"Ti avevo dipinto il viso come si dipingono i paesaggi più belli, donandoti i colori che non riuscivi a vedere con i tuoi occhi spenti e tristi, grigi come un mattino di nebbia„
» Seokjin è un pittore e ha perso l'unico dipinto a cui abbia mai tenut...
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Il grigio è davvero un colore interessante, l'ho sempre pensato. Non è né nero, né bianco. È solo una fase tra i colori più importanti.
Conosco tutte le sfumature e le tonalità di grigio possibili, tutti i loro segreti e i loro significati, eppure è forse il colore che uso di meno. Il solo vederlo sulla mia tela mi riempie gli occhi di tristezza e malinconia.
Tu, Kim Namjoon, eri grigio. Ti vedevo ogni giorno, io, seduto sul mio sgabello sulla sponda del fiume, un pennello tra le dita e il sole che faceva capolino sullo sfondo; tu camminavi in mezzo alla gente, il capo chino, eppure io ti vedevo.
Eri la bozza di un disegno bellissimo, ma mai finito, i contorni sbiaditi e le spalle ricurve. Kim Namjoon: un grigio tenue in un mare di colori sgargianti.
E nonostante ti nascondessi, i miei occhi si posavano su di te con una facilità straordinaria, come se dipendessero dal tuo riflesso e dalla tua pelle rovinata a causa degli sguardi degli altri su di essa.
Quando giravi l'angolo, ed io ero costretto a volgere il mio sguardo altrove, il colore della tua anima sbiadita restava impresso nelle mie pupille come un marchio di fuoco.
Avevo paura a rivolgerti di nuovo la parola, avevo paura di restare ferito di nuovo dal freddo che emanavi, dopo così tanto tempo.
Eri il mio libro preferito, ma non ti comprendevo affondo. Avrei tanto, tanto voluto sfogliare le tue pagine imbrevute d'inchiostro scuro, toccare il tuo viso di cenere senza rovinarlo, riaggiustare con le mie stesse mani le ferite che sembravano bruciare nel tuo cuore e dedicarti i colori più belli di questo mondo.
Io ti amavo, ti amavo con tutto me stesso, Namjoon, ma ero e sarò per sempre uno stupido.
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Mi ricordo la prima volta in cui i nostri sguardi si incrociarono. Sei sempre apparso più grande di me, nonostante abbiamo la stessa età.
Mi ricordo che entrasti in quell'aula piccola e perfettamente ordinata dalle pareti turchesi. Avevi gli occhi rivolti alle mattonelle del pavimento cercando, forse, conforto tra la polvere. Rivolgesti poi il tuo sguardo alla classe.
I tuoi occhi, Namjoon, i tuoi occhi erano due pozze scure contenenti l'intero universo. Sono ancora così?
Non m'innamorai subito di te, no. Vedi, non ho mai creduto all'amore a prima vista; credo che per amare qualcuno bisogna coltivare il cuore e raccoglierlo come petali di rose.
Ricordo i pomeriggi passati insieme al parco, in giardino, sotto la pioggia, "casa mia o casa tua?".
Poi arrivarono le occhiate fugaci durante le ore di lezione, le mani che si avvicinavano cautamente per toccarsi così poco, il cuore che palpitava e le guance che diventavano calde ad ogni sorriso accennato. Cosa ci stava succedendo? Forse capii e tutto svanì per colpa mia. Me ne andai.
Lasciai la scuola per dedicarmi a ciò che più amavo fare oltre ad accarezzarti il cuore: dipingere.
Avevo paura e così me ne andai. Ti lasciai solo, ma non portai con me il tuo cuore come tanto mi sarebbe piaciuto fare.
Passò un anno durante il quale quasi ti dimenticai, ma a volte il destino può cambiare.
Tutte le mattine mi svegliavo abbastanza presto, ho sempre amato ammirare l'alba con una tazza di thè fumante tra le mani.
Le mie giornate erano semplici: prendevo il necessario, uscivo di casa e mi posizionavo nella solita piazzetta vicino al fiume. Piazzavo il cavalletto a terra, da un lato il tavolo con i miei lavori, e poi mi sedevo sul solito sgabello per iniziare a dare sfogo alle mie dita.
Amavo la mia semplicità. Amavo come il sole si posava sui miei capelli accompagnato, talvolta, da un vento leggero. Amavo la sensazione che mi dava tenere un pennello o una matita tra le dita, il colore che si posava sulla tela seguendo i movimenti fluidi del mio polso. Amavo anche le persone che, passando curiose, mi chiedevano un ritratto; i bambini che, chi più timido e chi più vivace, si avvicinavano per un disegno.
Non avevo bisogno di nient'altro. Questo però, fino a quando non ti vidi di nuovo, Namjoon.
Dovevi, dovevi assolutamente essere tu. Non potevo sbagliarmi. Come sarebbe stato possibile? Le ore passate ad osservarti e a leggerti l'anima, a sorridere e a piangere con te, avevano lasciato il tuo viso nella mia mente e non avevano intenzione di riprenderselo.
Eri diventato la spaccatura nella mia vita che solo ora sembrava tanto monotona. Eri come la pioggia che cade sulla pittura fresca: mi toglievi i colori e mi investivi di grigio, scioglievi, mescolavi e attorcigliavi il mio stomaco senza nemmeno rendertene conto.
Ma io resistevo, lottavo contro il bisogno di amarti.
Forse un giorno sarei riuscito a parlarti di nuovo, ma per il momento mi limitavo ad ammirare da lontano le tue sfumature.