Capitolo 4

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Loki

Mi guardai intorno, soffermandomi sui dettagli della mia stanza. Non avevo sonno, e non potevo costringermi a dormire altrimenti avrei passato la notte alzato. Oltretutto mi veniva da vomitare, e stavo iniziando ad avere caldo. Forse un po' di aria fresca mi avrebbe fatto bene. Scesi di sotto e uscii di casa, accorgendomi che il sole era già andato via anche se era ancora molto chiaro. Quanto tempo avevo passato a fissare i miei mobili? Dovevo essere veloce, da lì a poco sarebbe arrivata Nadia per cena. Presi una viuzza casuale, e mi incamminai lentamente barcollando. Si stava bene fuori, anche se non avevo molta energia e anche solo camminare era faticoso. Mi appoggiai al muro di una casa, con il respiro affannato. Chiusi gli occhi cercando di farmi passare la fitta alla testa che mi stava uccidendo e per mezzo secondo mi balenò l'idea che forse non sarei dovuto uscire.
“Guarda un po' chi abbiamo trovato.”
Rizzai le orecchie e mi voltai: c'erano cinque spiriti stellari mai visti prima che si stavano avvicinando a me.
“Che volete?”
Mi si parò davanti il più robusto, con uno strano ghigno.
“Devi essere Leo, la descrizione coincide perfettamente.”
Sbuffai. “Ripeto, che volete?”
“Beh, diciamo che il nostro capo è molto infastidito dai tuoi comportamenti, e ci ha inviato per darti una lezione.”
Ci riflettei un attimo, poi mi ritornò alla mente un flash della sera prima.
“Siete gli uomini di quel buono a nulla di Aquila? Certo, da solo non riesce nemmeno a toccarmi quindi ha mandato l'artiglieria.”
Mi toccai la tempia, la fitta non era passata.
“Sei intimorito?”
Mi scappò una risata. “Ma per favore. Io sono il leader della città.”
“Bene, vediamo chi la vince allora, leader.”
Tutti e cinque mi saltarono addosso contemporaneamente, e riuscii a schivarli per un soffio. Ero molto stanco, dovevo conservare le energie il più possibile.
Cercarono di colpirmi i due più minuti, che buttai subito al tappeto con due pugni in pieno stomaco. Il terzo lo stesi poco dopo con un po' di difficoltà. Ne restavano due, quello che sembrava un armadio e un tipo smilzo e alto con una faccia da delinquente.
“Notevole, già ne hai fatti fuori tre. Allora la tua fama te la sei guadagnata.”
Se solo fossi stato al massimo delle mie forze, li avrei conciati per bene. Di colpo iniziò a girarmi la testa, e mi resi conto di star perdendo conoscenza. Momento peggiore proprio non ci poteva essere. Mi inginocchiai a terra, cercando di restare cosciente.
Vidi l'armadio avvicinarsi e schivai grossolanamente il suo attacco riuscendo non so come a saltare e a colpirlo con un calcio sulla schiena. Mi accasciai a terra, davvero sfinito. Guardai l'ultimo mio rivale che sogghignava.
“A quanto pare siamo rimasti io e te. Dimmi Leo, sai che spirito stellare sono?”
“Scusa, e questo che c'entra?”
Rise di buon gusto. Non mi piaceva.
“Caro, io discendo dalla costellazione del camaleonte. Non ti dice niente?”
Ci riflettei un attimo, anche se i miei pensieri erano confusi.
“No, nulla.”
“Devi sapere che sono io l'unico membro della squadra, gli altri erano mie copie. È così divertente il mio potere, non trovi? E il bello è che così ho avuto tutto il tempo di studiarti come si deve.”
Strinsi i denti, non si metteva bene.
“Dove vuoi arrivare?”
“Oh, a nulla di che davvero.”
Senza rendermene conto qualcosa mi stringeva il collo. Era... La mia ombra? Forse l'avevo sottovalutato. Cominciai a tossire rumorosamente.
“Cosa c'è bel faccino, sei in difficoltà?”
Concentrai il mio potere nella mano. Dovevo provare il colpo “Artigli del leone” se volevo salvarmi, anche se richiedeva un sacco di magia. La accumulai, ma mi resi conto che era davvero poca per quello che volevo fare. Ero spacciato.
“Mi dispiace doverlo fare dato che sei un pezzo grosso qui nel mondo degli spiriti stellari, ma gli ordini sono ordini. Spero tu abbia una bella vita la prossima volta.”
Mi sentivo la gola pulsare, e la vista si stava annebbiando. Mi sdraiai del tutto a terra, senza un briciolo di ossigeno. Sconfitto così il leader? Ero ancora degno di esserlo dopo una figura simile?

“Frammenti di stelle lucenti!”

Una luce forte fece volare il mio nemico a terra, e io ripresi malamente a respirare.
“Leoncino, santo cielo stai bene?” Mi chiese inginocchiandosi vicino a me.
In quel momento avrei preferito morire piuttosto che essere salvato da lei. O forse stavo davvero delirando.
“C-che ci fai qui?”
“Cioè, fammi capire. Sei stato così stupido da uscire di casa con la febbre alta, partecipare ad un combattimento, farti quasi ammazzare, e l'unica cosa che ti viene da dire dopo che ti ho parato, scusa il termine, il culo è Che ci fai qui? Ma io ti prendo a pugni!”
Scoppiai a ridere. “Sei proprio divertente piumina.” Risposi con un filo di voce, continuando a tossire.
Di risposta la mia guancia sinistra ricevette uno schiaffo sonoro.
“TI SEMBRA DIVERTENTE? SAI QUANTO MI SONO SPAVENTATA NEL NON VEDERTI A CASA?”
E l'avevo fatta piangere, di nuovo.
“Hey voi, non ho ancora finito.”
Nadia si alzò in piedi, voltandosi piano verso l'avversario.
“Stammi bene a sentire, spiritello. Ti do cinque secondi contati per sparire dalla mia vista prima di polverizzarti, e sappi che non scherzo. E dì al tuo padrone la prossima volta di vedersela con me che polverizzo pure lui. Sono stata abbastanza chiara?”
Aveva puro fuoco negli occhi, e il tizio non ci pensò due volte a filarsela a gambe levate.
“Vieni, ti accompagno a casa.”
Camminammo in silenzio, uno di fianco all'altro, mentre la guancia ancora mi pulsava. L'avevo fatta stare male, e io non credevo di poter stare ancora peggio di come ero conciato.
“Sc...”
“Non una parola. Non stasera.”
Annuii. Rientrammo e mi sdraiai sul divano come voleva lei. Mi mise un panno sulla fronte, scuotendo la testa.
“Stai fermo qui. Ti preparo la cena.”
Dovevo fare qualcosa per tirarla un po' su, la volevo vedere felice, non preoccupata. Avevo ancora combinato un casino.
Dopo poco fu di ritorno con una zuppa fumante.
“Ti farà bene.”
Annuii, non potevo fare altro. Ne presi un cucchiaio e me lo portai alla bocca.
“Guarda che brucia, ti scotti.”
Mi fermò la mano e ci soffiò sopra. Non ce la faceva proprio a contenere le sue premure a volte.
La finii in fretta, era davvero buona nonostante la carestia che regnava in cucina.
“I piatti li lavo domani okey? Adesso torno a casa. Vedi di non fare stupidate stasera.”
Era così mogia. Non potevo lasciarla andare con quell'espressione in volto. Picchiai la mano due volte sopra il divano, invitandola a sedersi.
“Cosa vuoi?”
“Quindi posso parlare?”
“Certo che puoi, mi avevi preso alla lettera?”
Sospirai. “Vedendo il tuo umore, ho preferito non chiederlo. Vieni qui un attimo.”
Cautamente si accomodò vicino a me.
“Non sopporto vederti con quell'espressione. Voglio rimediare, farò qualsiasi cosa.”
Strinse i pugni.
“Mi hai fatto prendere un colpo. Questa volta ho davvero pensato di perderti per sempre quando ti ho visto lì, senza poterti muovere, con gli occhi chiusi... Io... Non ho mai avuto così tanta paura, nemmeno con Corvus, o con i maghi che ho dovuto affrontare."
Si levò una lacrima dal viso.
"Io tengo a te, più che a me stessa, perché la mia vita senza te perderebbe...”
“Tutti i suoi colori.” Sussurrai.
Mi guardò persa, per poi svegliarsi di colpo.
“Tu! Hai letto la mia lettera!”
“No! Mi era finita in faccia! Ho visto solo quella riga, lo giuro!”
Perché non stavo zitto?
Si tenne la testa con la mano.
“Tanto era palese che cosa provavo all'epoca, quindi avrei potuto fartela leggere senza problemi.”
La strinsi tra le braccia, facendole appoggiare la testa sul mio petto.
“Io non lo faccio apposta a crearti problemi, e anche se sono uno stupido, farò sempre tutto il possibile per farti sorridere, credimi. Io non posso vivere senza vederti felice.”
La sentivo tremare, ed era bellissimo.
“E queste cose non le dico solo perché ho la febbre.”
I suoi occhi si alzarono cercando i miei. Quando finalmente si trovarono, mi resi conto di aver usato esattamente le parole giuste per una volta. Mi si mise a cavalcioni sopra, tenendomi il viso con le mani. Il suo sguardo era qualcosa di indescrivibile; estremamente sensuale ma allo stesso tempo semplice e dolce.
“E queste prese di potere?”
“Stasera faccio quello che voglio io.” Disse strizzandomi l'occhio.
“Mi farai morir...”
Non mi lasciò finire la frase che le sue labbra erano sulle mie, facendo sciogliere ogni mia tensione. La abbracciai, avvicinandola a me. Si staccò dopo qualche minuto.
“Che c'è, stai prendendo gusto a baciarmi?”
Arrossì di colpo.
“No... Solo che...”
“Che cosa?”
Fece un respiro profondo. “Nonostante tutte quelle che mi combini, io non ce la faccio a non...”
La interruppi. “Saltarmi addosso?”
“No!” Rispose scocciata.
“Riuscire a contenerti?”
“Ma no!”
“Pensare a quanto io sia tremendamente attraente?”
“No! Cioè, in parte, ma non è quello il punto! Loki, io non ce la faccio a non amarti.”
Le sorrisi, stringendola forte.
“È lo stesso anche per me, tortorella.”
Ci addormentammo abbracciati, e io non potevo chiedere di meglio.

Il giorno dopo venni svegliato dal campanello della porta.
“Vado io tranquillo.”
Sorrisi. Allora non era un sogno, era rimasta lì tutta la notte.
Mi stirai appena, sembrava mi fossi ripreso rispetto al giorno prima, ma non volevo dirlo a Nadia, altrimenti se ne sarebbe andata. Dopo qualche minuto la vidi ritornare.
“Forse è meglio se ti lascio da solo con chi ti è venuto a trovare. Se mi cerchi sono nella mia vecchia camera.”
La studiai mentre saliva le scale. Sembrava a pezzi, strusciava perfino i piedi sui gradini. Presi coraggio e andai alla porta.
“Vedo che sei in buona compagnia Leo.”
Mi si congelò il sangue nelle vene, era la figlia di Cetus.
“Che ci fai qui? Non hai letto la lettera che ho spedito a tua mamma?” Ghignò.
“Carino, sai che io ottengo sempre ciò che voglio, e quella cosa adesso sei tu. Certo, devi essere favorevole al matrimonio, ma io sono molto convincente, sai?”
Tutta la situazione mi puzzava parecchio.
“Che intendi dire?”
“Oh, nulla. Ma dimmi piuttosto, le finanze della vostra città come stanno andando? Perché qualche voce di corridoio mi ha detto che non state navigando nell'oro.”
Le scappò una risatina, e a me stavano saltando i nervi. Quello che diceva era maledettamente vero, e sì, avevamo bisogno di rimpolpare le finanze.
“Bene, dalla tua espressione si direbbe che ho fatto centro. Ascolta tesoro, mia mamma è disposta a risanare i vostri conti fino all'ultimo centesimo, a patto che ti sposerai con me.”
“La mia città non ha bisogno di quei soldi, siamo stati in guai molto più seri in passato.”
“Non mi hai lasciato finire. In caso contrario, ecco... Ci starebbe proprio bene un resort personale tutto per me qui, sai è una zona così tranquilla.”
Mi irrigidii. “Nemmeno Cetus ha tutto quel denaro.”
“Te lo ripeto, quando io voglio una cosa, la ottengo. Ti lascio tre giorni per decidere. Ci vediamo, Leo.”
Girò i tacchi e se ne andò come era venuta. Ero nei guai, dovevo inventarmi qualcosa al più presto. Raggiunsi di corsa Nadia, entrandole in camera.
“È successo un casino.”
“Ma bussare mai tu eh?” Mugugnò mentre finiva di sistemarsi il vestito.
“Ho bisogno di una mano.”
"Hai bisogno di un miracolo."
"Nadia, ti prego."
Sbuffò roteando gli occhi.
“Non dovresti chiederlo proprio a me.”
Perché aveva cambiato atteggiamento così repentinamente ? Non si era risolta la cosa?
“Loki, nonostante ti abbia perdonato, non dimentico. E vederla qui oggi mi ha fatto avere una stretta al cuore. Mi dispiace, stavolta non ce la faccio. Sbrigatela da solo.”
Nonostante capissi le sue ragioni, la questione rimaneva aperta. Io cosa avrei dovuto fare? Avevo bisogno di lei, ma non potevo pretendere il suo aiuto.
“Scusa tortorella. È vero non sei obbligata in nessun modo.”
Si avvicinò a me, mettendomi una mano sulla spalla.
“Vedo che ti sei ripreso dall'influenza, sono contenta. Vado a casa, ci vediamo.”
Scese in fretta le scale e uscì lasciandomi solo. Ero tremendamente frustrato, avevo tra le mani una bella gatta da pelare. Certo, avrei potuto sistemare per un bel pezzo la città, ma a che prezzo? La mia felicità non era più importante?

Salve!

Mi stavo chiedendo, voi al posto di Nadia avreste reagito diversamente? Sono curiosa🙈

A presto💋

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