« Ciao amore, com'è andata oggi a scuola? »
« Come al solito mamma, tutto bene...vado in camera mia. »
Ogni santo giorno si ripeteva quel rituale ogni volta che varcavo la soglia di casa, e ogni santo giorno non appena posavo le chiavi sul mobile accanto alla porta d'ingresso, la voce di mia madre mi arrivava chiara dalla cucina. E sempre le stesse erano le mie azioni che seguivano quella breve conversazione, ormai puramente formale.
Salii le scale in fondo al salone per dirigermi in camera mia, portandomi avanti con passi pesanti e rumorosi ma decisi, quasi come volessi schiacciare qualcosa ogni volta che il mio piede poggiava su uno scalino.
Una volta varcata la porta della mia stanza e chiusala dietro di me, gettai la tracolla della scuola di lato, davanti alla scrivania, dopodichè andai dritto alla grande finestra parallela al mio letto e dopo aver scostato le tende spalancai le ante verso l'interno; non appena lo feci la luce inondò la mia stanza dandole colore, e il vento primaverile rinfrescò l'aria con una lieve brezza che si insinuò attraverso le tende, facendole muovere come figure spettrali.
Mi girai e mi lasciai cadere sul letto a pancia sotto, con le braccia e le gambe aperte; non ero poi molto stanco, avevo solo molta voglia di scuotermi da quel torpore in cui si era arenata la mia vita.
Erano passati parecchi mesi ormai da quando ci eravamo trasferiti definitivamente a Londra, e se all'inizio il trasferimento e la nuova vita cui eravamo andati incontro mi erano sembrati positivi sotto molti punti di vista ed ero -sorprendentemente, lo ammetto- entusiasta di Londra, ben presto la lontananza dalla mia vera casa e il drastico cambiamento che era avvenuto nella mia vita si fecero sentire con la forza di un macigno scagliato dal cielo.
Arrivato a Londra quell'estate, subito molte cose mi erano sembrate grandiose e fui sorpreso del fatto che non poche mi rendevano felice. La casa nuova, bella e grande, con una stanza tutta per me, finalmente, in una zona verde della grande metropoli inglese; la grandezza della città, così diversa dal luogo da cui venivo, con le sue luci e le sue strade larghe e affolatissime di gente e i suoi monumenti e le sue piazze meravigliose; la gente di ogni tipo che si poteva incontrare, diversa sia per razza che per modo di vivere o comportarsi; il fatto che ci si sentiva parte di qualcosa di grandissimo, inseriti all'interno di una società così grande ed eterogenea; il fascino e la bellezza di Londra, che mi tenne impegnato per due mesi interi con visite e giri fatti per la città con mia madre inizialmente e poi da solo per cominciare a prendere confidenza con le strade della metropoli; l'appartenenza a quello stile di vita e quei luoghi che erano sempre stati cornice dei film che vedevo o dei libri che leggevo; la scoperta del fatto che con l'inglese non ero poi messo tanto male e riuscivo a cavarmela abbastanza bene da passare per uno trasferito lì da più tempo di quanto non lo fossi in realtà; insomma, ci furono tante cose che non mi fecero veramente rendere conto di quello che era successo. Ripensandoci quei due mesi di vita li passai praticamente da turista alla scoperta della città che mi avrebbe ospitato per moltissimi anni a venire, solo che quest'ultima parte non l'avevo mai presa in considerazione in quel periodo, eccitato com'ero per quella grandiosa ventata di novità.
Ben presto però le novità cessarono e con queste tutto il mio entusiasmo andò gradualmente scemando; non c'era granchè che potessi fare a parte vagare in giro senza meta, con il risultato che non avevo nulla da fare; non conoscevo praticamente nessuno e la solitudine non fece che acuire la mancanza dei miei migliori amici; l'inizio della scuola si avvicinava e io sebbene mi fossi preparato sul programma che fino a quel momento era stato affrontato mi sentivo totalmente inerme e avevo una grandissima paura di fare la figura dell'idiota a scuola.
Varie ansie e preoccupazioni mi assalirono, con il risultato che presto tutto quello che si era presentato come una bella novità da scoprire si era rivelato qualcosa di breve ed essenzialmente vuoto che di certo non avrebbe colmato le mie giornate lì in quella città.
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I Know You'll Take Me To Another World
Teen Fiction« Finalmente » sussurrò, facendomi rabbrividire. « Finalmente cosa? » gli chiesi piano, non capendo cosa volesse dire. « Finalmente sei diventato mio » mi soffiò sulle labbra, socchiudendo gli occhi e premendo maggiormente la fronte sulla mia. Io mi...