Violette

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«So chi sei».

Tre semplici parole l’avevano pietrificata, togliendogli il fiato. Tre parole accompagnate da un bigliettino, che adesso stringeva nella mano sinistra, datole da un ragazzo appena arrivato in città e che nessuno conosceva, tantomeno lei. L’unico ragazzo che aveva avuto il coraggio di parlarle in tutti quegli anni che viveva a Roma, trasferitasi quando era poco più che una bambina. Andava ancora alle medie quando mise per la prima volta piede nella scuola, ma da allora nessuno dei ragazzi frequentanti le medie, e successivamente il liceo, le avevano mai parlato o lanciato una qualche occhiata; era come se fosse invisibile agli occhi degli altri.

Perché mai quel ragazzo aveva sentito il bisogno di parlarle? Cosa c’era scritto in quel bigliettino?

Con le dita tremanti aprì lentamente la busta su cui non c’era scritto nulla, rivelando un foglio su cui erano appuntate alcune parole con un inchiostro nero, e vi era incollata una viola del pensiero appassita. Ma non veniva da quel fiore il profumo inebriante di violette appena raccolte, ma ne era intriso completamente il foglio.

“Ti lascio questa viola,

Raccolta nel bosco,

Per ricordati di me,

Anche quando non sarò qui”.

Non lo aveva scritto lei, ma sapeva perfettamente cosa significassero quelle parole.

Rimase paralizzata a guardare quel foglio, senza sapere cosa fare o dire.

Le tornò in mente un ricordo di quando era ancora piccola, quando era in un’altra città che aveva amato ma dalla quale era dovuta andare via. Una lacrima scese per la sua guancia nel ricordare la bambina dai capelli biondi e lo sguardo vivace che era solita giocare con lei. Quella ragazzina che era diventata una sua grande amica, ma alla quale il destino aveva riservato la morte.

Ricordava perfettamente il giardino di viole, contornato da un fiume cristallino, e la scena che ne era seguita: Viola, quello era stato il suo nome, che era corsa per il prato, scappando per gioco da lei, che aveva preso a rincorrerla, ridendo e sentendosi libera nello spazio che era stato un rifugio per loro.

Quel giorno, però, non andò come avrebbe dovuto: Viola era inciampata e caduta nel fiume, che il fato aveva voluto fosse mosso quel pomeriggio, e l’aveva portata via, trascinandosela con sé; lei, che non sapeva nuotare e aveva paura dell’acqua.

Aveva osservato attonita la scena, rimanendone pietrificata.

Quello era stato l’ultimo messaggio che Viola le aveva lasciato, qualche giorno prima, amante della poesia, che si era divertita spesso ad inventarne di sue.

Aveva dovuto abbandonare la città, troppo scossa da quello che era successo, e i suoi genitori avevano avuto paura che potesse accadere anche a lei, proprio come a Viola.

Nessuno era a conoscenza di quella storia a Roma, solamente i suoi.

Il ragazzo aveva parlato con tono secco, quasi arrabbiato, e l'aveva guardata con sguardo duro, con i suoi occhi verdi, in contrasto con i capelli biondi.

Come faceva a sapere una cosa così segreta?

(487 parole)

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