Capitolo 32: Si apra il sipario

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Il mio corpo è in preda alla defibrillazione

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Il mio corpo è in preda alla defibrillazione.

Non posso ancora credere di averlo fatto. E' successo tutto talmente in fretta, che non sono nemmeno in grado di realizzare che tutto ciò sia davvero accaduto.

Vorrei poter dire di sentirmi soddisfatto, appagato, spietatamente risanato da tutti i miei mali, poiché ne avrei tutto il diritto.
Ma non è così... Sono teso come il tronco di un albero, il cuore mi martella nel petto e le mie tempie paiono sul punto di esplodere.

Se solo penso che tra una dozzina di minuti al massimo, tre quarti della District sarà a conoscenza di un fatto che io ho lasciato che circolasse, le gambe prendono a tremare incessantemente.

La campanella che trilla mi scuote dai mille pensieri, e nel corridoio sul quale sto vagando sovrappensiero da una buona decina di minuti si riversa una marea di gente.

Chi si avventa come una pantera inferocita agli armadietti, chi sghignazza con gli amici, chi si intrattiene a parlare con il professore sul ciglio della porta dell'aula, per ricevere informazioni sulla prossima interrogazione che gli spetta.
E poi ci sono io, ammutolito, la pelle del viso gelida, indubitabilmente cerulea, che seguo la miriade di gente riversarsi nella mensa.

Non ho mai tollerato la mensa scolastica: l'odore che ne deriva non appena varchi la soglia è nauseabondo, ti riempie le narici.
Mi avvicino allo sportello agguantando un vassoio colorato, attendendo che la solita signora piuttosto chiatta mi riversi quello che deve essere uno stufato di carne in un piatto fondo.

Ciò che però non tollero più di ogni altra cosa di questa mensa è senza ombra di dubbio il chiasso. Oltre al fatto che, oramai, mi toccherà starmene da solo nell'angolo della sala, come era da rito fare quando non avevo ancora conosciuto quegli scalmanati di Aubree & company.

Si ritorna alle origini, mi ricorda la mia coscienza.

«Signorino Connor?», qualcuno richiama la mia attenzione mentre mi dirigo verso la tavolata solitaria.

Un bagliore di speranza mi balena nelle iridi dorate, e mi volto di scatto...

Cara, ovviamente, che sventola la mano nella mia direzione e mi invita a unirmi a lei. Anzi, a loro...
E' in compagnia dei ragazzi della squadra di basket, e per un attimo sono tentato di declinare l'invito. Ispeziono rapidamente una persona dopo l'altra, e, rendendomi conto dell'assenza di Leroy, i miei muscoli si allentano.

D'altronde, l'idea di restare solo in un momento del genere, non mi alletta proprio.

Per mia fortuna, il mio posto è proprio di fronte a quello di Cara, e di fianco a me si apposta Mark, ragazzo che scopro non trovare affatto antipatico.
«Quando si decideranno a darci qualcosa di perlomeno commestibile?», farfuglia lui osservando di malocchio il liquido verdastro proprio sotto il suo naso.
Butto un occhio al lato opposto della tavola: Abel scruta in cagnesco prima me e conseguentemente Cara, che non riesce a trattenere le risate per le espressioni disgustate dei compagni.

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