Sono tornata nella mia stanza senza nemmeno accorgermene. Ho freddo, tanto che la mia pelle pare divenuta di porcellana, pronta a rompersi in mille pezzi al primo contatto. Sento ancora sotto le dita la consistenza della Magnolia e mi perdo, per un attimo, a riassaporare la sensazione di benessere che mi ha donato l'atto di accarezzarla.Ho sonno.
Il letto è soffice, profuma di bucato steso al sole e di anni passati in un armadio. Mentre la mia mente viaggia verso i riverberi di pensiero del dormiveglia, mi domando quando è stata lavata questa biancheria.
Un lento scivolare mi accompagna verso il sonno, percepisco ancora gli odori della stanza, ma ora si tramutano in colori intensi che prendono vita davanti ai miei occhi appena apro la finestra per lasciarli entrare. Ma sono io a uscire, con un lieve movimento del busto; ho le braccia distese lungo i fianchi e sto fluttuando fuori, nella notte che risplende di lavanda e lucciole.
Mi ritrovo davanti al basso cancello che conduce al sentiero di ghiaia, che ora pare una passarella sul mare viola che si muove a tempo con folate che profumano di prima estate.
Ho la pace nel cuore in questo momento, sento una musica di intensità crescente nascere e propagarsi tutt'intorno a me, dentro di me. La volta celeste muta come in un time lapse e subito si fa giorno. Io sono lo strumento che genera il respiro del mondo, inspiro a fondo e alzo il viso al cielo per lasciarmi accarezzare dal sole. Dio, forse è questo il Paradiso. Di questo parlano le persone che tornano dall'aldilà.
Un tintinnio attira la mia attenzione, riapro gli occhi e mi volto verso la fonte del suono. Sono le fronde smeraldine della grande quercia, eccola, prima non l'avevo notata. È un trionfo di foglie vibranti che cantano agitate dal vento il loro inno alla rinascita.
Muovo qualche passo, pur senza percepire alcun appoggio sotto i miei piedi, vado avanti alla ricerca dell'albergo, di cui non trovo traccia. La Magnolia è al suo posto, però, ed è enorme, arriva fino al cielo e dal turchese intenso piovono petali chiari e carnosi che mi circondano in una danza di profumi, suoni e sensazioni.
–Lea!
Una voce, la sua voce. Scende come uno strale ed esplode intorno a me.
–Lea, che fai? Lea la strada, guarda la strada! Lea! no!
Chiudo gli occhi, e lo faccio con tanta forza da farmi male. Una moltitudine di puntini luminosi invade il mio campo visivo oscurato dalle palpebre serrate. Tento di trattenere le lacrime ma bruciano, bruciano troppo.
Riapro gli occhi. Il bianco della neve ha ripreso possesso dell'ambiente. Nell'algida distesa non vedo più la Magnolia, la quercia e il mare lavanda. Sono sola, anche la musica è sparita.
–Lea. – ripete la voce e io so chi è, ma non voglio voltarmi, non voglio vederla. Non ora, non sono pronta, oddio, non ci riesco. Chiudo gli occhi.
–Lea!
L'asfalto sotto di noi è come un nastro magnetico su cui s'imprimono i fotogrammi di quella notte: i suoi occhi spalancati nell'istantanea degli abbaglianti che stanno per travolgerci, l'odore di freni strinati, l'urlo che non so riconoscere, ma che viene da me e da lei e dagli pneumatici che si stridono sull'asfalto; le mie nocche bianche, strette sul volante e poi il nero, in dissolvenza, annuncia la fine del nastro e della sua vita.
Riapro gli occhi nel momento in cui un'esplosione cremisi di petali minuscoli deflagra e si posa scendendo lentamente sul manto candido di neve. Divento minuscola, al centro della distesa immensa, mi vedo dall'alto. Un puntino insignificante al centro di una macchia rossa che profuma di fiori ma sembra sangue.
–Lea!
Mi sveglio, ho il cuore gonfio e le guance rigate di lacrime. Sono sicura di aver sentito la sua voce, proprio un istante prima di destarmi, in questa stanza. Forse sto impazzendo. E sia, non m'importa. È mia la colpa, lei è morta per colpa mia.
Mi alzo a fatica, la stanza ora è calda e confortevole. La luce dell'alba accende i vetri della finestra di un ardente color arancio che le tende sottili non riescono a contenere. Mi avvicino alla toeletta, infilo una mano nella borsa e rovisto alla ricerca del portafogli, lo trovo e lo apro, tiro fuori una foto. Il volto di Carla mi sorride e tiene un braccio intorno al collo di una me stessa che non riconosco più.
Ho ucciso mia sorella, per un messaggio sul cellulare. Per rispondere a uno stramaledetto messaggio sul cellulare.
–Maledetta, che tu sia maledetta Lea, che cosa hai fatto?
Mi lascio cadere sul pavimento e lascio che sia il pianto ad accogliermi in grembo.
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L'albergo Dei Desideri.
AbenteuerLe pareti sono dipinte di un viola tenue, alle due finestre, che danno sul giardino innevato, sono appese tende bianche con inserti di raso verde. Nella stanza aleggia un tenue profumo di lavanda sotto cui avverto una punta di finocchio selvatico. M...