Capitolo 1: "L'arrivo a Camelot"

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Era un freddo inverno a Camelot, camminavo con andatura lenta e rilassata, passai lungo il sentiero che attraversava la foresta; quando davanti a me si parò un imponente portone, la cittadina racchiusa nelle mura era davvero maestosa e vidi spuntare in lontananza una gran quantità di torri dalle punte coniche ridipinte da un rosso piacevole alla vista che si coordinava con il meraviglioso paesaggio.
Feci qualche passo più avanti dirigendomi verso le guardie che stazionavano dinanzi al portone sorvegliandolo.
-"Buongiorno"
Appena pronunciai questa singola parola venni interrotto bruscamente dalla guardia che mi puntò la lancia contro.
-"Identificati, e non fare un altro passo."
Mi ringhiò.
-"Il mio nome è Eygon, Eygon Hail, sono stato convocato da Arthur Pendragon."
Risposi fieramente.
In quel momento mi sentì importante e questo alimentò quel temporaneo ego che si era annidato dentro di me.
La guardia non fu convinta e dunque gli diedi la raccomandata firmata dal re in persona.
-"Chiedo umilmente perdono Sir! Non ero a conoscenza del suo arrivo!"
Disse subito dopo avermi restituito la lettera.
Con un movimento fulmineo scostò la lancia, si voltò e cacciò un urlo verso la guardia che ci scrutava dalla vedetta.
-"Spalancate i Portoni!"
Mentre il portone si aprì davanti a me, la vista che mi si parò davanti era magnifica: una vivace cittadina dove i mercanti gridavano promulgando i loro prodotti vendendoli alle masse, diverse signore che trasportavano damigiane, secchi e quant'altro e infine, la cosa che più mi rallegrava, una vastità di bambini che giocavano tra di loro.
Mi scaldava davvero il cuore anche solo guardarli.
Camminavo aiutandomi con il mio fedele bastone, sebbene non ne avessi avuto realmente bisogno, ritenevo che mi desse un tocco nobiliare.
Finalmente giunsi al castello, le vetrate mi affascinavano quasi quanto l'architettura di tale costruzione .
Dopo un'attenta osservazione entrai senz'altra distrazione.
Varcato il portone passeggiai lungo i corridoi adornati dai numerosi fiori illumintati dalle sfarzose finestre.
Quando finalmente arrivai nel salone principale notai subito il pavimento: le mattonelle formavano un grande grifone che spiccava più di ogni altro dettaglio nella stanza, fatta eccezione per le due grandi scalinate che conducevano al trono.
Da entrambe le scale scesero due figure, una incappucciata e vestita di nero: la veste aveva alcune parti rinforzate con dell'acciaio, mi risaltarono agli occhi gli spallacci e i guanti; mentre l'altro sembrava un normalissimo uomo vestito con una tonaca rossa, simile a quella di un monaco, aveva dei capelli neri come la pece e, intravidi da lontano, degli occhi grigi come la cenere; sembrava un bambino, anzi un ragazzo di all'incirca 16 anni. Nessuno dei due si degnò di proferire parola facendo calare un velo di silenzio quasi soffocante sulla stanza che, per fortuna, si spezzò pochi istanti dopo a causa di un brusio prodotto da passi di altri guerrieri in armatura provenienti dai corridoi: un gruppetto di persone che raramente incrociava gli sguardi l'uno con l'altro e che comunicavano a malapena. Ovviamente non erano delle guardie, dedussi quindi che loro, come me, erano stati convocati dal re per partecipare alla nostra folle impresa.
Cessato il rumore dei passi tornò nuovamente il silenzio, più soffocante di prima.
Come immaginavo nessuno dei presenti aveva la confidenza necessaria per poter intraprendere una conversazione.
Il silenzio venne spezzato da una voce proveniente dal trono.
Un terzo uomo scese le scale, vestiva un'armatura sgargiante con raffigurato il simbolo di Camelot che gli brillava sul petto.
Aveva un volto fine, con lineamenti delicati, ma quello che più mi colpì fu il suo sguardo, sicuro di se, fiero e fiducioso; nei suoi occhi celesti potevo specchiarmici da lontano.
L'uomo aveva dei capelli lucenti e dorati, che vestivano una corona semplice ma comunque dall'apparenza molto costosa. -"Benvenuti nel mio regno, Eroi!
Disse a gran voce accogliendoci con un sorriso ammaliante
-"Immagino che tutti voi abbiate ricevuto la mia lettera di convocazione.
Come spero abbiate compreso, ho bisogno del vostro aiuto: temiamo che dietro a questo aumento esponenziale di non morti ci sia una figura mitologica; quasi leggendaria..."
La piaga dei non morti era sempre stata presente nel continente, non era raro che uno sciagurato venisse attaccato da qualche zombie, tuttavia, sopratutto tra i nobili, stava dilagando la notizia di gruppi organizzati di non morti e di sempre più attacchi coordinati contro alcuni centri di controllo di diversi regni.
Il tono del Re si fece via via più cupo mentre parlava.
"Sto parlando del Re Dei Lich.
Colui che ha dato il via alla Piaga. Un individuo misterioso dotato di immenso potere, onestamente non abbiamo la certezza del perché abbia iniziato ad agire soltanto ora, ma è evidente che sebbene prima lo si credeva morto, o quantomeno dormiente, adesso invece sia tornato in azione.
Mi pare ovvio che il rischio ed il pericolo siano molto elevati, però io vi chiedo di combattere per ciò in cui credete, per i vostri cari ma soprattutto per l'intero continente."
Esplicò il Re.
Sul volto di tutti si poteva leggere un'espressione sconcertata.
Ovviamente nessuno di noi era a conoscenza dell'obbiettivo di questa nostra convocazione a corte, non prima di questo momento.
Al solo udire di queste parole molti dei presenti si ritirarono dalla sala congedandosi con rivoltante disinteresse.
Di tante persone ormai poche ne erano rimaste nel castello.
Tra i pochi coraggiosi notai un viso quasi famigliare: un guerriero dall'apparenza forte e regale, aveva una folta chioma rossa e qualche pelo di barba.
Tempo prima del nostro nuovo incontro aveva partecipato come mercenario ad una vecchia spedizione della quale facevo parte.
Esso si mostrava con uno sguardo ostile nei confronti di sua altezza.
-"Allora; siete con Camelot?" Chiese fieramente il Re.
In quel momento la paura sembrava aver preso il sopravvento su di me, dentro di me temevo che non sarei potuto essere utile a Camelot, o forse stavo solo cercando la via di fuga più semplice da quella che probabilmente sarebbe diventata una guerra, tuttavia dovevo aiutare il re, sapevo che era mio dovere farlo, dovevo estinguere il debito che contrassi in tenera età con la famiglia reale.
-"Si Sire!"
Urlammo quasi tutti in coro.
"Anche in un momento simile Re Arthur riesce a trasmettere entusiasmo ai suoi uomini. E va bene allora, buttiamoci in questa missione suicida.
Pensai tra me e me.
-"Potete prepararvi per il viaggio o trascorrere la giornata come meglio preferite."
Si voltò e iniziò a salire le scale, poi d'un tratto si interruppe e ci indirizzò nuovamente lo sguardo.
-"Che sbadato! Non farei mai soggiornare dei compagni in una taverna, potrete dormire nel dormitorio del castello.
Tenete le chiavi delle vostre stanze; potrete occuparle ogni volta che verrete a Camelot."
Le chiavi levitarono verso ognuno di noi e quasi tutti ne presero una; sembrava quasi che ad alcuni di noi il Re non andasse molto a genio.
Prima di partire decisi che era meglio conoscere chi avevo intorno, dunque iniziai con il mago di corte, il ragazzino vestito di rosso dagli occhi cinerei.
Lo raggiunsi mentre fissava attentamente una mappa di Rothgar, probabilmente stava cercando di capire che percorso ci conveniva fare.
Bussai gentilmente sullo stipite della porta per farmi notare
-"Disturbo?"
Chiesi quasi timidamente.
"Figurati; dimmi pure."
Disse voltandosi con espressione serena, non sembrava minimamente preoccupato dalla missione.
Accennai ad un sorriso
-"Mi stavo chiedendo se tu fossi il mago di corte, voglio dire è insolito per un ragazzino..."
Incrociai le braccia e appoggiai la schiena al muro domandandoglielo con tono puramente curioso.
Per fortuna il giovane si accorse che non era affatto una provocazione e tornò a guardare la mappa
-"Beh; sì, sono anche una sorta di consigliere.
Più precisamente sono un piromante: padroneggio le selvagge arti della fiamma.
Puoi chiamarmi Sho Brann"
rispose allegramente.
Avevo già sentito parlare di un piromante chiamato Sho Brann, ma non poteva trattarsi di  lui, aveva una quindicina di anni e quello Sho apparteneva ad antiche leggende che narrano del primo piromante.
-"Sho? Sho brann? Un nome che non mi è nuovo..."
La sorpresa nel sentirgli pronunciare quelle parole fece si che la mia curiosità prese nuovamente il sopravvento.
-"Cavolo, devi essere un amante dei testi antichi per essere riuscito a riconoscere tal nome..."
Rispose per poi volgere nuovamente lo sguardo verso di me sfoggiando un sorriso a 32 denti.
-"Ho solo letto qualche libro, tutto qui.
Tu piuttosto, devi averne letti parecchi e anche in poco tempo... Come, come fai ad essere così giovane ed essere già un mago di corte?"
-"Custodisco molti segreti, uno di questi è sulla mia età."
Ribattè lui.
Rimasi a parlare con Sho per un paio d'ore, discutemmo sulle arti magiche, su come aveva incontrato il re e tante altre cose.
Per la maggior parte le risposte erano vaghe ed evasive, dentro di me si formò la convinzione che non avesse una memoria chiara del suo passato,  sembrava come se non ricordasse, ma questa fu solo un'impressione.
-"Resterei a parlare ancora ragazzo, ma temo di dovermi assentare, ormai fuori fa già buio e domani dovremo svegliarci presto."
Rispose alla mia ultima affermazione abbandonando il tavolo con la mappa per poi superarmi arrivando alla soglia della stanza.
-"Buona serata allora, è stato un piacere conoscerla."
Dissi facendo sbadatamente un inchino.
-"Ti prego dammi del tu.
Buona permanenza al castello."
Concluse il discorso avviandosi verso probabilmente l'ubicazione della sua stanza.
Infilai la mano nella tasca in cerca della chiave che il re aveva consegnato ad ognuno di noi per poi fissarla qualche secondo e riporla; non so il motivo ma quella notte volevo passarla in una locanda, forse perché per me erano una sorta di casa a causa del mio vagabondare, o più semplicemente mi piaceva l'atmosfera allegra e calorosa al loro interno.
Ripercorsi i corridoi del castello sino ad uscire da esso, mi diressi in paese camminando lungo la strada principale finché non arrivai ad una vecchia locanda che visitavo spesso da ragazzino: "Le 1000 più 1".
Entrai spalancando la pesante porta producendo un sonoro cigolio che venne smorzato dalle voci dei clienti.
-"Eygon! Vecchia volpe che mi racconti?"
Urlò l'uomo dietro il bancone con voce forte e mascolina.
"Ah! Feigar, è sempre un piacere rivederti! prendo una bottiglia di idromele e la solita stanza, ah! E segnale sul mio conto!"
Risposi incoraggiato dall'allegria che aleggiava nella taverna.
Feigar appoggiò il braccio sul bancone.
-"Ok ma vedi di pagarlo quel conto prima o poi!"
disse con tono sarcastico sollevando un sopracciglio.
-"Ormai mi stai costando più di quanto mi sia costata la locanda." Aggiunse prima di porgermi la bottiglia di idromele che avevo chiesto .
"Pagherò pagherò."
Risposi anche se... ovviamente mentivo.
Mi tolsi gli stivali e li gettai ai piedi del letto, poi mi sedetti su di esso e stappai la mia bottiglia iniziando a degustarla per un'oretta circa.
-"Domani sarà una dura giornata... sarebbe meglio dormire."
Borbottai tra me e me una volta finita la bottiglia e finalmente mi decisi a dormire.

Eygon

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