Loro non capivano.
Io,non capivo più nulla.
Volevano separarmi nel luogo in cui ero nato.
Promisi a me stesso che ci sarei ritornato, una volta che i nonni si fossero ripresi.
Forse...
Andai in camera mia dopo aver cenato.
Presi tutto ciò che mi sarebbe servito.
Mamma aveva detto che dovevo portare via solo l'essenziale.
Quindi...
Ma io cosa avevo di essenziale?
Nulla,ecco.
Al solo pensiero che sarei stato alcuni mesi senza il mio Papà Albero,mi rattristai molto.
Però avevo bisogno di rivedere i nonni.
Io non ero mai andato in Italia.
Loro a Natale venivano da noi.
E non avevo nemmeno mai viaggiato oltre il confine australiano.
Misi nel borsone regalatomi da papà per il mio compleanno dei vestiti e il mio giocattolo preferito.
Scacchi.
Questa passione me l'aveva trasmessa mamma.
Passavo le sere a batterla.
Ormai ero diventato bravissimo.
Ma quella sera,non giocammo.
Era come perdere quella partita.
Gli scacchi era logica pura.
Ogni mossa in quel gioco era come una mossa nella vita reale.
Gli alfieri erano i bambini.
Il cavalli,invece erano gli amici del cuore.
I re,i papà.
E le regine, le mamme.
Chiusi il borsone e lo misi vicino alla porta.
Mi misi il pigiama e mi lavai i denti.
Diedi il bacio della buonanotte a mamma e papà.
"Domani ci alzeremo presto,va bene?"
"Si papà"
Io ero un bambino obbidiente.
Un piccolo soldato che aveva bisogno solamente di sorridere un po' di più.
Di avere qualcun altro oltre ai miei genitori.
Di avere un amico.
Qualcuno su puoi contare.
Ormai mi ero abituato a quella monotonia.
Mi fiondai sotto le coperte e misi la mia piccola testa su quel morbido cuscino.
Non riuscivo a dormire se non era soffice.
Mi poteva coccolare nella notte come qualcosa di prezioso per le stelle.
Chiusi gli occhi.
E mi immaginai cosa avrei fatto lì.
Avrei cambiato scuola.
Magari i miei coetanei erano più gentili,più aperti.
Mi addormentai sereno ma nello stesso tempo un po' turbato.
Cosa sarebbe successo ai nonni?
Loro mi erano sempre stati vicini.
E sapere così,alla sprovvista che stavano male, mi feriva.
**
La mattina dopo fui svegliato dalla voce agitata di mamma.
"Dai Luke,alzati,dobbiamo partire"
Scattai in piedi.
Io non ero un dormiglione.
Cercavo di non perdere tempo in cose inutili.
Andai,ancora un po' assonnato e con i capelli biondi disordinati, verso il bagno.
Mi vestii con i panni che mamma mi aveva messo sulla sedia e mi lavai i denti e poi la faccia.
Presi il mio borsone e aprii la porta.
Prima di chiuderla,guardai la mia cameretta per l'ultima volta.
Il muro verde acqua e con qualche manifesto appeso si imposero davanti al mio sguardo.
Notai che avevo lasciato sulla mia scrivania una cosa importantissima.
Il mio diario.
So che è una cosa da femmine,ma era il mio migliore amico,e ogni volta che volevo sfogarmi,lui c'era.
Alla fine,non sono le persone a salvarti.
Lo presi e lo misi nella mia valigia.
Chiusi a chiave la porta,per poi scendere le scale.
Mamma e papà mi aspettavano davanti all'uscio.
Mi fecero uscire per primo.
Papà aprì la porta dell'auto per poi entrare.
Vidi i miei sedersi sui sedili in pelle della nostra vettura,per poi guardarsi intensamente alcuni secondi.
Mamma si girò verso di me.
"Sei pronto?"
"Si,mamma"
"Forse non torneremo più qui..."
Papà mise in moto l'auto e si avviò verso l'aereoporto di Sidney.
Un pezzo di me sarebbe rimasto per sempre in quella casa.
E quel pezzo sarebbe stato il mio cuore.
Ragazze rieccomi qui con il secondo capitolo:')
I titoli dei capitoli saranno quelli delle canzoni che amo di più.
Spero ci saranno molti commenti e che piaccia a molti.
Scusate se per il momento sono corti,arriveranno quelli lunghi:)
Vostra,
Anxx