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Una volta tornato nel suo studio, Minho scrisse una breve relazione sulle due ore passate con Han, poi gli venne un idea: se Han non poteva interagire con gli altri pazienti, avrebbe potuto usare il pianoforte a muro dell'aula durante la mattina o nel primo pomeriggio, quando tutti gli altri si trovavano nelle proprie stanze.

Avrebbe potuto accompagnarlo dopo le visite, anche se si sarebbe probabilmente perso il pranzo.

Il mattino seguente prima di recarsi al lavoro si fermò in un panificio, e poi prese al volo la metro.

Han, aveva passato il pomeriggio a ripetersi mentalmente quella melodia che aveva sentito dopo anni di silenzio. Era così felice che aveva perfino mangiato quel cibo indigesto.

Quella mattina, era stranamente rilassato: dopo molto tempo aveva sognato un luogo tranquillo, era sdraiato sull'erba fresca, osservando il cielo notturno che brillava di mille stelle. La brezza fresca gli accarezzava la pelle scoperta e il suono di un pianoforte lo coccolava.

Dopo aver rigettato le medicine, bevve un paio di sorsi di quell'acqua sporca che avevano il coraggio di chiamare thè, e addentò un biscotto.

Camminò per la stanza, di solito se ne stava sempre raggomitolato nell'angolo, ma oggi non ne aveva voglia.

Sentì la serratura scattare, segno che qualcuno stava entrando. Rimase interdetto, non sapendo cosa fare si getto di peso sul letto.

Il corvino entrando notò Han sdraiato di pancia sul letto sfatto, le gambe e le braccia aperte come una stella marina.

Poggiò involontariamente lo sguardo sui glutei coperti dai boxer chiari, scoperti dall'apertura del camice bianco.

"Buongiorno Han" - "Vedo che oggi hai cambiato posizione"

Han si alzò di scatto, sorprendendo il corvino che lo vide mettersi a sedere, poggiando la schiena contro il davanzale della finestra.

"Ciao" Bofonchiò imbarazzato.

"E mi saluti anche! Incredibile!" Disse soddisfatto. "Posso sedermi?"

Il ragazzo annuì, ma rimase sorpreso quando lo vide sedersi al suo fianco piuttosto che sulla sedia come il giorno precedente.

"Allora Alice, cosa mi racconti oggi?"

"Non chiamarmi Alice!" - "Che razza di medico sei?"

"Beh, io curo i pazzi. E per trovarmi a mio agio con voi, un po' devo esserlo pure io non trovi?" disse ridacchiando

" Chi sei? Non assomigli per niente al medico di ieri" Disse imbronciato, stringendosi le gambe al petto.

"Preferisci che torni ad essere serio e distaccato?" Chiese senza alcuna ironia

"No, fai quello che vuoi. Io ... voglio collaborare" disse guardandolo da sotto le lunghe ciglia scure.

"Ne sono felice" - "Allora, come ti senti?"

Han rifletté, mordicchiandosi le morbide labbra "Leggero ... rilassato"

"Davvero?" Chiese curioso

"Stanotte, dopo tanto tempo ... ho sognato. Ero libero, su un prato mentre osservavo il cielo notturno"

"E come ti sentivi?" Chiese annotando di tanto in tanto le risposte del giovane che lo colpivano di più.

"Bene" Disse soltanto.

Minho si fermò ad osservarlo ancora, nonostante non fosse lì per quello, non poteva fare a meno di pensare che fosse di aspetto gradevole.

"Parlami di tuo padre"

"Perché?" Chiese affondando la testa tra le gambe "Perché devo parlare di lui? È morto! Che importanza può avere?" strillò iniziando a tremare

"Han, tranquillo. Io non sono qui per giudicarti" - "Ma ho bisogno che mi racconti tu quello che è successo"

Han rimase in silenzio, non seppe per quanto, poi prese un profondo respiro e senza spostarsi, ancora con il viso sulle ginocchia e avvolto dalle braccia iniziò a parlare.

"Lui ..." - "Lui, dopo la morte di mia madre ... iniziò a toccarmi. Avevo dieci anni. La prima volta che mi toccò, ero nel mio letto ... mi stavo per addormentare. Da quella notte, divenne come un rito. Tutte le sere entrava in camera mia e mi sottometteva. Poco importava che urlassi, piangessi ... lo pregai anche. Ma lui non smetteva finché non era soddisfatto." Gli occhi si bagnarono, le lacrime iniziarono a rigargli il volto. Si sentiva attraversato da incessanti brividi - "Poi smisi di pregare".

Han pianse, Minho lasciò il blocco e la penna sul letto, allungando la mano sulla testa del ragazzo. Lentamente e gentilmente, accarezzò quei capelli che parevano sottili fili di seta, sentì il ragazzo dapprima irrigidirsi, per poi lasciare che il più grande continuasse quella dolce carezza che gli era sempre stata negata.

"Ho una sorpresa per te" Disse il moro, dopo che il giovane smise di piangere. Alzò la testa, mostrando i suoi bellissimi occhi ancora lucidi.

Minho rimase a bocca aperta, colpito, folgorato dall'immagine di quel bellissimo e irrimediabilmente traumatizzato ragazzo.

"Quale?"

"Per ora non potrai ancora andare nell'aula di musica con gli altri, ma nel frattempo ... che ne dici se ti accompagno io? Ci saremo solo noi due. E potrai suonare quanto e quello che vuoi"

"Davvero?" Chiese illuminandosi

"Certo" Rispose facendo scivolare la mano sulla guancia, accarezzando la pelle liscia.

Si alzò di scatto, come scottato. "Ok, allora possiamo andare, ma dovrò tenerti per il braccio, lo sai?"

Il ragazzo annuì, alzandosi dal letto ed infilandosi le pantofole. Il corvino serrò una mano sul braccio sottile del ragazzo e passò il badge sullo scanner vicino alla porta, che con un rumore sordo si aprì.

Fuori da quella stanza, da cui era uscito poche volte in tre lunghi anni, si sentì come mancare l'aria. Molte infermiere passavano velocemente avanti e indietro per il corridoio, il carrello con la biancheria pulita era fermo vicino ad una stanza, mentre un gruppo di medici chiacchierava in fondo al corridoio davanti alla macchinetta del caffè.

Han si strinse al braccio del medico, che sorpreso cercò di tranquillizzarlo.

"So che può essere difficile dopo tanto tempo, ma tranquillo, siamo quasi arrivati"

Fece scattare la serratura di una porta colorata, e una volta entrati Han rimase a bocca aperta. Nella stanza erano sparsi gli strumenti, il pianoforte a muro si trovava vicino ad una finestra da cui entrava la luce, e alcune poltrone erano suddivise vicino a dei tavolini. C'era anche un violino, una tastiera e una chitarra acustica.

Han, che stringeva ancora il braccio del medico, si voltò a guardarlo, con un espressione di pura innocenza sul volto "Posso..?"

Il medico annuì, sorridendo. Lo vide camminare velocemente verso il pianoforte, fermandosi prima ad osservarlo, camminandoci intorno.

Poi, sfiorò leggero come una piuma i tasti, lo spartito e il legno del piano.

Infine si decise a sedersi sullo sgabello, toccando incerto i tasti.

Minho osservò interessato la scena, mentre il ragazzo suonava i primi tasti, come pre rinfrescarsi la memoria. Lo vide sospirare, come per calmarsi. E poi finalmente iniziò a suonare.

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