WHAT A DIFFERENCE A DAY MAKES?

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Il passerotto rimane fermo sul davanzale, muove la piccola testa, con scatti morbidi che gli illuminano gli occhi. Allungo la mano, con il palmo rivolto verso l'alto, e l'avvicino all'animale. Immagino che fuggirà e invece salta su. Sento la lieve pressione del suo peso sulla pelle e il movimento alternato delle zampe che cercano un maggiore equilibrio. Mi muovo lentamente e chiudo la finestra, mi fermo solo un istante a osservare la luce che scorre sul manto di neve cremisi.

La stanza si è raffreddata e un brivido mi scuote dal profondo, tremo per un istante e la mia mano non può che seguire l'onda concentrica che ne deriva. L'uccellino non si muove, quasi fosse finto. Ma non è finto perché quando accosto la mano alla toeletta lui si libera dal calore della mia mano e va a posarsi sul punto più alto della cornice che adorna lo specchio e rimane lì, la testolina in movimento, prima a destra poi a sinistra, con un atteggiamento che attribuisco alla curiosità. Chissà se davvero è interessato o è solo un modo per mettere a fuoco immagini e suoni a lui alieni o, magari, è che può sentire altro, qualcosa che a noi non è dato vedere o sentire.

Il freddo non vuole saperne di abbandonarmi, decido di fare un bagno caldo. Penso all'invito, alla cena, alla faccia raggiante di Greta, a lui: Stefan. Mi torna ora in mente il modo in cui si è scostato dal bancone, appena prima che la luce potesse lambirlo. Il suo sguardo nel mio, mentre Greta lo richiamava, quel gesto piccolo di toccarsi la fronte, un gesto che mi fa pensare a una galanteria estinta e che mi dà una sensazione di leggerezza allo stomaco e alla testa. Cerco di cacciare la sua immagine dalla mente, entro in bagno e apro l'acqua della vasca. Mi spoglio davanti al piccolo specchio e guardo i miei occhi al di là della coltre di vapore che inizia ad appannarlo. Dietro di me l'acqua gorgoglia, sono davvero io? Mi chiedo. Davvero sto per farmi un bagno caldo in attesa che arrivi la cena a cui, fino a pochi istanti fa, non avrei partecipato. Davvero sto ancora pensando a lui? Metto un piede nell'acqua bollente, un brivido mi ghiaccia la pelle, non so distinguere più il freddo dal caldo.

Sono dentro la vasca, gli avambracci poggiati sui bordi candidi e madidi di condensa. Chiudo gli occhi e mi lascio scivolare giù. L'acqua ora mi arriva a filo delle labbra, poi sfiora il naso e lo sommerge, avverto i capelli fluttuare intorno al mio viso e quando apro gli occhi, così sott'acqua, vedo solo oscurità.

Tutto si è acquietato sotto il mare,

i pensieri son diventati sale

e le lacrime sassi neri e lisci.

La luce è sparita,

sotto una coperta d'alghe stropicciata.

Tutto si è acquietato sotto il mare,

ma è così buio qui

che non vedo più la vita.

–Carla...

Non pensavo a questa poesia da anni, chi l'ha recitata? Era la tua voce o la mia, l'ho solo pensata?

Spalanco gli occhi, la luce tremula oltre il pelo dell'acqua è quella del bagno dell'albergo.

Quando torno nella stanza un refolo ghiacciato mi sfiora i polpacci nudi, alzo gli occhi: la finestra è aperta e del passerotto non v'è traccia.

***

La luce si è definitivamente ritirata, è ora di prepararsi per la cena. Fuori mi pare tutto sommerso dal buio, quando guardo dalla finestra, il mio fiato disegna una nuvoletta sul vetro ghiacciato.

Mi stringo nelle spalle e scendo per la cena. In giardino, una lunga fila di lanterne accese forma un sentiero verso la quercia. Mi avvicino, il rumore della ghiaia sotto i miei piedi avvisa gli altri del mio arrivo. Si voltano a guardarmi, gli occhi illuminati dalle mille lucine che addobbano l'albero.

Stefan, lo cerco con lo sguardo. Eccolo, laggiù, accanto alla donna con lo chignon.

Il ragazzo mi saluta con un sorriso. Ha gli occhi che brillano sotto le lunghe ciglia.

Al tavolo siedono già Greta, Remo e l'uomo coi baffi. Sorridono anche loro, e mi fanno cenno di sedermi. La donna con lo chignon si siede a capo tavola, all'altro capo c'è Stefan e le pietanze sono già disposte di fronte ad ognuno di noi.

Il tempo scorre in modo strano, si dilata e si contrae a intervalli che non appartengono al mio mondo.

Da chissà dove arriva una sinfonia d'archi e fiati, tra i quali s'insinua un pianoforte. È un brano che non conosco, ma che mi ricorda qualcosa.

Mi ritrovo in piedi, accanto alla quercia, a guardare la tavola a cui ancora stanno seduti tutti, tutti tranne Stefan. Quando mi guardo intorno lo vedo avanzare dal fondo del sentiero illuminato.

–Bella serata – mi dice.

–Già.

–È bello qui  lo dice con una vena di malinconia nella voce.

–Sì.

–Sì? – mi domanda e mi prende una mano.

Una sensazione di vuoto mi colpisce lo stomaco. Non dico nulla, non ci riesco.

La musica cambia e questa volta riconosco il brano.

Stefan si porta la mia mano contro la spalla e mi cinge i fianchi. Non posso crederci, non posso essere io, io non posso ballare, non posso, non posso... vorrei piangere. Ma ora sono musica, con la guancia appoggiata alla sua. Sono luce, con le sue mani sui fianchi. Sono vita, ora, mentre balla con me.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 04, 2018 ⏰

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