveva parlato con una voce così ingenua e speranzosa che Achille sentì il proprio cuore esser stretto da una morsa dolorosa che gli appesantiva il petto. Con gli dèi e con il fato non vi era spazio per la speranza, soprattutto quando si trattava di eroi.
Fortuna e disgrazia camminano di pari passo, l'una accanto all'altra. Talvolta accadeva che una delle due superasse l'altra ma si trattava sempre di una gara momentanea, di una sfida che si protraeva nel tempo fino a raggiungere il medesimo risultato. La disgrazia era sempre più veloce, oppure barava in eterno senza che la fortuna la scoprisse mai. E Achille questo lo sapeva, lo aveva sempre saputo.
Quel che non avrebbe mai potuto immaginare era quanto grande fosse la portata della sua disgrazia e per quanto la fortuna avrebbe resistito alla maledetta arpia sempre pronta ad allungare gli artigli per deliziarsi di sangue, morte e trionfo. Era solo questione di tempo e il tempo, ahimè, scorre imparziale per ogni forma di vita mortale.
«Proverò ad esserlo.»
Questo aveva detto, perché dinnanzi lo sguardo di Patroclo aveva sentito l'animo morire per un istante al pensiero di recargli tristezza e sfiducia. Ma per quanto consapevole della bugia detta, Achille preferì donar a Patroclo l'illusione di un'eterna perfezione, il sogno di loro due stretti sul letto che per lungo tempo si sarebbero svegliati l'uno accanto all'altro, magari anche quando quei capelli di cioccolato avrebbero cominciato ad assumere tonalità biancastre.
Ah, era una visione meravigliosa, lo era così tanto che se ci avesse pensato a lungo avrebbe potuto piangere dalla commozione e la gioia che riempiva il cuore. Tuttavia non poteva crederci davvero, perché così non sarebbe stato. Non poteva esserlo, sebbene il suo animo orgoglioso e innamorato conservò in grembo quella speranza, covò in segreto quella tacita promessa. Avrebbe provato a scappar dalle tragiche sorti, avrebbe tentato per Patroclo nonostante la consapevolezza di sconfitta.
«...sì. Ci proverò. Solo per te. Sarò il più forte tra gli achèi e avrò la gloria che mi spetta. Ma, soprattutto, avrò sempre te al mio fianco. Sempre.»
Gli occhi di Patroclo divennero lucidi e d'impeto lo baciò con amore e contentezza.
Si baciarono a lungo, fino a quando Morfeo non li accolse tra le sue braccia regalandogli sogni felici che sarebbero poi stati contrastanti con la cruda realtà che li avrebbe travolti da lì a pochi anni.

Angolo dell'autrice.
Eccomi con la mia nuova Patrochille, scritta per il writober. Mi mancava molto scrivere di loro due e dunque ho colto la palla al balzo per farlo. (Poi dopo una giornata trascorsa a studiare Storia Greca direi che ci stava anche, non ceredete?)
Buona lettura e (spero) a presto!  

( Patrochille ) Promesse sotto un cielo di finte stelle.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora