La creaturina che si era tanto affrettata ad accorrere in mio soccorso, sembra spaventarsi nel momento in cui mi accorgo della sua presenza. Cerca di darsi alla fuga, ma io allungo istintivamente il braccio e la fermo con delicatezza.
Mi rimetto a sedere, tenendo il furetto in grembo, accarezzandone la soffice pelliccia bianca.
Lo sollevo all'altezza della mia faccia e non posso fare a meno di schioccargli un bacio sul musetto. <<E tu da dove salti fuori? >> Chiedo con la classica voce acuta di chi si rivolge ad un animale di piccola taglia, o ad un neonato.
Sono un po' delusa dal non aver ottenuto risposta, credevo di saper parlare con gli animali, ma a quanto pare la vipera è stata un'eccezione.
Ho un'idea che mi consola in modo quasi istantaneo: fare il bagno al furetto. Fino ad oggi, la mia irrequietezza non si era mai spinta fino alla fase Biancaneve, ma c'è una prima volta per tutto.
L'animaletto a momenti sporadici prova a sgusciare via, nonostante i miei vari tentativi di tranquillizzarlo attraverso coccole e paroline dolci che nessun essere umano mi ha mai sentito pronunciare. <<Ohhh, ma sei proprio un bimbo bellissimo. Sì che lo sei! >>
La cosa strana è che sembra più impaziente che spaventato, come se avesse fretta di andare da qualche parte e io lo stessi trattenendo. Decido di bloccare questo pensiero, per evitare che si evolva in un dettagliato sogno ad occhi aperti sull'emozionante vita di papà furetto, mamma furetto, dei loro piccoli furettini e dell'accogliente agriturismo a gestione familiare in cui lavorano.
Controllo che la temperatura dell'acqua sia calda a sufficienza per il mio amico peloso, prima di adagiarlo nella vasca. Prendo lo shampoo all'albicocca e lo spargo dolcemente sulla sua schiena; a questo punto sembra essersi calmato (o rassegnato).
A bagnetto finito, lascio che si rotoli per un po' nell'asciugamano che ho messo a terra, poi lo avvolgo in un altro asciutto e lo cullo tra le braccia canticchiando Can't help falling in love di Elvis, mentre mi cimento in qualche lenta, nonché teatrale, giravolta.
Penso che a questo punto si sia capito quanto mi piacciano gli animali, gli esseri umani non reggono neanche lontanamente il confronto. <<Ti chiamerò Elvis. Sì, hai la faccia da Elvis. Non è vero, zuccherino? Non è vero? >> Gli chiedo, strofinando piano il mio naso sul suo tenero musetto.
Dopo essermi assicurata che Elvis fosse completamente asciutto e al caldo, decido di dargli qualcosa da mangiare, del pollo crudo dovrebbe andar bene. Lascio l'animaletto sul pavimento del bagno ed esco, chiudendo la porta alle mie spalle.
La consistenza gelatinosa della carne cruda mi fa un po' senso, ma ne metto una piccola quantità in un piatto, con non poca riluttanza, e mi dirigo di nuovo verso il bagno.
Solo dopo essermi ritrovata davanti ad una stanza vuota, mi rendo conto di aver lasciato la finestra semi aperta. Elvis deve essere scappato da là. Proprio a me doveva capitare l'Houdini dei furetti.
Neanche il tempo di lamentarmi internamente per la fuga di quel furetto ingrato, che qualcuno suona al campanello e io corro ad andare ad aprire più velocemente di quando aspetto i pacchi Amazon. Do un'occhiata rapida dallo spioncino e spalanco la porta alla vista di Sirius Black.
<<Buongiorno. >> Il suo sorriso lascia il posto a un'espressione confusa quando vede il piatto che, a quanto pare, avevo dimenticato di mettere via. <<Il tuo snack ha un aspetto... esotico. >>
<<Non è per me, è per Elvis. >> Rispondo, come se quello che ho detto potesse avere senso per il mio interlocutore.
<<Naturalmente. >> Annuisce.
Lo invito ad entrare e metto a bollire l'acqua per il té. Entrambi ci sediamo a tavola, io cerco di trattenere la mia curiosità, aspettando che sia lui ad iniziare il discorso.
<<Allora? Niente ''Sono così felice di vederti, caro Sirius!'', o ''Il tuo arrivo ha illuminato la mia giornata.''? Insomma, mi aspettavo un po' di entusiasmo, a questo punto mi accontento anche di un ''Che ci fai da queste parti?'' >> Scherza lui.
In realtà avrei voluto dire tutte quelle cose contemporaneamente quando l'ho visto, ma naturalmente non lo ammetterò mai. <<Qual buon vento ti porta? >> Pronuncio la frase, carica di sarcasmo, con una finta cadenza da vecchia attrice di teatro.
<<Ecco, molto meglio. >> Risponde con altrettanta ironia. <<Comunque, so che stai morendo dalla voglia di sapere perché sono qui, quindi te lo dico prima che ti scoppi la testolina. >>
Grazie. Penso tra me e me.
<<Ho parlato con Silente, il preside di Hogwarts, siamo arrivati alla conclusione che sarebbe inutile, nonché imbarazzante, farti seguire le lezioni del primo anno, ma dovrai lavorare sodo per rimetterti in pari. >>
<<Ok. >> Annuisco. <<Non garantisco sui risultati, ma ci proverò senz'altro. >>
A scuola non ho mai avuto problemi e ho sempre preso voti superiori alla media. Mi sento molto sicura della mia capacità di apprendimento, quello che mi turba è il pensiero di dover imparare ad usare la bacchetta con cui ho quasi ammazzato Draco, anche se una parte di me non vede l'ora di iniziare.
<<Ovviamente avrai bisogno di attenzioni particolari, per quelle c'è il sottoscritto. >>
<<Hai intenzione portarmi in braccio a lezione, o cosa? >> Alzo un sopracciglio, mentre verso il té nelle tazzine dal motivo floreale di mamma.
<<Non ci contare, non ho più vent'anni. >>
<<Quello lo vedo. >>
Sirius ridacchia sotto i baffi, i nostri botta e risposta sembrano metterlo sempre di ottimo umore.
<<Oltre ai corsi normali, avrai l'onore di seguirne alcuni su misura alle tue esigenze, a gentile concessione di Sirius Black in persona. >> Anche da seduto riesce a fare delle riverenze estremamente artificiose.
<<In pratica mi insegnerai tu a non distruggere tutto ogni volta che impugno la mia bacchetta? >> Spero con tutta me stessa di ricevere una risposta affermativa.
Lui nota la mia apprensione e si premura di replicare in modo conciso, senza troppi fronzoli.
<<In pratica sì. >> Sorride con fare incoraggiante.
Per poco non tiro un sospiro di sollievo, mi trattengo giusto in tempo per darmi un po' di contegno. <<Evviva. >> Dico con voce priva di intonazione.
<<Puoi fare finta quanto vuoi, tanto lo so che sei contenta. >> Sirius gongola, prima di iniziare a sorseggiare il suo té.
<<E va bene, lo ammetto. Poteva andarmi peggio. >>
<<Un gentiluomo non parla mai male degli assenti, quindi dirò soltanto che potremo discutere su quanto avrebbe potuto andarti peggio, solo dopo che avrai conosciuto il professor Piton. Silente non ha scelto lui per un pelo. >>
<<Cos'hai contro questo Piton? >> Lo interrogo, ma non mi aspetto di ottenere una risposta.
Come avevo previsto, Sirius finge di chiudersi la bocca con una chiave immaginaria, per poi gettarla via. Quant'è melodrammatico.
Passiamo un po' di tempo a parlare del più e del meno fino al rientro a casa dei miei genitori. Ovviamente mia madre invita Sirius a restare per cena. La regola di casa nostra è che gli ospiti non possono andare via se non a pancia piena e poi mamma ha palesemente una cotta per il mio nuovo professore.
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La ragazza che non aveva scelta
FantasySveglia, colazione, bus, scuola, panico, scuola, bus, casa, pranzo, letto, panico, libri, sonno, incubi. Va così tutti i giorni in un loop infinito. Non ho mai avuto una vita interessante e non mi sono mai impegnata più di tanto per renderla tale. ...