"Ti avevo dipinto il viso come si dipingono i paesaggi più belli, donandoti i colori che non riuscivi a vedere con i tuoi occhi spenti e tristi, grigi come un mattino di nebbia„
» Seokjin è un pittore e ha perso l'unico dipinto a cui abbia mai tenut...
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Erano passati diversi minuti da quando avevo finito di preparare il tè e avevo posato la tazza sul comodino, tu ancora dormivi.
Chissà cosa stavi sognando, Namjoon. Chissà se anche i tuoi sogni erano una tempesta di emozioni contrastanti come i miei.
Non tremavi più e le palpebre dei tuoi occhi scuri erano adagiate in un'espressione serena sul tuo volto, le ciglia che dolci accarezzavano le tue guance rosee e calde per la febbre. Forse trovavi nei sogni il tuo rifugio dalla realtà in cui ti avevo catapultato.
Eri una visione eterea ai miei occhi, Nam. Persino il più grande dei pittori si sarebbe fermato ad ammirarti, invidioso della bellezza del dipinto che eri. Quel dipinto però, io lo volevo per me e solo per me.
Tutto di te era complicato, a partire dalla tua pelle dalle mille sfumature, dai tuoi occhi che riflettevano qualsiasi spiraglio di luce nelle vicinanze e la tua bocca di un lieve tono rosato. Inevitabilmente, mi ero ritrovato con una tela davanti agli occhi e la tavolozza spruzzata di colori in una mano. Non viaggiavo mai senza quella parte di me nello zaino: capitava spesso che, alla vista di un paesaggio ispiratore, mi mettessi a dipingere.
Non era la prima volta che disegnavo il tuo volto, ma mai l'avevo fatto con te a pochi centimetri di distanza. Avevo passato così tanti pomeriggi a tratteggiare i tuoi lineamenti sulla carta e sulla tela, ma in quei momenti cercavo la tua essenza nel mio ricordo di te, cercavo di riportare tutti i dettagli del tuo viso sulla tela bianca prima di dimenticarlo.
In quel momento però, tu eri lì.
E se ti fossi svegliato? Poco importava, avrei trovato una scusa; per il momento volevo solo che la mia mano si muovesse lenta sulla tela com'era abituata a fare.
Disegnai prima i contorni del tuo viso, proseguendo poi con i capelli di sottili fili d'oro scuro. Tratteggiai le tue labbra, sporcando la tela bianca di un rosso tenue e non potei fare a meno di soffermarmi per un momento su di esse. Modestamente, la tua bocca mi era sempre riuscita facile da disegnare e così fedele alla realtà da sembrare vera; solo i tuoi occhi mi portavano difficoltà: avevo provato e riprovato, accartocciato e stracciato pezzi di carta, consumato matite, ma mai ero riuscito a imprimere la tua anima all'interno di quelle tue iridi scure.
Mi chiedevo il perché, ma non sapevo darmi una risposta: solitamente gli occhi delle persone non erano un problema per me, anzi, forse erano la parte del viso che mi riusciva meglio.
Chissà, magari era per colpa della tua attitudine a tenerli sempre rivolti verso il basso, o forse erano semplicemente troppo profondi e colmi di ricordi per essere riportati da una semplice mano insicura come la mia. Pensandoci però, andava bene così. Mi piaceva pensare a te come la mia emozione più complicata, tanto inspiegabile da essere impossibile da riprodurre con un paio di banali colori.
Coprii con cura il disegno e lo nascosi nel mio zaino; una volta a casa, sarebbe andato ad aggiungersi alla moltitudine di tavole e di schizzi che ti raffiguravano, sparsi per il mio studio.
Stavi ancora dormendo e si era fatto tardi. Non avevo ricevuto notizie da quel Taehyung, per cui decisi che era arrivato il momento di tornarmene a casa. Mi avvicinai al tuo letto per controllare un'ultima volta come stavi e passai una mano sulla tua fronte. Sospirai: era bollente.
Ti guardai ancora, non potevo farne a meno Namjoon, eri come una calamita per le mie iridi desiderose di specchiarsi nelle tue. Sorrisi leggermente alla vista del tuo viso più pallido del solito che contrastava il rosa delle tue guance e mi feci forza. Abbassai appena le palpebre e ti lasciai un leggero bacio sulla fronte accaldata. A pensarci bene, non poteva neanche essere definito un bacio: era più simile ad un contatto, ad una leggera carezza esitata. Nonostante questo però, tu apristi gli occhi assonnati e congiungesti il tuo sguardo al mio; giurai di aver visto l'ombra di un'inaspettata sorpresa trapassare il tuo viso.
Sussultai. «Ora.. dovrei andare. Ti ho lasciato il tè caldo sul comodino..» Fu tutto ciò che riuscii a dire. La mia voce mi sembrò rimbombare per tutta la stanza, nonostante avessi quasi sussurrato.
Tu biascicasti un flebile grazie mentre i tuoi occhi viaggiavano dal mio volto ad un punto indefinito alle mie spalle. Non riuscivo a comprendere se fosse odio o paura ciò che provavi nei miei confronti. Davvero Namjoon, come potevi essere così incomprensibile quando io volevo solo dipingere i tuoi occhi nella mia mente? Vedere il tuo viso così distrutto e trafitto da deboli e piatte emozioni traballanti mi provocava uno squarcio nel petto: da un lato avrei voluto mollare tutto e dimenticarti, dall'altro ero incondizionatamente deciso ad aiutarti, a starti vicino e a riportarti da me.
«Cerca di riprenderti, io torno domani.»
La presi come una promessa, quasi un obbligo, nei mie confronti: sarei tornato anche se tu non mi avessi aspettato. E non ero un egoista, no, volevo solo ritrovare tutti i tuoi pezzi rotti e riaggiustarti.