I miei problemi con l'insonnia stanno peggiorando: ormai dormo solo due o tre ore a notte e il mattino per me è come una doccia gelata. Tutto il giorno vado in giro come uno zombie e ormai ho delle occhiaie che risaltano anche sul colorito scuro della mia pelle. Ogni giorno la routine è la stessa, ormai sono diventato un androide dall'organismo umano:
Mi sveglio alle sette del mattino, non faccio colazione perché non ho fame e mentre cammino barcollante verso il letto qualcosa mi tira il colletto del pigiama: è mia madre che mi urla contro frasi come "Muoviti, entro le otto devi entrare e alle sette e venti ancora non sei pronto!". Le rispondo farfugliando qualcosa di poco chiaro, probabilmente è il mio cervello che sta facendo un backup completo. Dopo essermi vestito in maniera alquanto indecente (questo dovuto probabilmente al fatto che ho dei gusti molto strani, ma magari ne parlerò più avanti), esco di casa poco conscio di ciò che faccio. Vedo la gente scattante e pronta, carica di fare tutto: sono come atomi impazziti che si muovono avanti e indietro alla velocità della luce, mentre io sto ancora pensando a quale piede mettere prima dell'altro in modo da non cadere. Entro in metro: strapiena come sempre. Mi faccio spazio tra la folla chiedendo permesso e, nel caso in cui non mi sentano o abbiano deciso di fare il cosplay del muro di Berlino, tirando gomitate a destra e a manca per arrivare al primo appiglio possibile. Dall'alto del mio metro e settantuno riesco ad intravedere le solite facce spente di gente che, come me, soffre ancora i drammi della scuola. Spotify mi abbandona definitivamente in metro e apro quindi il lettore musicale: "Questa no. Berzerk l'ho sentita prima. Evitiamo il metal di prima mattina, poi rischio di uccidere qualcuno. China Town non la sentivo da un po'...beh, perché no?". Questo è il classico ragionamento per decidere cosa ascoltare, e quando non si tratta di Caparezza, allora è Salmo oppure gli Imagine Dragons. Arrivo a scuola stanco morto con le cuffiette ancora nelle orecchie. Saluto gente fuori dall'entrata raramente, sono concentrato ancora a cosa mi aspetterà dentro quell'aula. Vado dal gruppo dei miei compagni di classe, ove riesco a distingure più o meno cosa sta succedendo: due tre ragazze sfogliano il libro di storia, altre due ripetono e un'altra mi si avvicina chiedendomi che cosa significhi "ostracizzare". Io quelle pagine le ho studiate stanotte e ormai le so a memoria. Dopo aver dissolto l'ansia generale, suona la campanella. Bisogna entrare. Tutti corrono per le scale per poter arrivare in classe prima e poter ripassare. Io salgo le scale lentamente con ancora indosso le cuffiette e persone accanto che mi chiedono di tutto e di più. Ma non potevate studiare senza avere costantemente il telefono in mano? Vi sarebbe costato troppo spegnere quell'affare e aprire il libro piuttosto che fare storie su Instagram dove dite che non avete voglia di studiare? Perché dovete chiedere tutto a me poi? Che cazzo, ho scritto in fronte "Oracolo di Delfi" per caso? E mi chiedono anche perché la mattina sono nervoso...
Entro in classe e saluto con la stessa felicità di un condannato a morte la professoressa di latino, che a sua volta mi risponde con un fin troppo entusiasta "Buongiorno!". Sento che mi interroga, ormai è certo. Non faccio in tempo a pensarlo che devo tradurre la versione che avevo prontamente fatto alle quattro di stanotte. Finisce l'interrogazione e passa un'altra ora di strage. Arrivati alla terza ora il mio cervello inizia a fondersi e a diventare una massa informe di materia organica. Alle ultime due ore scopro con mia grande gioia che abbiamo inglese e greco e, vedendo i miei compagni lanciarsi dalla finestra come salmoni che risalgono la corrente, la mia materia grigia si scioglie definitivamente. Esco da scuola letteralmente K.O. se consideriamo che oltre lo stress delle lezioni si aggiunge una mia compagna di classe con i suoi drammi con il ragazzo. Per carità, le voglio bene e mi dispiace che sia in crisi, ma anche io sto male psicologicamente.
Arrivo a casa con River a palla nelle cuffie. Le 3 ore di sonno iniziano a farsi sentire e mi si chiudono letteralmente le palpebre da sole appena mi siedo. Non riesco a dormire però. Non devo dormire. Non posso dormire. Cucino, stendo, studio, stiro e pulisco. Sono stanco. Non ce la faccio più. Mi tremano le gambe. Mi manca il respiro. Sbianco. Aumenta la salivazione. La testa mi esplode. Le braccia si fanno pesanti. Svengo a terra. Mi risveglio un'ora dopo, se sono fortunato anche dopo venti minuti e devo tornare alla scrivania per finire quella versione che domani la professoressa mi chiederà di nuovo. Ceno verso le otto e mi sdraio sul divano sperando mi si chiudano gli occhi. Si chiudono raramente alle cinque, ma spesso chiudono i battenti alle tre o alle quattro. La notte allora penso. Penso a quanto durerà ancora questo, la depressione cronica al mattino e se peggiorerà ancora. Non ne ho paura, ormai ci convivo quasi bene e gli svenimenti diminuiscono. Diminuiscono però anche le mie energie durante il giorno e tutta la notte penso a come riparare i danni degli altri, visto che i miei sono ormai cruciverba irrisolvibili. La notte la passo a pensare a quale può essere il mio problema più grande dopo il mio carattere. La notte la passo con la compagnia di mille voci nella testa. Se mi vedessero durante la notte quando sono solo potrebbero scambiarmi per un Borderline. La notte la passo a scrivere queste cose sulle note del telefono per poi non sapere cosa farci, a disegnare scheletri e altri soggetti più o meno inquietanti, a rastrellare idee per poi strapparle una ad una perché non sono capace abbastanza per compierle. La notte la vivo meglio del giorno. La notte almeno siamo solo noi: io e le mie paranoie. Io e loro. Ormai siamo un gruppo, quasi una famiglia. Ormai ci vivo e anche se tagliano e bruciano mi saranno sempre affianco. Almeno loro non se ne andranno mai. Mai. Ma spero di poter dormire almeno stanotte e non per i compiti di domani, ma perché voglio staccarmi dalla realtà ed entrare nel mio mondo onirico. Non sogno quasi mai la notte. Brutto essere onironauti e non dormire mai, eh? Anche ora sto scrivendo al buio della mia camera con una delle paranoie che mi picchietta la spalla per dirmi di smettere e di provare a dormire perché così mi faccio solo del male. Il mio masochismo è vivere quando tutti sognano e sognare quando tutti vivono. Se solo sapessero vivere...Συμονη
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Insomnia
RandomTutte le storie di questo libro hanno una sola cosa in comune: il tutto è scritto di notte, irrelavente è l'ora. Sono storie di personaggi, pensieri ed altro.